Critica Sociale - XXIV - n. 17 - 1-15 settembre 1914

258 CRITICA SOCIALE Eroi: si tratta di contrastare alla codarda contu– macia che i re ed i loro scientifici servitori, gli storici dii Corte, si preparano temerari.amente ad ac– campare, per il dì che i loro popoli abbiano a citarli a comparire in giudizio. I~ stato già intuito ,e dello, e lo conformano gli ultimi risultamenti della cronaca politica, che la guerr·a è stata voluta dagli imperi autocratici e militari; i paesi di libertà, di democrazia l'hanno dovuta subire. Inghilterra e Francia apparvero co– me candide fautrici di pace. E anche il Belgio, perdio - senza dire nulla della neutralità del– l'Italia. Come non domandare quindi perchè il ge– nio delle nazioni è belligero dove il dispotismo im– pera e impera la sciabola e lo stesso genio diventa improvvisamente pacifico dove è interpretato da Camere popolarmente elettive? Basta questa osser– vazione per 'fare avve•rtito che l'urto delle nazioni non è fatale che da una parte so1a, quella aggres– siva, monarchica ,e militarista. Ora ciò scema note– volmente il valore di quel fatalismo• sociologico e mistico, cosl in voga, in virtù del quale J.a guerra ò sempre un «inevitabile». l~ un « inevitabile ».1d-oive imperano dispoticamente i re e i· ceti militaristi che della guerra viv,ono, si esaltano, e, se non ne muoiono, aumentano spaventevolmente in ricchezza, in onori e in potenza. Ecco quello. che si può, si deve gridare in faccia agli scrittori incaricati di na– scondere J.eresponsabilità personali, prossime e con– crete dietro le responsabilità astratte, remote e im– personali d'eJile nazioni e delle razze e dove non basti niù - come già si accenna - dei continenti, e, magari, drlle sfere terrestri e celesti .. L'interesse di cotal fil,oso,fia si denuda troppo facilmente. Per essa si tratta di mettere in ogni evento in salvo i ceti conservatori dalla Nemesi che atte,nde gli au– tori delle disfatte nazionali. Di fronte alla guerra le Dinastie sono sempre pronte così ad attribuirsi la gloria. dei successi come a scaricare l'infamia delle catastrofi sulla comoda .. , fatalità. Altra fiLo– sofia segue il popolo, una filosofia di 'giustizia e di responsabilità. I re vinti non sono più re. Il po– polo eredita il potere. La sola speranza dei popoli nella guerra è la repubblica : speranza che ·ha per sè molta autorità di storia. La filosofia ult.radeter– ministi,ca e fatalistica dei mozzi delle stalle dinasti– che non si propone in ultima analisi che di frodare - dove possa - cotesto Destino, truffare cotesta suprema responsabilità. Per ciò, per ciò in Germania, do,po che i cronisti politici si sono sfo.nati a dimostrare coi documenti canoelliereschi che la Germania è stata aggredita dalla Russia, che tutta la colpa e di Czar Nicola Il, che il Kaiser è puro di atti come di intenzioni belli– cose, i filosofi salariati sono già intervenuti a discu– tere con profondità hegeliana, se questa è la guerra delle nazioni a la guerra çl.elle razze. La stessa di– scussione, pe•r quel pedissequo imitare lo straniero, che. è la caratteristica fondamentale d,el nostr,o• ... nazionalismo, fa già capolino da noi, e, non senza tendenziosità, viene adoperata per giudicare la néu– tra]jtà italiana. Ah! voi vedete come è grave la questione, una volta che con questa espressione - la guerra delle nazioni o la guerra delle razze - non si intenda constatare materialmente il fatto che alla guerra partecipano mol1e nazioni e molte razze, ma si intenda dare alla guerra un mistico carattere dà finalità, di guerra, cioè, per la vita •O per la morie di alcune nazioni o di alcune razze., Ora noi non· ci dobbiamo lasciare prendere alla pania di cotesto «fatalismo)) nazionalistico o etni– co, che tende a nascondere che si tratta essenzial– mente, invece, di guerra di Stati contro Stati con tutta la responsabilità inerente dei reggitori di que– gli Stati. Nè le nazioni nè le razze - come tali - hanno voluto la guerra ed in tanto i loro naturali BibliotecaGino Bianco movimenti di sviluppo poterono esserè condizioni della guerra, in quanto gli Stati, politicamente co– stituitisi nei loro organi fattivi e responsabili, hanno volto alla guerra quei movimenti perchè essi la guerra volevano. Dove infatti si può parlare di uno scontr,o del germanesimo e dello slavismo quan– do jntervengono francesi, belgi, inglesi e... giap– ponesi? Il blocco aust .ro-tedesco til'a con sè alla guerra almeno venti stirpi soggette, ed altrettanto si può dire del bJ.occo slavo, che soggioga polacchi, ukranii.i, circassi, ebrei, persiani, ecc. E la sorella latina, per conto suo, si affida alle strenue difese anche dei turcos, dei tiratori di Algeria.' In cotale enorme miscuglio, di razze e di nazioni, reciproca– mente elidenti qualunque specifico antagonismo in– terno, non è evidente l'emergere dell'idea imperia– listica d,egli Stati, secondo che nelle loro inimicizie o nelle loro• alleanze con patti sempre segreti e sot– tratti al controllo dei popoli, gli Stati vennero or– dinati dai capi di Governo, dai capi militari, da~ di– plomatici alla sLI,egua dell,e·avidità dei gruppi cesa– rei e delle ambizioni d'inastiche? Oh! gridiamo1o"forte, ·chè 1 non' v©'gliam& es sere lo zimbello di certa '[iloso{ia della storia, non dis.in– teressata apologista, in nome dello spirito, di o gni brutalità· di fatti compiuti! Gli Stati - coi loro re, imperatori e goverr}anti - fanno• la guerra; non le nazioni,. non l,e· razze! In regime di libertà, .di democrazia, di uguaglianza, di repubblica è possi– bjle la pacifica coesistenza deUe nazionalità e delle razze, ·come ne fa secolare testimonianza la Confe– derazione Elvetica. Il perchè noi tendiamo alla fe– derazione democratica degli Stati, ai repubblicani Stati U niti di Europa, i quali suppong.ono la armo– nii.ca convivenza e l'armonica cooperazione di tutte le stiirpi europee nel correre il destino pacifico de·l– l'umanità. Nel ragionamento contrario•, in quello in cui si compiacciono gli idealisti del fata,Jismo dell.a guerra, nel rag-ionamento della guerra fatalistica,– m,e·nte causata dai moti delle nazioni o delle razze, quale· sarebbe il fine razionale del movime'!lto uma– no: il trio,nfo di una unica nazione, anzi, di uno unica rnzza? Come sarà bello allo,ra il mondo quan– do og-ni differem,iaz.ione sarà sparita nel prevalere vittorioso di una, sola ,specie! Ma quak, poi? La niù forte? E qual'è la più forte? La più numerosa? Dovremo cinesizzarc'i. tutti? Ecco un pericolo ... giallo! ... Ma, in ,ogni caso, i teoristi della lotta· delle nazioni o•delle razze, come fanno a prescindere dallo Stato ? Ora se è concepibile ed è attuat,o, con limi– ta.zi- 0nied eccezi,oni, lo Stato-nazione, nulla permette di i ntravvedere nell'avvenire lo Stato-razza! Gli ag– gruppamenti politici-staitaJ:i, che si indovinano nel futuro, sembra siano per avere una base econo– mico-amministrativa, piuttosto che d•emografica; sa– ranno blocchi di· consociazione umana tenuti insie– me dalle più infinite affinità deHa produzione e dello scambio, le quali nulla permette di supporre ab– biano a coincidere dii preferenza con l'estensione geografica delle razze anzichè colla giacitura pii, immediatamente attiva e feconda della oooperazione nei bisogni comuni. Ma checchè sia di ciò, sommo interesse del Par– tito socialista, è tirare le rivalità delle nazioni e delle •razze nel c-ompend,io rlella responsabilità concreta degli Stati; altrimenti quelle rivalità restereboor-0 sempre fuor.i dell'orbita della influenza dei pa·rtiti e delle classi, inaccessibili al suffraf]:io univel'Sale. Lo sfon,o contrario, quello che quasi annulla l'im– portanrza d'egli Stati e rlei loro o•rgani politici respon– sabili in confronto delle determinazioni vaghe, inde– finite, fatali delle stirpi, risponde invece troppo pa– lesemente all'interesse dei ceti dominanti, favorendo ogni d~spotismq con l'emanciparlo da ogni respon– sabilità. Infatti, mentre questi m-0stri coronati ten– gono in pugno i destini dei popoli e ne dispongono

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