Critica Sociale - Anno XXII - n. 9 - 1 maggio 1912

.. CRITICA SOCIALE' 133 IL SOCIALISMO DI MARX V'è 1111 obbicLLivorapporto di dipendenza f('a Ma_rx rlloso[o e .Marx socialista, fra la filosofia e il socia– lismo di Marx? In altri termini: dove, in Marx, fi– nisce la scienza e comincia la fede? E quanto il so– cialismo cli luii appartiene alla prima più che alla seconda, 6 prodotto cli scienza più che atto di fede? Già vedemmo. Marx, partendo dalla filosofia, cre– dette di convertire la storia •in scienza e il socialismo in storia. Il socialismo pareva appunto inserirsi, al posto suo naturale, nel gra~ ritmo dell~ cos~, come Lappa ~icur~, se non pr:c1sab1le, cl~~lm~1~1topro– cesso chaleLL1co della stona umana. L mtu1z1one filo– sofica diventava certezza scientifica, allorchè si scen– deva a considerare la legge cli sviluppo della so– cietà borghese. M.a far ciò era fors'anco superfluo, era quasi un eccesso cli zelo. ~astava. dunque _la no– zione indistruttibile dello storico avv1cendars1 delle classi sulla ribalta del mondo e di una forza operosa, la lotta cli classe, affaticante di moto in moto, senza stanchezze e senza abbandoni, la interminabile cor– rente umana. E la società borghese sarebbe ca– duta, come sono ruinate le società che la precede– rono; una nuova era sarebbe sorta, pel mondo; un'era cli giustizia e d'uguaglianza : il socialismo: Mercè una sommaria indagine delle tendenze d1 sviluppo della società odierna, e condotto da q1:1el tanto di necessità storica racchiusa nella « reale dia– lettica», Marx ha 1 potuto ritenere di aver « provato >> due cose: la progressiva valorizzazione del prole– tariato e la possibilità obbiettiva del superamento riel capitalismo. Pu~e? penchè abbia_in sè già _aperto il varco alla « prev1s10ne », la stona, fin qm, può, in certo modo, apparire ancora come storia: il _s~– cialismo ancora non c'è. Ma, allorchè la poss1b1- lità, da obbiettiva 1 inerte, indifferente, ci si mostra, per virtù del proletariato, attiva, cioè si conver~e in probabilità, e poi in certezza, come recante m sè un avvenire circonfuso d'ideale, sfolgorante di riflessi etici, quasi assoluto travestito da relativo ed eterno mascherato da contingente, onde aver diritto d'accesso e di successo nella vita e fra gli uomm1, allora la filosofia cede il' posto ai moti dell'anima, allora muore la «scienza>> e nasce la fede: nasce il socialismo. Nella concezione storica di Marx c'è come un hia– lus, che soltanto la fede ha potuto colmare. Marx spezza la storia in una preistoria, cui è propria la lotta di classi, ed in una storia propriamente detta, che comincia soltanto col socialismo : ma dalla pri– ma alla seconda c'è un'evidente soluzione di conti– nuità, che noi non riusciamo a superare, se non facendo appello ud elementi estranei a quelli cui abbiamo di solito ricorso per spiegarci questo com– ,plicato arruffio «preistorico>>. Marx scopre un ritmo nella «preistoria», cioè una legge di movimento, ch'è insieme un filo conduttore. E noi assistiamo infatti alla concatenazione di successive lotte di classi, in ciascuna delle quali gli «oppressori>> sono, di solito, gli « oppressi>> della fase antece– dente, che, rotte le catene della propria schiavitù, son divenuti « classe dominante». Così, ultima– mente, la borghesia: la quale, distrutta la feudalità, ha creato, per contraccolpo, .la sua classe soggetta: il proletariato. L'applicazione del ritmo marxistico è qui lucidamente esatta. Ma ecco che• la rivoluzione proletaria distrugge, con la «preistoria», tutta la « scienza storica» di Marx. Infatti il proletariato, con la propria rivo– luzione, non si limita a liberare se stesso; ma, dice Marx, « liberando se stesso, libera insieme tutta la società>>. Il ritmo subisce··un brusco arresto; la scienza s'infrange improyvisamente. · Noi :ci· t~ovia– mo di un sùbito sbalzali dal regno della finitezza e della « legge >> a qu~llo dell'ind_eter_minat~zzae del– l'arbitrio; per cui siamo trasc111at1 .a nconos,cere in Marx lo scienziato della « preistoria », ma 1uto– pista della «storia>>, La «società>>: è ben questa la parola, tant~ volte derisa da Marx e ,della qu:ile eo·l! non ha mai fatto uso, che spunla ali 1mprovv1so 1f dove lo scienziato cede il posto all'uomo di fede. Dal proletariato che libera se stess? al prol~tariato che libera la società: è un vuoto mcolmab!le; co– m'è incolmabile il vuoto che separa la scienza dalla fede. Non giova che Marx cerchi di spiegare il pr?di– aio svelando le virtù miracolose· della proprietà ~olÌettiva, rispetto ai vizi insanabili della proprietà privata. « Proprietà collettiva >>è pur sempre una formula vaga, la quale seduce in virtù appunto della sua mistica imprecisione e del suo mal celato ed innegabile contenuto etico. In realtà e in fondo, essa non può essere che: o proprietà cli St~to, e allora (salvo che questo non as·sumesse - ciò che pur minaccia cli·fare - la funzione di Stato capi– talista, perpetuando, sia pure a beneficio del resto della società, i fasti del capitalismo nominalmente distrutto) i gruppi op~rai, attraverso lo. Stat?, ·_ti– ranneggerebbero la società; oppure proprietà d1 Sm– clacati op~rai,, e allora (po~chè l_ac~as_selavo_ratnce, quanto più s allontana da suoi tnsh albor!, t~_nto più resta, come «classe», un dato della teoria) l 1~: mancabile conflitto e l'instabile prepotere di' essi si risolverebbe in danno dei rimanen'ti gruppi so– ciali. In ogni caso, è facilmente prevedibile èhe' i lavoratori non formeranno 'l'unica classe dell'avve– nire, non assorbiranno, cioè, com'è facile illusi'qne della fede, l'intera società, nè coincideranno con essa; ma, cli fronte alla loro « classe >> - in largo senso « dominante>> - altre classi verranno, ed aggregati economici diversi,_ di vari_a entità e. t~h– denza, combatteranno per 11 proprio predomm10. Oltre agli ardenti conflitti - in cui saranno pur anco vincitori e vin'ti - fra i vari Sindac,ati mo– nopolistici, esponenti d'un novello corporativismo, una lotta, fra le altre, sarà forse destinata, nell'av– venire, a farsi gigante, presentando vicende impo– nenti e resultati imprevedibili: la lotta fra produt– tori e consumatori. E senza dubbio, nel calore delle nuove dilacerazioni, che il proletariato (o la élite proletaria) creerà con la propria vittoria, una nuova classe di sfruttati prenderà corpo e vita e anima, e si solleverà in moti di riscossa e di ·rivendicazione, che saranno la vivente tragedia della società ·fu- tura. · Ma ogni ipotesi qui è vana. Piuttosto, trala– sciando la folla delle rappresentazioni clé' possi– bili conflitti sociali, che la vittoria proletaria non varrebbe a scongiurare, anzi, in gran parte, da sè scatenerebbe, si può dire ch'è impensabile, ·co– me praticamente possibile, una società, con c·on– torni pressochè definiti, e situata allq sbocco di questa che noi ben conosciamo, la quale sia esente d'ogni contraddizione e pura d'ogni lotta; è impen– sabile una storia che non sia più storia. Dopo aver seguito la « prosa >>cli Marx, nella interpr etazio ne realistica degli evi che ci han preceduto, il.òi' mal ci acconciamo a pensare ch'essa diventi d' un tra tto «poesia», e che vittoria del proletariato possa' ~i-· griificare la· fine 'della dialettica storica e il prin– cipio d'un nuovo mondo, d'una ·nuova umanità. Eppure Marx ciò pensa e dice. La filosofia di Hegel, la « scienza storica», la diàiettica econo~ mica, con cui egfi ha sì potentemente illustrato il corso degli eventi umani, si 'dichii:l,rano ora inca– paci di. proseguire la loro utile funzione, e s'arre– stano spaurite, rifiutandosi di oltrepassare· l'arco

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