Critica Sociale - Anno XXII - n. 14 - 16 luglio 1912

CRITICASOCIALE 215 baldi, fu intonato il Tedeum. Dal pergamo, disse parole augurali Giuseppe Martingiglio, dei minori osserva11ti, che Garibaldi abbracciò, chiamàndolo, con voce maschia, « vero ministro del Vangelo». E, per verità, il clero siçiliano, a differenza dal clero delle altre regioni italiane, fu generalmente favorevole, fino al 1862, alla rivoluzione. Come poi e perchè divenisse esso pure fieramente avverso al nuovo ordine di cose, non fu mai esaminato e spie– gato con· se·renità; l'argomento pare bruciasse ai massoni come ai clericali. Gareggiarono allora nei festeggiamenti popolo e municipalità (era Sindaco Antonino Sarzana, tut– tora vivente). Motti patriottici tappezzavano i muri delle case. « Lanciasti il guardo da questo lido -al Volturno - cosi una delle scritte - e cadde la vecchia tirannide di una famiglia spergiura; lan– cialo al Campidoglio e alle Lagune, e_il sospiro di tanti secoli si appagherà». E ·un'altra: « Al dia– dema regale mancl).no ancora due stelle. A Roma e Venez.ia con· Garibaldi, la fronte del Re brillerà del1a più splendida corona del mondo». - Recatosi, dal Duomo, alla casa destinatagli, a Porta Nuova, da 'un balcone sporgente su· quel che oggi è il piazzale della Villa, allé acclamazioni dell'immenso popolo, Garibaldi rispondeva comin– ciando testualmente cosi: « 1-Ian passato due anni che toccai questa terra coi mille prodi che mi ac- - compagnavano. Voi çi _accoglieste veramente fe– stosi, ed erano momenti di pericolo, di vero peri- colo » (1). - · Ebbene; fu in quel discorso che, a un dato pu11to, Garibaldi avendo gridato: « Si, Roma è nostra », _ una voce dal popolo rispose : " O Roma, o morte I ,,. · L'eroe, afferrando- a volo la scultoria _espressione popolàna e protendendo l'indice della destra, ri– petè : " Sì, o Roma o morte I ,, e l'intero po– polo riecheggiò le storiche parole. E, invero, ·quel grido, di cui si ignora e non importa ricerc!lre l'in– dividuo che primo lo esalò, riassumeva l'anima di tutti: « O sorte o morte » dice il siciliano; per si– gnificare il desiderio di cosa senza cui non ha va– lore la vita. - Garibaldi proseguì: " Sì, o , Roma o morte! Questa è parola che peserà sulla bilan– cia della diplomazia, più che le preghiere... O il nostro, o bastonate! ». Echeggiarono ancora voci frenetiche d'attorno: « Si, bastonate!». Cosi il po– polo, per la prima volta, sfidava risoluto i poteri incontrollabili e le tentennanti diplomazie. L'indomani, 20 luglio, a mezzodì, nella chiesa della Madonna della Cava, tenuta dai monaci ago– stiniani, la medesima scena si ripetè. La chiesa folteggiava di popolo e di guardia nazionale. Gari– baldi stava nel mezzo, col figlio Menotti, fra un semicerchio di camicie rosse. È allora che frate Pantaleo, celebrante la messa, a un punto della cerimonia, rivolge al Generale vibrate parole sul fatale riscatto di Roma e di Venezia e lo invita a giurar sull'altare: " O Roma o morte I ,,. Garibaldi si rizza, stende la destra, tuona il giu– ramento. I Garibaldini, con le sciabole sguainate, e tutta la folla stipata, ripetono il gesto ed il grido : " O Roma o morte I ,,. . E da quell'ora, dall'ombra del tempio e del rito, quasi ad effettuare il concetto del!'Alighieri, che della fede cattolica faceva catapulta contro il po– .tere temporale dei papi, il grido " O Roma o morte I ,, entra nella storia, diventa storia d'Italia. Djventa storia d'Italia a dispetto dell'Ita'1ia uffi- ciale, a dispetto del clero, anche siciliano, che si studia di cancellare in eterno il suo breve peccato di italianità. Per 1ungo tempo, ai cenni del terzo Bonaparte, il patrio Gove-rno ·perseguita il ricor– do e il desiderio di Roma. A Marsala scioglie il Consiglio Comunale, destituisce il Sindaco Anto– nino Sarzana. Ad Aspromonte colpisce di regia palla il malleolo dell'eroe. Sul luogo dove il gm– ramento fu pronunciato, nessun segno evocatore fu mai consentito. Solo nel 1907, centenario della nascita di Garibaldi, non già accanto all'altare te– stimonio del· fatto, ma fuori, sop,ra il muro del campanile, è incisa questa inscrizione dettata da Mario Rapisardi, nella quale il ricordo dell'avve– nimento specifico sparisce quasi sommerso nella generica formula anticlericale : • IV LUGLIO1907 - A QUESTATERRAGLORIATA DAI MILLE- TRA QUESTEMURA- CHE PRIME ECHEG– GIARONO IL GRIDO - ONDEROMAFU VENDICATAL– :t,,'ITALIA - ECCOGARIBALDI RITORNA - E PARLAAL POPOLO FREMEBONDO: - A DEBELLARE L~ POTENZA TE– NEBROSA - A SGOMINARE LE INSIDIOSEALLEANZE - _ FIAMMEGGI, O POPOLO,L'IRATUA- IO RECO A TE LA MIA SPADA. Più fedele, più semplice, più intimamente vera e sincera, la parola del sacerdote Francesco Gambina nella piccola pietra murata sulla casa ove Garibaldi alloggiò: I IN QUESTACASA- PER ORE SESSANTA - FU - GARIBALDI. - QUI- NEL19 LUGLIO 1862 - LAPRIMA VOLTA - TUONÒ - o ROMA o MORTE. SEBASTIANO CAMMARERI ScuRTI. I PROBLEMI PIÙVITALI EDURGENTI dell'edilizia popolare in Italia II. I problemi dell'attua1tione. Accennato alle urgenti necessità legislativ.e per lo sviluppo delle abitazioni popolari, non sarà inutile esa– minare quel complesso di problemi che sono collegati più colle condizioni generali econoiniche che non col– l'opera legislativa. Ma, prima di scendere a questa indagine, anche per averne g!lida nelle ricerche suc– cessive, occorrerà che ci rivolgiamo una domanda. La domanda è questa: Quale fu il risultato concreto, tangibile, dell'attività che si è svolta in Italia in poco meno di un decennio nel campo dell'abitazione p·opolare? Due finalità ci proponevamo o dovevamo proporci: 1° provvedere alla deficenza quantitativa e qualita– tiva di abitazioni per le classi meno abbienti; 2° creare un calmiere capace di frenare sufficente– mente la corsa al rincaro. La meta fu raggiunta? Non si può rispondere in modo affermativo che in parte. Un fatto è innegabile: un grande ardore di rinnova– mento edilizio, una vera febbre costruttiva, anche per le abitazioni popolari, si sono manifestati nelle nostre maggiori città. In breve tempo, la produzione di case si è pressochè raddoppiata; nè avvenne quanto i miso– neisti oscuramente profetavano, che gli Enti autonomi e le Cooperative turbassero o frenassero l'iniziativa privata. Anzi, in certo senso, lè hanno giovato, almèno (1) La pubblloazlone, fattane allora, In una stampa ohe tuttora BI oonsena, rispettò l'Ingenuo francesismo della prima frase, ohe ba • in questo: raffinando, perfElzionando il bisogno di abi- rlaoontro del reato anohe nel dialetto alolllano. 1 tazioili.

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