Critica Sociale - XXX - n. 24 - 16-31 dicembre 1920

370 CRITICA SOCIALE contrattate con la Repubblica dei Soviety nella Sibe-, ria Orientale, le quali mettono in essere, non uno scambio di prodotti, ma un'alienazione di diritti, che rappresenta una inve&titura imperialistica-coloniale. · Le condizioni di tale investitura, che ricavia-mo dalla stampa sovietustica, sono principalmente queste : I 0 • Ai concessionari è assegnato un compenso in na– tura, con diritto di esportazione dei prodotti all 'e– stero; 2°. Il Governo dei Soviety garantisce che le installazioni, il materiale e quanto altro impiegato nelle imprese non andrà mai soggetto alla nazionalizza– zione o confisca o requisizione; 3°. I concessionari avranno diritto di provvedersi di impiegati ed operai, osservando "le leggi sul lavoro; 4°. Infine è dichiarata inammissibile la violazione del contratto di conces– sione per mezzo di decreti e disposizioni unilaterali del Governo dei Soviety. La stampa bolscevica nega che con questi patti il ·Comunismo si arrenda al capitalismo, cedendo le sue posizi.oni. cc Non siamo noi - djce la Krasnaia Ca– zeta - che cediamo le posizioni. E il mondo bor– ghese che cede a noi le sue, perchè, privo di forze innanzi al fatto della nostra esistenza, è costretto a concludere trattati con noi ». -Questè consolazioni han– no· un fondamento politico inne&_abile. Il _ riconosci– mento della Repubblica dei Soviety è esplicito in questi accordi, e la Repubblica ne può tirar vanto a buon diritto sopra la coalizione dei Governi bor– ghesi che la soffoca col blocco e l'insidia con le armi dei mercenari. Ma l'economia emergente non è co– munista, come non è comunista l'ordinarsi della pro– prietà a lotti individuali, con un programma che il Socialismo occidentale ha già, teoricamente e prati– camente, superato, e che segnerebbe per esso un rin– culo il riproporre. Or dunque nella crisi mondiale del dopo-guerra il Comunismo, come fatto economico, è un rimedio soltanto nella misura in cui esso è prati– camente applicabile per lo sviluppo delle condizioni economiche. Ed anzi si impone l'osservazione che, per tutte le distruzioni e le rovine di guerra, per tutto ciò che esse hanno trascinato con sè di orga– nizzazione e di costruzione cooperativistica e nazio– nale, abbattendo o demolendo pubblici servizi, dema– ni collettivi, ecc., le condizioni di instaurazione co– munista sono diventate meno favorevoli di prima. Eco– nomicamente, la guerra è stata reazionaria. Se lo dicano tutti i socialisti cc rivoluzionari » che hanno indulto alla guerra ed anche .quelli che, dopo averla oppugnata, oggi, senza volerlo e senza accorgersene, · vengono ad esaltarla come Madre della rivoluzione; · e la loro strana mortale contraddizione intima coprono coi fiori del neo-volontarismo idealistico, ripudiando il materialismo storico e le leggi della coalizione ri– voluzionaria delle Società, attraverso le trasformazioni del mezzo di produzione che plasma di sè tutto l'am– biente storico-economico. _ Se la guerra economicamente è stata reazionaria non c'è motivo di credere che non lo sia stata anche politicamente. Qui tuttavia appariscenti fenomeni van– ne, persuadendo dell'opinione contraria. Come ciò? Essenzialmente per ciò che, nello sfacelo degli ordini statali che ha segulto ìà guerra, l'assunzione prole– taria violenta del potere è apparsa ed appare·, isola– tamente considerata, come relativamente agevole e facile. Ma anche in ciò conviene intendersi. Indubbia– mente lo Stato è fatto più debole. In Italia è fatto clebolissimo. Le crisi particolari che si innestano nelle BibliotecaGino Bianco crisi generali si susseguono senza respiro._ Un breve ostruzionismo sopra una legge fiscale induce una cri– si di Camera che aggancia una crisi di Governo, men– tre il Governo è già paralizz.ato tra l'opposizione so– cialista e l'opposizione nazionalista, che non gli per– dona il suo miglior atto, il Trattato !;liRapallo, e men– tre il tentativo di sfuggire alla· stretta, gittando il fa– scismo sopra il socialismo, non è i;iuscito che a im– baldanzire la sedizione militare e navale e ad esal– tare la megalomania furiosa del Reggente di Fiume. Senonchè un assalto proletario allo Stato per isti– tuirvi violentemente il Comunismo, non mancherebbe di coalizzare tutte le forze della Internazionale bor– ghese contro l'Italia. Nelle loro interessanti polemiche di questi giorni 'il Lenin e il Serrati si accordano - finalmente! - a riconoscere quello che noi, espel– lendi, avevamo detto fin dal Congresso di Bologna, che tutte le Potenze dell'Intesa interverrebbero con– tro di noi, nel caso di una rivoluzione per l'espro– priazione violenta, senza che noi possiamo avere al– cun affidamento che i prol·etariati delle Potenzé del- 1 'Intesa penserebbero ad impedirlo COJl un'efficace insurrezione. Lo Stato proletario emergente dalla rivo– luzione sarebbe flagellato 1 da tutte le crisi che trava– gliano lo Stato borghese, come contraccolpo della guerra, più di quelle proprie ·della rivoluzione e della guerra nuova. I soli soccorsi attendibili, quelli della Russia, al nostro bisogno di grano, .di carbone, di ferro, ecc., dovrebbero passare - lo notava giusta– mente il Serrati - attraverso le file degli lngltsi che tengono gli Stretti,_ il Mar Nero, il Caucaso, con risultati di cui la storia pietosa dell'Ancona è esem– pio istruttivo. I disinganni che seguirebbero, mute– rebbero tosto la dittatura del proletariato in dittatura sul proletariato,· con mortificazione immensa del -pro– letariato stesso, il quale, in Italia, è cresciuto in in– fluenza con la libertà politica e per la libertà poli– tica, e porta l'idea di libertà insieme a quella di giu– stizi.a scolpita a caratteri di bronzo' nel suo cuore. Dunque la crisi dello Stato, per quanto grave el>sa sia, a giudicare dall'Italia, non assicura affafto sul– l'esito vittorioso, pemianente e proficuo di una presa improvvisa e violenta del potere politico da parte del proletariato. Ma quello che l,embra infinitamente più spediente, in quanto elimina alcune delle maggiori difficoltà mentovate, e, specialmente _quello dell'intervento mi– litare degli Stati dominatori, è approfittare della crisi universa per unire i proletariati di tutti gli Stati ad ima conquista del potere politico sopra un programma di cooperazione internazionale, che rompa il nodo scorsoio degli egoismi nazionalistici, coi quali ogni Stato b_orghese, pensando di scamparne, acutizza la crisi generale e la propria. Il Socialismo delle grandi trasformazioni è altrettanto maturo quanto immaturo sembra il Comunismo 'assoluto, per quello -che ne di– mostra l'esempio della Russia dove dominano i co– munisti assoluti. Or9 la possibilità di tentare, come classe, il potere per le vie pacifiche e per idealità ben precisate, diventa per il proletariato un dovere. Si tratta di salvare "!avita generale, di restituire al mon-– do i mezzi per provvedere in~ieine ai bisogni comuni essenziali; cancellare .i debiti di guerra, licenziare gli eserciti; mettere ifl comune le Colonie e le mate- _ rie prime, stabilire lo scambio libero e fraterno ; abo– lire i Trattati imposti con la spada, i quali straziano l'Umanità e sono, in sè, assurdi, perchè ineseguibili.

RkJQdWJsaXNoZXIy