Critica Sociale - XXX - n. 22 - 16-30 novembre 1920

338 CRITICA~OOIALE fial il Socialismo integrale e massimale, ma per vol– gere consapevolmente il potere esecutivo dello Stato nel senso della difesa del proletariato e dei suoi inci– pienti istituti, contro le insidie e le minacce della reazione borghese ... bloccata! Sotto tal punto di vista, cioè della politica interna e della maggiore efficienza della cl.asse lavoratrice nello Stato, non nascondiamo il nostro vivo soddisfa– cimento per la pace adriatica conclusa. Da tempo noi andiamo dicendo, del resto, che non vi è più una politica interna ed una politica e&tera; l'una e l'altra fanno sistema, fanno corpo, si compenetrano. La cal– ma apportata su un punto della dolorante Europa si riflette sensibilmente su tutti gli altri, di qua e di là delle immediate frontiere - purchè sia calma vera, sia equa, reale composizione di contrasti e non inganno di diplomatici accorgimenti, celanti nelle loro pieghe nuove insidie e nuove sopraffazioni. A Villa Spinola si è data definitiva sepoltura al Trattato di Londra, iniquo ed assurdo patto, che riassumeva la stoltezza dell'impostazione della nostra guerra, che supponeva ad un tempo nel modo più contraddittorio "il mantenimento e la sparizione dell'Austria-Unghe– ria, secondo che, avversamente, era la speranza degli Alleati e dell'Italia uffi.ciale. Ora ment.re dalla Fran– cia apertamente si lavora alla restaurazione monar– chica dell'Austria-Ungheria absburgica, l'accordo con la Jugoslavia e, per essa,. con la Piccola Intesa, riba– disce il crollo dell'Impero. Ma ciò è meno di nulla, se nel suo intimo l'accordo non ci amìca veramente con tutti i popoli, dal!' A°driatico all'Egeo e al Mar Nero, che preparano lentamente la ricomposizione dei loro frammenti nella Confederazione. balcanica, la quale tanto ci può aprire la via larga, fratern~ per il Mar Nero, per la Russia, per l'Asia Minore, quanto può elevare contro di noi una barriera insormonta– bile, secondochè noi avremo saputo prenderla in que– sta protasi di Santa Margherita e continueremo ulte– riormente, con l'applicazione bilaterale dell'accordo, irt un sentimento di verace spirito internazionalista, oppure ci imbestialiremo ancora mutualmente in mire nazionaliste, per snazionalizzare e rimizionalizzare gli allogeni dell'uno e dell'altro Stato. · Diciamo subito che ci commuove mediocremente la vittoria diplomatica italiana circa il confine strate– gico del Mont~ Nevoso ... il Brennero del confine ita– liano ad oriente, che, come l'altro della Vetta d'Ita– lia, ci rinchiude dentro, senza chiedere il loro con– senso, troppi che vorrebbero restare fuòri del con– fine italiano. Egli è che noi diamo la massima impor– tanza, anche nell'ordine della difesa militare, all 'e– lemento umano - mentre i nazionalisti' e i milita– risti non glie• ne dànno nessuna, per concentrare tutta h loro considerazione nell'elemento cose, territo– rio, ecc. Ne segue che quei signori si credono insu– perabilmente assicurati, quando hanno un forte con– Bne naturale, guardato da popolazioni irredente e ir– redentiste che sospirano il vicino o che sono dall 'a– stuto vicino sospirate e sobillate all'alto tradimento ! E sempre la parva sapientia con cui, al dire del Can– celliere svedese, si regge il mondo da cotesti gover– nanti nostri ! Se fosse lecito, ci sarebbe forse da complimentare piuttosto la saviezza dell'altra parte nell'avere ceduto, che la nostra nell'avere domandato. Jl metodo con cui la Vecchia Serbia ha rovinato l'Impero, suscitando dall'esterno la sedizione nell'interno dello Stato, po- BibliotecaGino Bianco trebbe non essere spento con l'Austria. Noi ancora gli preferiamo il 111etodo · pacificista ed internazionali– sta dei socialisti austriaci, che a Brunn avevano fissato di conquistare legalmente col suffragio universale l'Austria-Ungheria e svotarla del suo contenuto feu– dale, clericale, oppressivo delle nazionalità e dei pro– letariati, liberando quelle e questi in nome e coi me– todi della democrazia. Parve ai confinanti più spiccio ricorrere alle armi e abbatterla di un colpo, senza cu– rarsi delle rovine, dei lutti, delle distruzioni. La sche– da e la legge dei socialisti austriaci parvero loro mezzi lenti e puerili. La violenza e la strage, i soli, i grandi mezzi. Ed ora che le classi proletarie, stremate dalla lunga guerra e rivoltate degli inganni e dei tradimenti, tendono a sollevare - esse - contro le classi diri– genti colpevoli, non più la scheda e la legge, ma la violenza e la rivoluzione, come i soli, i grandi mezzi, le classi dirigenti, dimentiche dei loro lazzi e delle loro diatribe contro i pacificisti, i (< neutralisti », ecc., strillano contro la violenza e la rivoluzione, e preten– dono richiamare il socialismo alla sua vera essenza, che è libertà, suffragio, evoluzi'one pacifica, ecc., ecc. Ah ! quanto la predica sarebbe più efficace - e forse non sarebbe neppur ora necessaria - se fosse stata corroborata dall'esempio ; se la violenza non fosse stata ind1ata per coprire il mondo di sangue e di . ruine! Ora la guerra col suo spirito di vi.olenza, di impazienza, di dittatura, ha tutto distrutto e nulla creato di veramente solido, di veramente superiore. Essa ha generato la rivoluzione, la quale, con ben più giustificati intendimenti, adotta i mezzi violenti, contro la fiducia dei quali si spuntano tutti gli ammonimenti borghesi che tradiscono soltanto la paura e la stolida ipocrisia. Noi, per altro, che resistiamo al contagio dello spirito di violenza - sì della guerra e sì della insurrezione - ci compiacciamo nel considerare I'ac– cordo di Villa Spinola come una conyenzione, tutta nuova, tra Stati liberi ed uguali, la quale, si può dire, nega la guerra, in quanto nega e sotterra il Trattato di Londra, che era il vero trattato di guerra, il patto sinistro ·della preda da imporsi, non altrimenti che con la spada alla gola, dai vincitori ai vinti. Ma, in certo senso, l'accordo di Villa Spinola, come nega la guerra, così nega anche la rivoluzione per il largo respiro che solleva, per il sentimento di calma e di fiducia che irradia, il quale è il più contrario a quella tensione esasperata del tanto peggio tanto me– glio, in cui si sostanzia lo slancio e il furote della rivoluzione, concepita soltanto come atto di violenza e di demolizione. Irl fondo, è sempre Io stesso dua– lismo che rode la coerenza dello spirito rivoluzio– nario, il quale, mentre da una parte aspira alla più ripida definizione, per via della violenza dei contrasti, dall'altra, nel suo anelito immanente di umanità e di civiltà, non sa, non può, non vuole praticamente au– gurare il peggio, ed anzi francamente si compiace di ogni miglioramento, di ogni diminuzione delle soffe-, renze del' proletariato ... e plaude, come fa l'Avanti !, per le stesse ragioni nostre, all'evento di Santa Mar– gherita .... E plaudirà, malgrado le sue riluttanze formali e dottrinali, a tutte le soluzioni intermedie dei problemi maggiori, che tormentano il proletariato, in quanto il proletariato ne tiri vero sollievo.... Ecco la Camera che si riapre e si trova, con la risoluzione del pro– blema della pace adriatica, appena sbozzato l 'impo• nente e completo problema della limitazione delle

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