Critica Sociale - Anno XXI - n. 21 - 1 novembre 1911

CRITICA: SOCIALE 333 nel tempo, dei prezzi del materiale e della mano d'opera, del saggio degli interessi dei capitali, del tasso delle pigioni, ecc. E si consigliano perciò e- sperimenti locali, limitati. Il Balducci mira invece — e solo in questo veramente ha fede — ad una effettuazione molto più vasta, e per essa chiede au- silio alla legislazione, dalla' quale vorrebbe imposto, per tutte le locazioni di abitazione, un uguale si- stema di pagamenti con deposito di garanzia, que- st'ultimo da convertirsi in titoli speciali, emessi da un apposito Istituto, e nei quali la Cassa di rispar- mio e le Banche analoghe dovrebbero investire una tenue quota-parte dei rieparmii loro affidati. L'indole e lo spazio di questa Rivista non ci con- sentono specificazioni e discussioni diffuse intorno a cotesto progetto, la cui ultima forma il Balducci consegnò ad un opuscolo che sta sotto i torchi. A cotesto opuscolo rimandiamo gli studiosi della materia. Può servire tuttavia a offrire un'idea, più forse dell'Autore e delle sue finalità che non del congegno tecnico-contabile da lui escogitato, riprodurre la prefazione, che scrisse, per l'opuscolo in discorso, uno' dei nostri più frequenti collaboratori. La dia- mo, appunto, qui sotto. La C. S. Lo scrittore delle pagine che seguono si presenta in veste di contabile, di computista, di logismograf o; irto di numeri, blindato di tabelle, farcito ed ovattato di grafici; nello zimarrone, insomma, dell'uomo-cifra. Ma non è che uno zimarrone. Dentro, come larva nel bozzolo, sta il perfetto « vicever,sa » di tutta cotesta prosaica e repellente mercanzia. Sta il sognatore, il passionale, l'utopista, il poeta. Sta — diciamo tutto in una parola — l'innamorato perfetto. Di chi? di che cosa? Dell'idea; della sua idea; di questa e di altre. Ma, in prima linea, di questa. Dal giorno che Sigismando Balducci, personaggio, l'abbiam detto, di molti. numeri, e degnissimo impie- gato nelle ferrovie — allora non peranco « ceduto i allo Stato — concepì il curioso pensamento che l'uomo a differenza degli altri animali... — mi correggo su- bito; a perfetta loro somiglianza: della talpa, del gril- lo, della formica, che hanno il loro buco; della rondi- nella e dell'aquila, che hanno il loro nido; dell'ape, che ha l'alveare; del leone, che ha la caverna; del bruco, che ha la sua corolla, e perfino del verme soli- tario, che ha il suo budello —; dal giorno, dunque, ch'egli constatò come anche l'uomo ha biWogrio di una casa, di una sua casa, per rifugiarsi, per raccogliersi, per pensare, per amare, per ricordare, per soffrire, qualchevolta anche per morire; e che questa, all'uomo incivilito, alla donna, al bimbo, al vecchio — sopra- tutto al vecchio — è tanto necessaria quanto il bere e il mangiare, e anche a queste materiali necessità to- glie' il carattere bestiale ed aggiunge pregio e sapore umano e sociale; — e vide, guardandosi d'attorno, tanta folla di genti umane affaticate — in quest'epoca di progresso; vertiginoso e di... vertiginoso caro-viveri — cercarla, supplicarla invano, la casa luminosa, sa- lubre, sufficiente, la casa onesta e civile, e perciò, sol- tanto perciò, indugiarsi nei trivii, attardarsi nelle bet- tole, indi addensarsi nelle stamberghe, - curvarsi nelle soffitte, ingiallire e anemizzarsi nei «bassi o e nei re- trobottega, o disperdersi, quando cala la notte, negli ospizii, nelle locande da sei soldi, nei cosidetti « al- berghi popolari », se non anche inerpicarsi sui fienili, o accosciarsi nei vani dei portoni, sulle scalinate, Se- gli angiporti; — da quel'gierno, Sigismendo Balducci non ebbe pace. La sua mente, il suo cuore, tutta la sua anima — pensiero, sentimento, fantaSia, volontà — fu presa, posseddta, dominata, polarizzata, da e verso un solo ideale, divenutogli alimento quotidiano e ragione di vita: — procurare a tutti 'Una casa; una eaea lieta, ri- posante, suaditrìce di pace, di affetti, di buoni pen- sieri. Una dimora da cristiani, e noli un covo o un covile; nella quale la gente non si sentisse imbotti- gliata, non vivesse urtandosi e prestandosi il fiato a vicenda, o gli uni entrando negli altri come ì tubi di un canocchiale, e imparando a detestarsi, e a' odiare la convivenza — per eccesso della medesima — come avviene al pollame, stretto pigiato nella stia. La -casa, la Casa, la casa! — fu il suo motto, il suo incubo, il suo delirio. Ricordò,, per l'appunto, di avere in,sè l'uomo-cifra, l'uomo-formula, l'uomo-tabella; e lo chiamò alla ri- scossa. Forse gli sovvenne altresì di essere inquilino egli stesso — e padre beato di prole numerosa, tanta- mente provvista di appetito — benedizione del "cielo, che però non gli agevolava il còmpito di annodare, mese per mese, il conto del fornaio e il debito della pigione, col peculio avariiccio' che gli passa l'Ammi- nistrazione. Certo, meditò sul raffrònto delle" vecchie costruzioni edilizie e delle recenti, e si chiese, non senza uno scatto dì generosa indignazione, perchè mai il pullulare di queste, scambio, come parrebbe naturale, di scemare il fitto alle prime, anzi, in effetti, riesca ad inasprirlo, rimbalzando il proprio costo maggiore Sul valore di scambio delle antiche, e pro- cacciando ai proprietarii di queste un perpetuo succe- dersi di terni al lotto, e ai rispettivi inquilini una gra- gnuola implacabile di legali sul capo. Molte altre cose meditò, ch'io qui non riferisco, per riguardi molteplici di discrezione — non ultimo que- sto: che profondamente le ignoro. Ma, da tutte assieme, ricavò il Convincimento, che, come in tutte le espressioni del capitalismo, così an- che in questa dell'azienda abitatoria, affidata al libito licito dell'interesse privato, è un germe di interiore anarchia, una e assenza di piano"», un perpetuo con- flitto tra interessi, che avrebbero cento ottime ragioni di convergere e cospirare. Onde uno sperpero assurdo, colossale, di energie e di ricchezze, che si abbatte sul- la gente sprovvista e faticata che più avrebbe bisogno di un tetto, mentre non procaccia vantaggi ad alcu- no, nè allo Stato, nè al Comune, nè ai proprietarii; tutt'al più, qualche soldo alle tasche dei parassiti, che impinguano sulle jatture comuni: bettolieri, usurai, farmacisti, preti che dicono le esequie, becchini. Allorehè a Sigismondo Balducci riesci., o gli parve, di avere afferrato il bandolo di quel groviglio, dev'es- sere stato un attimo di gioia suprema; ma fu anche — non l'imaginaval — la sua dannazione. Perocchè — e sol; oltre dieci anni — allora la sua cattura » divenne definitiva. Fu lo schiavo e la vit- tima della propria scoperta. A risolvere il groppo, gli convenne separare filo da filo, rallentare un nodo dopo l'altro, passarvi e ripassarvi il bandolo, senza mai venire a capo di liberarlo; come accade colle ma- tasse arruffate dal gatto, che, a svolgerle, c'è da per- dere insieme la pazienza e il cervello. Balducci, evidentemente, ne aveva di ricambio! Scimurietto che, a disporre in fila, longitudinalmen-

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