Critica Sociale - Anno XXIII - n. 8 - 16 aprile 1913

Critica Sociale 'RIVIS7'.ll QUJNJJJCJN.1/LE - DEL SOCJ.J/LJSMO Nel Regno: Anno L. 8 - Semestre L. 4 - All'Estero: Anno L. 10 - Semestre L. 5,50 Lettere e vaglia all'Ufficio di CRITICA SOCIALE'- MILANO: Portici Galleria, 23 Anno XXIII - N. 8 Non si vende a numeri sepa1•ati Milano, 16 aprile 1913 SOMMARIO Politica ed Attualità. I p,-11111 etrott. della scissione j L'elezione di B1td1"IO (LA CRITICA SO– CIALE). La colpa è della democrazia I Per una conferen2/a clerloo-monarch!ca 1CLAUDIO TREYES). U11aaeplorevole i!lusio11e del soclM1$U Intellettuali: a 6!ovann! Z!– bordl (Dott. MARIO GQYI e NOI). La famosa c1wa del ferro: dedicato a! nostri lmp<Jrlal!st!, anche a scartamento ridotto (st.). Studi economici e sociologici. ~I "" collettivismo inte,·co,mmale I A vv. LORENZO BLASI), Mezzadria e bracciantato in Romagna (La c. S•. e Prof. ARRIGO SER· PIERI). Filosofia, Letteratura e Fatti sociali. La guerra alla guerra a traverso t Cong,·esst soclal-lsti lnter11az/.o- ,.an (st.). Fatti e commenti: n movimento operalo !nternaz!onale nel 1911 (f. p.). Fra Libi•/ e Rlvls_te: li pericolo giapponese (st.). Biblioteca di Propauanda della CRITICA SOCIALE, I PRIMI EFFETTI DELLA SCISSIONE L'elezione di Budrio. Non avevamo dunque tutti i torti, purtroppo, al Congre~so di ,Reggio Emilia, a .... contraddirci, èo– me abbiamo fatto! Chi scrive è, fra i professionali della politica, uno . dei più spesso accusati, non soltanto dagli avver– sarii, di frequente contraddizione. Tutti coloro, e sono la maggioranza, che nel cervello hanno dei clichés belli e fatti, ·ai quali adattano e nei quali introducono e traducono le idee degli altri (metodo prodigiosamente igienico cli risparmiare lo sforzo mtellettuale - vera Berlitz Schoòl del pensiero), ogniqualvolta l'idea di qualcuno non entra più nel primo cliché che gli hànno affibbiato e devono adat– tarla in un altro tutto diverso, scoprono e denun– ziano trionfalmente la incoerenza manifesta fra le due idee. La incoerenza esiste infatti fra le loro due traduzioni e fra ciascuna traduzione e l'origi- nale. · Al Congresso di Reggio la nostra contraddizione fu colossale. Una metà del nostro discorso fu de– dicata a combattere e a confutare i riformisti di «destra»; l'altra metà a combattere, ·con uguale calore, la P,roposta loro espulsione dal Partito, ed ogni squalificazione o scomunica che equivalesse a espulsione. Si può dare bizzarria più stramba? Lo stridore delle due tesi era tale, che non un Con– gressista trovammo, che a noi si associasse: rima– nemmo desolantemente, vergognosamente soli. Co– loro, fra i «sinistri», e ve n'era parecchi, che avreb– bero volontieri evitato l'odiosità formale dell'ostra– cismo, volevano però la « deplorazione »; che era negli effetti la medesima cosa, e qualcosa di peg- gio _nel significa~o morale. Più _offensiva, più arbi~ traria e più mgrnsta. Perchè SI può bene - e SI deve - militando in un Partito, sconfessare quelle idee o e11uegli atti, che altri membri o compagni pro– fessino o com1Jiano, aberrando dalle direttive essen– ziali del Partito;· si può, e si deve, separare netta– mente la propria responsabilità dalla loro; può e deve la maggioranza dichiarare il pensiero fonda– mentale che stima necessario sia professato, o al– meno non contraddetto, da quanti si propongono cli collaborare con essa. Senza ciò non s'intende l'esistenza, si ripudia anzi persino la nozione di un Partito qualsiasi, che non voglia ridursi volon– tariamente .... a mal partito. Parliamo, non a caso, cli atti che si compiano come di -idee che si profes– sino: perchè, nella vita dei partiti, le idee profes– sate sono atti, la propaganda è l'atto essenziale, e gli atti individuali non mossi eia un'idea possono essere errori scusabili, senza importanza. Ed è per– fetlamente ridicolo insorgere accusando il Partito di intolleranza, di sacra Inquisizione,· di settarismo giacobino . .Anche le espulsioni si comprendono; pos– sono, in dati casi e momenti, rivelarsi opportune ed inevitabili. Ma la « deplorazione » delle idee non appartiene ai Partiti, sibbene alle Chiese. Ricusando il nostro assenso alla espulsione dei compagni di « destra », noi non muoyevamo tutta– via - lo dichiarammo a sazietà -· -da criterii e motivi di ordine sentimentale. Afferma·mmo bensì di scorgere, nelle minacciate condanne, un fondo di arbitrio e cli rivoltante ingiustizia. Ma l'arbitrio e l'ingiustizia non stavano nella severità della misura in se. stessa, nel contenuto obiettivo della sentenza . L'ingiustizia e l'arbitrio erano nel giudice; nell'ec– cesso di potere di chi sedeva a scranna per senten– ziare. Non che difettasse, formalmente, una legge: il Congresso cli i\ 1 Iilano prima, in tesi generica, più specificatamente, poco dopo, il Congresso cli Mo– dena, avevano molto nettamente precisato le idee, ·,1 cli fuori delle quali, tanto peggio contro le quali, il Partilo, nella fase presente, non riconosceva più cittadinanza legittima agli inscritti nei proprii ruoli. Si era ripudiata la collaborazione sistematica col Governo e coi partiti borghesi; se n'era lamentato l'uso e l'abuso e s'e·ra nettameùte intimalo: « mac– china indietro ! ». Il ministeriahilismo socialista era stato relegalo fra le astratte possibilità di un'epoca storica diversa, lontana ed incerta, invisibile all'oc– chio dei contemporanei. E si era dichiarala guerra senza tregua alla guerra, all'impresa cli Libia, al militarismo, al colonialismo, all'imperialismo, non o non soltanto in astratto, ma a questo militarismo e colonialismo e imperialismo attuale, dell'Italia presente. Chi badasse soltanto al testo degli ordini del giorno approvati e al gran numero di voti da essi raccolti, nessun equivoco era possibile. i\fa l'equivoco si annidava nel seno stesso del Partito. Le dichiarazioni difensiYe di parecchi dei maggiori imputati o indiziati cli eresia, sebbene im– prontale a tutt'altro che a sentimenti o a propositi cli resipiscenza, erano state, nonchè sofferte, ap-

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