Critica Sociale - XXX - n. 17 - 1-15 settembre 1920

Critica Sociale RIVIST.ll QUINJJJCJN.llLE JJEL StJCI.llLISMtJ Nel Regno: Anno L. 20 - Semestre L. 10 -- All'Estero: Anno L. 22,50 DIREZIONE : Milano - Portici Galleria, 23 - AMMINISTRAZIONE: Via Omenoni,4 - Milano Anno XXX - N. 17 Il Numero separato Lire UNA Milano 1°-15 settembre 1920 SOMMARIO Politica ed Attualità. La lotta dei metallu·rgici (CLAUDIO TRRVEs). Lo Staio azionista (UN GmLDISTA). Studi economici e sociologici. La conquista dell'azoto (lng. R. BALoucmJ. I g,·and.i problemi della nuova llalia: Vitio e alcoolismo tte1l'Economia nazio,iale, n. Latte ed uva; l'utilizzazione dei mosti (Dott. DAvm LKVI MORENOS). . Filosofi.a, Letteratura e Fatti sociali. SociaUsmo e massimalismo al Congt·esso socialista ài Bologna, 7 otto~ bre 1919, II (fine)- (F1L1Pro TuRAT1). Dalle Riviste (Prof. ANGELO TaEvEs). Ciel che si stampa: " Ferdinando Lassalle " di E. Di Carlo (Prof. Ro• DOLFO MONDOl,i'O), LALOTTA ITEI METALLURGICI Mai siamo stati col cuore p1u vicino alla moltitu– dine operaia nell'ardore della sua battaglia come in questo immenso conflitto di metallurgici, a cui è so– spesa tutta la vita della Nazione. Mai il diritto ope– raio, che non può contare che sulla propria forza, ci splendette più radiosamente come· in un'alba di rin– novamento storico. Che importa se il primo movi– mento si annunziò come una semplice richiesta di aumento del salario in conformità dell'aumento del costo della vita? Tosto le circostanze interiori della vita economica in questa travagliata era del dopo– guerra emersero tutte nel loro profondo contenuto rivoluzionario, dando al conflitto il senso augusto di un urto di epoche, di idee, di valori ,morali e sociali. Forse, incautamente, fu la stessa parte industriale, inconsapevole nel suo cieco orgoglio di casta e di classe, a lacerare tutti i veli pietosi, a mettere a nudo l'intrinseca verità dei rapporti tra la classe industriale e la classe operaia, a mettere in tutta la sua asprezza la questione delle questioni, la questione della pro– prietà, là dove non si affacciava che una questione di più o di meno del salario. Forse furono gli im– prenditori a, massimaleggiare il conflitto che massi– malista non era, quando, subito dopo aver convocate le rappresentanze operaie e impetratò che fossero tutte, sindacaliste o riformiste, presenti all'unico con– cordato che doveva farsi, con temeraria incoerenza proclamavano l'assoluta autonomia dell'industria, il nessun carico che essa intendeva darsi del bisogno dei lavoratori, del rincaro della vita, conchiudendo, in nome di incontrollate e incontrollabili necessità delle aziende, col rifiuto reciso, categorico di ogni \concessione. Allora i lavoratori si domandarono per- ~ è i proprietari delle fabbriche avevano preliminar– ente volute le cautele di garanzia per l'universalità d I patto nuovo se a nessun patto· nuovo intendevano di venire. Anche, i lavoratori, facendo i loro con- "bLioteca Gino Bianco fronti, si chiesero perchè si eran distribuiti in molte aziende degli acconti sopra gli aumenti futuri se non era per rendere più amara la loro delusione il giorno dell'assoluto diniego ! Allora fermentò tra la massa il sospetto di una provocazione, l'idea di un interesse capitalistico a promuovere uno sciopero colossale, a mettere 500.000 operai sulla strada, per far fracas– sare i vetri delle Prefetture e premere così sul Go– verno al fine di tirarne alcuno dei soliti favori. (Per– chè infatti tutta la stampa benpensante, che sviene dal terrore appena un aggruppamento di operai si forma: in una piazza ed ogni altro giorno depreca glì scioperi, ora fa l'elogio dello sciopero, come della più legit– tima e leale fazione nella guerra di classe?). co·n un intuito quasi profetico, quello delle grandi ore, i diri– genti e la massa, con meraviglioso prontissimo ac– cordo, smessa ogni divergenza di metodi, ogni gelosia di frazione, si trovarono pronti, come per incanto, per sostituire all"antir·o sciopero di abbandono delle fabbriche, lo sciopero nuovo, parziale, lo sciopero delle ore straordinarie, l'ostruzionismo, continuando· regolarmente la frequenza nella fabbrica e il con– tatto con le maèchine produttrici. Questo fatto nuovo, impr~visto, portato empirico di un presentimento profondo, innovatore, doveva scate– nare la tempesta dei principi cozzanti. Se l'industria è la cosa dell'industriale ha l'operaio il diritto di mi– surare la sua prestazione? Unanime il coro dei pri– vilegiati a gridare alla bestemmia. L'operaio è libero di accettare o no i patti offertigli per la sua opera; non mai di disciplinarla esso n'ella fabbrica. Perchè? Non c'è perchè. Perchè egli è l'operaio ed è tale perchè non ha la fabbrica, le macchine, il capitale, ed egli è suddito, se e in quanto vuole lavorare, del ca– pitale, delle macchine, della fabbrica ! Nulla lo uni– sce agli strumenti del suo lavoro, che non sono suoi, e in cui egli soffia la propria virtù produttrice; nulla, fuorchè la volontà sovrana dello imprenditore ! Ecco la concezione classica del diritto quiritario di pro– prietà in urto violento contro tutte le esperienze nuo– ve, col divenirè sociale della proprietà che si plasma di tutta la passione del proletariato che la stimola alla creazione! Correlativamente, l'induS'tria che mo– nopolizza le cose, ignora, vuo\e ignorare l'uomo e i suoi bisogni. I padroni lo hanno categoricamente af– fermato; l'unica misura del salario è la _disponibilità della industria, non il bisogno dell'uomo, non il caro– vivere. L'industria che ha impinguato della guerra conosce le angustie del dopo-guerra solo per scari– carle sulle spalle dell'operaio . .La classe padronale si libera anche della responsabilità politica della si– tuazione rovesciandola in foggia di responsabilità eco– nomica sulla classe lavoratrice. Autonomia fino allo ostracismo; autonomia fino al dispotismo. Chi giu-

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