Critica Sociale - Anno XXII - n. 13 - 1 luglio 1912

202 CRITICA SOCIALE Carlo Marx ·e la requisitoria contro il riformismo socialista. Come d'ogni analisi moderna del socialismo, an– che qui Carlo Marx è - non potrebbe non essere - il protagonista e l'eroe. Ma, se in Marx fu Hegel capovolto, e il mondo capovolto di H egei raddrizzato sui piedi, in Co lucci sono capovolti il mondo e la figura di Marx. Perocchè, se questi si credette e apparve ai se– guaci il· primo introduttore del metodo storico e scientifico e il demolitore spietato dell'utopia e del sentimentale nel socialismo; nell'analisi di Tullio Colucci tu lo trovi trasfiguralo e diametralmente invertito: culmina in Marx l'utopismo dove in esso pretendono a[[ermarsi la storia e la scienza; e la verità socialista (verità, ben s'intende, pragmati– stica) è in quella vindice e inconsaputa utopia. A Ila critica del riformismo (penultimo capitolo), quando apparve in Critica Sociale, opponemmo una piccola nota di riserva prudente, promettendo una eventuale antièritica. La seconda e più al– lenta lettura ce ne svogliò. . Perocchè la requisitoria - il titolo ce ne av– vertiva - era contro soltanto la pratica del rif or– mismo : leggi, la de[ormazione e la parodia. Quanto al riformismo, nel pensiero, fatalmente antitetico in sè, del nostro scrittore, la condanna e l'esaltazione s'intrecciano in eclettica miscela pa– radossale. E, dapprima, il riformismo è il solo socialismo che sopravviva. E il superstite e l'erede del marxi~ smo, il quale - disse avanti - è. tutto quanto di meglio fu il socialismo. E reca r(fcchiuse in sè le intuizioni più sicure del passato e forse i promet– tenti germi d'una nuova e più solida concezion_e socialistica e - ciò che nel sistema del Colucci, (poichè anch'egli ha un sistema, questo distruttor~ di sistemi!) ha ben maggior significato - i germi d'un nuovo sviluppo di energie morali e di pra- tiche attività. · Or rilegga chi vuole i trapassi, chè non 11oi fa– remo la prefazione kru.mira del libro. E vegga come da questa esaltazione preambola giunga .lo seri.liore alla negazione che segue: " Il riformismo fu la degenerazione di se stesso prima ancora di essere se stesso .... Non ha avvertit'o che lo sviluppo proleta1·io non è socialismo, se non è sintetiz• zato e moralizzato in un gagliardo idealismo etico. Non ba più sentito la classe.... Ha convertito ogni ·senso idealistico in una ricerca assidua di utilità immediate. Ha creduto di scorgere germi di nuove e feconde evo• luzioni là dov'era l'incrostarsi e il consolidarsi d'isti– tuti operai intorno a forme economiche capitalistiche .... Ha accresciuto i dislivelli, acuito le disparità, trascu– rando i trascurati, favorendo i favoriti.. .. Non ha cono• scinto le grandi questioni nazionali.... Senza fede, non ha avuto programmi.... Ha brancolato nella nebbia .... nel torpore di un'inerzia apatica e nel rilassamento di un cronico ottimismo.... Ha vissuto infecondo o mal fecondo .... Gli è mancata l'anima ,,. Infine, fu/lima .botta; e poteva ben essere la pri– ma e la sola: " Ha ignorato il socialismo ,,. Ben vero eh'egli ammonì prima: « guardiamo al– l'Italia». Ma non dice, dunque non sa, qual'altro riformismo, nella sua pratica, sia stato, altrove, meno scemo o scellerato di questo. Che non è - neppure per l'Italia - nel giudizio di Tullio Co– lucci - il più scellerato e il più scemo. Il resto del carlino tocca ai destri e a lvanoe Bonomi. Pure è da questo riformismo, degeneralo prima di essere, deserto d'ogni idealismo morale, che non sente la classe, che accresce le disparità; è da que .. sto riformismo senza fede e senza progràmmi, bran– colante, apatico, cronicamente ottimista, vuoto d'a• nima e che semplicemente ig.norò il socialismo ... è da esso che l'amico nostro spera il rifiorire del socialismo e la nuova coscienza teorica che lo rie– levi alla grande luce della storia. Quale coscienza teorica, se di quante teorie socia– liste furono e saranno egli ha scritto la condanna, e decretata invincibile l'ìnanità? Se per lui (veg– gasi il paragrafo: Il socialismo di Marx) la stessa proprietà collettiva non è che una mistica frase lu-. singatrice, e gli appare fatalmente perenne la lotta delle classi, lo sfruttamento dei più deboli, la dila– cerazione sociale, {in che duri l'uomo e la storia? Non si allegrino degli sdegni del nostro censore le vestali purissime del classico presagio collet– tivista; nè i dogmatici- cust,odi della intransigenza, a cui gonl ia le vele in quest'ora il ghibli che venta gagliardo dalle libiche dune. _Ma leggano più oltre il giudizio di lor sterili beghe, la ojjerta cittadi– nanza nel socialismo a tutte le varietà della tattica, a tutte le transigenze, le collaborazioni, gli accordi. « Chi paventa pel socialismo, non ha [i'.ducia nel socialismo, nel suo socialismo, in se stesso. La Tebaide è dispersa.· Il programma massimo- è tras– fuso nel programma. minimo ». Le velleità rivolu– zionarie, che tutti possono avere, sono la parodia della rivoluzione - e la contralf azione del socia– lismo». Qui di nuovo il riformismo si redime e trionfa. Come? a che patto? A patto - questo dice il libro, e con questo si apre e con questo si prosegue e si e/riude - di un grande, di un prodigioso rinnovarsi, nel partilo e nel proletariato, di cos.cienza e di volontà. I.a virtù del socialismo, che non è nei fini e nei risu./– tati, ignorali od irraggiungibili, è nei valo,·i etici, nell'idealismo etico che la classe proletaria sappia in sè · suscitare, 11el/a attuosa volontà che sappia sprigionare da sè. La volontà consapevole crea il socialismo; meglio, la volontà è lo stesso sociali– smo; o il socialismo non è. I crede11li, ove intoppano nell'ignoto, po11gono un nome: dio; e si chelario in quel nome, in quel suono. Ma Sata11asso sogghigna: « e di là? e pri– ma di lui.?». D'onde sorge e come si suscita cotesto prodigio della volontà? Leggasi al li Capitolo la critica mor– dace del volontarismo sindacalista. « Occorre vo– lere, per poler ;volere. Il circolo vizioso è evidente; e il tentativo è' vano ». Ripiombiamo nel caso : anagrammn del cao1,; equivalente del buio pesto e del 11ulla. Ah! come lo sperimento di così audaci allale11e ci riconcilia col nostro « piccolo socialismo » alla buona! Il quale - se dipendesse da noi soli .:..... cosi poco si curerebbe di ascendere le sublimi vette del– l'astrazione e della sintesi, per saggiarsi e per ri– conoscersi; non ne avrebbe il tempo, ta11to sal'ebbe aflaccendato al piano! Perocchè esso non chiede alla volontà proletaria - che è ciò che può essere - miracoli ins·ueti, nè almanacca la rivoluzione etica della storia e del mondo. Lo appagherebbe - e glr, parrebbe suffi– ciente a' suoi scopi, al suo graduale ma sicuro pro– gresso - la vittoria di un beninteso utilitarismo, di un solidarismo ragionevole, di un discretamente dif– fuso ed accorto « senso comune ». N è si accende di sdegno contro la conquista delle « immediate utilità»; che sono il viatico della ascen– sione laboriosa. Nè lo sgomentanQ i vantaggi con-

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