Critica Sociale - anno XXXI - n. 5 - 1-15 marzo 1921

78 CRITHJA SOCIALE ill11stri casali di santoni,· alla testa degli affari comuni. l:'res,o i Curdi non avviene qnel che in 'l'urchia e in Ptlrtiifl: .che i matrimoni siano combinati fuori della vo– ·lontà Jegli sposi, e questi non si vedano prima del giorno del le nozze. . li Curdo coltiva 03tinatamente la terra dove tempo– ra11ea1uente risiede, e co11csce l'arte di ricavare il suo pane dalle piL1ariJe mont;1g110; dériva dai grandi numi mesopotamici numerosi canali, con cui da secoli combatte · la sterilità Jel suolo desertico. Educa il tabacco, il mais o la vite; ma la sua maggior ricchezza proviene dai prn– dotti della pastorizia: formaggio, lana, carni. La natura montagnosa del paesaggio impedisce pllrÒ di praticare - l'agricoltura s11 larga scala; mancal!o poi le vie di co– municazione, i mercati e gli sbocchi naturnli: onde non è a .stupire éhe molti €:urdi preferiscano ai pacifici at– trezzi agricoli il fucile o il cavallo. Le tribi1 semi-,;eJentarie hanno dimore fisse, diverse per l'inverno Il per l'estate; quelle nomadi vivono sempre nello tende, passano l'inverno nelle pianure, e all'inizio dei calori si trasferiscono sui monti coi lorn armenti. Da secoli ogni tribi'.1 ha il suo itinerario ben fissato e nou se 11e scarta mai. Circoudati da una natura ingrata e severa, dominatì fino a ierì da un goverl\o che nulla mai fece per mettere iu valore le loro qualità, i Curdì non sono i soli respon– ~abili del lorn stato di barbarie. Coraggiosissimi, fedeli, in Jondo onesL;, quando il fanatismo religioso ad arte i11Lrnttenuto e la necessità cli procurarsi col saccheggio i mezzi dì s11ssistenza cesserauno di guidare i loro atti, potranno svolgere nell'Asia semìtica e turanica la fun– zione civilizzatrice che è propria dalla gente a1·ia. ANGt1f,0 'rREVl'JR. Trent'anni di CRITICA SOCIALE Sott·o questo titolo l'editore Zanichelli di Bologna ha pubblicato in questi giorni <l-lll vqlum-3, <li 360 pagine, che è come il campionario degli scritti o discorsi principali del nostro Direttore, stampati in queste colonne du– rM,te la lunga - vita della Rivista. Noi sa– rem mo - si capisce troppo il perchè - imba– razz! l.ti a dirne male e, molto piì1 ancora, a · dirne bene. Possiamo dire però più libera– mente dell'opera di compilazione, dovuLa alle affettuose cure del nostro 0ollaboratore ed amico Prof. Alessandro Levi, coadiuvato rht due intelligenti e volonterosi studenti, clt cui n,miamo qui fare il nome: Carlo e Nello Rosselli. E lo facciamo èon le pa– role stesse del Direttore della Critica. che al Levi indirizzava questa lettera aperta che fa da proemio all'elegante volume. (1) ' L'Àutore al Compilatore. Cm·issimo Levi, Quante volte · e si fanno sempre più frequenti - o edito1·i, o ci·itic·i, o compagni di fede, o amici noti ocl ignoti (fo1·se nemici inconsctpevoli!) mi ec– ctta!·ono ~t 1·c~ccoglie1·e io stesso, dalla dispe1·sa p1·0- lnvte det mtei soi·itti e disc01·si di tanti anni - m·mai si contano lt déeadi! . di mil-izict socialista, uno o clne volttmi di « prose scelte » - mi pa1· bene eh~ il ge1·go eclitoria~é le qualifichi così - le quali mt pct1·es$e1·0meno indegne cli ~~ott1'arsi all' oblìo implacabile che travolge nella sua rapina la nost1·a --Il) Filippo Turati: 'l'rent'anni di CRITICA Soc1.H,lj). Bolog-ua, ZanLchelli, 1921 (L. 16.-). 'l'auto questo quanto l'altro volume, testè p1Jbblicato presso lo stesso editore, del nostro Claudio Treves I Po– lemica socialistn, un volume di pag. 380) vien clat; al pre~zo _di L. W ciasc.:iuo ,\gli abbonati della Critica, cl,e ne tacciano cltrettamente richiesta all'editore inviando l'importo. ' · _Biblioteca Qino Bianco ef!iine1·a fatica quotidiana; sernp1·e io 1·isposi .. pe1· non appa1'Ì1'e villano ve1'SOun inv'itv col'tese - che a qnesto, se mai, avrei pensato quando le forze 'mi f'oFse1·0scemate pe1· l'ope:m più viva e feconda che sollecita da noi ogni auro1'a che sorge; e ciò con , la p1'ecisa convinzione - dovrei dire: intenzione - che non ci avi·ei pensato pi·oprio rnai nella vita. Chi di noi, in questo incalzw·e di còmpiti che ci urge alle 1·eni, nella vita così b1·evepe1' così lungo trnvaglio, chi di noi ha l'ozio latino di 1·ipiegal'si su se stesso, di 1·ileggersi, cli 1·ipensa1·si, di 1·ica– pitolm·si"! E vi è egli ope1·azione più fatua di ·quella di un qnalsiasi acciabnttato1·e di pensie1·i e di f1'Ctsi (non pm·lo dei lettei·ati di p1·ofessione 1 pei quali il l'imfrarsi nello specchio è qu,asi 1·ituale), il qnale si stia a 1·iascoltai•e da iiè, e 1·ifrughi, pei· 1·ima– stica1'li, i p1·oprii pi·odotti, e rnagai·i i p1·op1'ii1·ifiuti, più o rneno intellettnali? E quale migliore patente ci si impartirebbe da noi stessi di non avere pro– pi·io più nulla di buono da fan al monclo, di es– Sel'e ve1'amente e 1·adicalmente « finiti •? Voi intitiste, caro Levi, questi sentimenti, nei quali è un 'fllisto cli pig1·izia e d'i fervore operoso, cli pud01·e e di 01·goglio, e r,,eppure · avete tentato di adescai·rni; ma vi siete ,bravamente àcointo al– l' ope1·a voi stesso. Dalla. 1·accoltct,01·mai ponden sa, cli Critica Sociale, 1·ileggendo, compa1·ando, sele– zionando con cui·rt amorosa, stralciando fra le tante pagine • olt1'e diecimila - quelle sole che, nei limiti Gonsentiti a un volume 1·agionevole, vi pai·– ve1·0 · le più, camtte1·istiche o le meno cad·uche, o pel lo1·0 contenuto sostanziale, o pe1· gU eventi a cui si connettono, o pei 1·ico1·diche, 1·ievocano; voi ne avete tratto qitesti excerpta, che ,Mno come uno sc01;cio 1 un sommm·io, anz·i appena un segno ste– nogmfico di ti-ent'anni - fone i miglio1·i - della mia vita e del mio qualsiasi pensie1·0; un po' an– che, per 1"it:e1·be1·0 - poichè tutto si allaccia e molto ci si mutita a vicenda in questo nòst1·0 affanno quotidiano di lavoi·o e di battaglie - del pensie.1·0 dei miei collaborat01·i più assidui e fidati ; di qitello, innanzi tiitto, della mia compagna 4,nna Kulisciof; con la cui vitu, pe1· r1.iasomma ,ventui-a, si int1'ecciò la rnia vita, e l'.opera fu così spesso comune e commi-~ta (la fi1·ma « Critica Sociale '» cela quasi sempre il binomio), ch'io stesso le più volte non saprei sce1·ne1·edove l'un pensiero finisca e l'alfro incominci. E nessuno codest' opei·a di se– lezione poteva compiei·e megl-io di voi, che alla co– munfl!l'lza della fede, al consenso nelle idee maesti·e che abbiamo vissute e viviamo, accoppiate la gio– vinezza alac1·e e una salda coltu1·a modei·na e un pensie1·0 ci·itico così indipendente ed acuto. Ond' è che questo volume, pur 1·ecando in f1 1 ontè il mio p.ome, mi appai·e assai più vostro che mio; non solo pei·chè io non lo avrei fatto mai, perchè vo– st1·e fu1·ono la iniziativa e la fatica, ma più an– com pP-1°chè fu vosti·o il giudizio, vostra la scelta e la sintesi - nel che è l'essenza del libi·o -e se avesse mai qualche pi·egio, (utto il suo p1·egio.' · 01· io debbo - dopo ave1·ne scoi·se le bozze - 1·ecarvi questa semplice ed umile testimonianza: che nel libro, pur f1·a così vaste lacune (voi non ?'accoglieste, a un dipi·esso, che un ai·ticolo o di– sc01·so pe1· anno; e_·saltaste talora parecclu anni cli fila), mi è semb?·ato di mvvisarmi qual fui e qiial sono. O almeno non mi avvenne di rabb1'ivi– vidfre come dinnanzi a un informe centone di me

RkJQdWJsaXNoZXIy