Critica Sociale - Anno XXI - n. 5 - 1 marzo 1911

RITICA SOCIA.tm 75 da un istinto fatale ed irresistibile, assicurata la propria conservazione, lotta per elevarsi ( 1 ) - non nega, nè può negare in alcun modo la coincidenz9:, in un momento dato, d'interessi economici e morali appartenenti ad una somma determinabile d'indi– vidui, nè perciò può negare l'esistenza, sempre in un momento dato, d'un sentimento, d'una volontà, di un'azione comune, collettiva, cioè cli classe. Non perchè la classe non sia qualcosa di rigido e di chiuso, conviene negarla: no. Se anche, dalle file del proletariato, molecole si dipartano, che la bor– ghesia assorba ed in sè confonda, ciò non toglie af– fatto che quello esista come classe; al pari di ogni tutto omogeneo, che non cessa d'esser tale, benchè travagliato da perpetua crisi di rinnovamento: sia esso un sole incandescente, sia un corpo organfazato 1 sia la stf.-'ssa psiche umana, che, per J'aurora delle nHove acquisizioni e il contemporaneo tramonto delle vecchie, ad ogni istante, e senza discontinuità di vita, muore e rinasce, gellerandosi di sè in se stessa. Che il feudalesimo sia stato nna casta e la bor– ghesia ,ora sia una classe, significa solo che il primo era chiuso e la seconda è teoricamente aperta alle individualità che possono penetrarvi. Ma ciò non elimina, nè può eliminare la realtà della classe e .della lotta di classe: come non possono distruggere la realtà degli eserciti nemici e della guerra, le di– ~erzioni o le individuali amicizie fra molti degli av– versari combattenti. I bastioni, che cingevano la rocca del feudalismo, non dovevano essere che per– forati ed atterrati : e la borghesia li perforò, vi entrò, tutto sovvertendo, e finalmente li abbattè. Il suo còmpito fu pura.mente negativo, di distruzione. Poichè ella non voleva che " laisser faire, laisser passer "' non ;voleva che libertà: e fu grande nel procla!narla, e fu somma nell'attuarla: i lavoratori lo sanno. Al proletariato incombe invece altro ufficio. La libertà non è un ostacolo che possa distruggersi; non è un'acropoli, che possa espugnarsi. Essa è un non-ostacolo, è la tabula rasa. su cui si svolge ed impazza la mischia e su cui gli individui, che non abbhm le gambe fasciate d'oro: i " deboli " e gli " incapaci "' scivolano e cadono. E' vero. l\Ia è vero pure che, per necessità economica e storica, nel pro– letariato non è più l'individuo, ma è ormai la classe organizzata, che si avventura nel folto, per lottare ed ope!'are. L'efficienza ciel lavoratore singolo - se mai egli ne abbia alcuna - vauisce, per dar luogo a quella della classe. Ma questa può ben tenersi in piedi. E 1 su quel nudo terreno, può bene costruire: poichè, economicamente, essa non ha niente da ab· _battere, ma tutto da edificare. E le sue opere - che son ba.luardi d'offesa e di difesa, e centri di aggio• merazione d'istituti futuri - già si disegnano al– l'oriu.onte, sotto gli aspetti più umili e nelle forme più spontanee d'associazione e di cooperazione: primi nuclei di organismi compiuti, attraverso i quali l'edo· nismo cli classe si ricongiunge e si fonde con ·l'edo• nismo dell'individuo. 'J'UT,UO COLUCCI. (') ARS~NE DU.MONT: Dépop1tl(ilton et civiUsafiOII, Mtuctc ctémogra• ph1que. Parls, 1890. Avete le prime tre annate? L'Amministrazione della Critica è disposta a ricambiare con una qualsiasi successiva minata, r-ilegata, oppu1·econ un anno d'abbonatnento, l'inVW che le venisse fatto della 1a, 2a o 3a annata (1891, 1892, 1.893) d1, Critica Sociale in bu,onostato di comwrvazione. Biblioteca Gino Bianco· FRA LIBRI E RIVISTE PrecU/J"l'O'J'i del socialisuio 1n..ocle1•1io. Sergej Prokopovitsch pubblica, nei Sozialistù;che Afonats– hefte (N. 0 26), un interessante articolo sulla " critica socialista dell'ordinamento p1·ecapitalista ,,. Egli osserva che la critica socialista della società non è qualcosa di immutabile, ma bensì muta colla evoluzione delle con– dizioni sociali e della teoria socialista, quantunque si possano fissare alcune idee direttive, che costituiscono il carattere distintivo tra la critica socialista e quella non socialista. Tutti i socialisti, salvo poche eccezioni, criticano Por.– dinamento esistente dal punto di vista dell'interesse della personalità, del completo soddisfacimento dei suoi bi– Rogni e della sicurezza delle condizioni d,el suo f;Viluppo fisico e psichico. Fanno eccezione Platone e quei socia– listi più moderni, come Campanella e Rodbertus, che sono sotto la sua influenza. Per essi gli interessi dello Stato sono preminenti e la personalilà umana non ba valore autonomo. I socialisti moderni, da Moro in poi, nella loro critica dell'ordinamento sociale, trovano nella contraddizione tra L'ordinamento sociale e le es igenze della persooalità la fonte di ogni male socia.le . l\[oro vede in ciò la causa del furto e di altr i delitti; e lo stesso Rousseau afferma essere, non già il denaro, ma la proprietà privata, la causa <li tutti t mali sociali. An· che .Morelly chiama la proprietà. privata la "madre di tutti i delitti n; nega all'uomo idee o disposizioni in– nate; e lo dicbiara un prodotto dell'ambiente sociale; da questo momento, il principio rlel detenninismo so– ciale nella natura etica dell'uomo diventa parte defini– tiva. delle teorie socialiste in Francia. 'l'utta la critica socialista dell'ordinamento esistente parte da questo determinismo sociale. E non solo la critica dOcialista, ma anche ogni indirizzo sociale, che miri ad una riforma sociale o politica; percbè, se il male sociale avesse il suo principio uell" stessa natura umana e aves:,e per causa una forza estrinseca alla so– cietà, le riforme sarebbero inutili. Il r;ocialismo si di– stingue dalle altre correnti sociali in ciò, che esso scorge In causa principale dei mali sociali nella proprietà pri– Yata. Così affermarono tanto Moro, quanto M,trx. l\la. la proprietà capitalista non è, per i socialisti, clJAuna delle forme storiche della proprietà privata. Dal tG 0 al 1s 0 se– colo essi, con Morelly e Meslier, criticano le Forme pre• capitaliste della proprietà privata; nel 19 9 secolo le forme capitaliste. Le idee socialiste non sono dunque affd.tto il prodotto del capitalismo. Però i socialisti del 16°, 17° e 18° secolo non avevano ancora coscienza del!o sfruttamento diretto del lavora– tore da parte dei detentori dei mezzi di produzione; e .Meslier, pur affermando elle tlltti i potenti della terra ,,ivono del lavoro dei poveri a cui i ricchì sottraggono il frutto del loro lavoro, uon annovera fra i potenti nè commercianti nè imprenditori. Lo stesso Moro, cbe pure rileva già lo sfruttamento del salariato da parto clel– l'impreoditore, non sa aucorn distinguere lo sfruttamento diretto del salariato rla parte del padrone, dallo sfrut– tamento del contadino e dell'artigiano, cioè del piccolo produttore indipendente, mediante le imposte feudali o statali. Per questi soci1tlisti 1 la produzione ha nn carat– tere tradizionale e stazionario, non progressivo, e così lo sviluppo delle forze produttive non.è per essi nè una premessa nè una conseguenza della rivoluzione sociale. Però il Moro rileva già il carattere di classe della giu– stizia; idea ripetuta più tardi da non socialisti come Rousseau e Necker, ·e da Babeuf; e .Moroe Necker no– tano la. concentrazione della proprietà nell'agricoltura. Da tutto ciò appare, conclude l'Autore, come i lati negativi dell'ordinamento sociale rlel 16°, 17°, 18° secolo offrivano materiale alle idee socialiste dell'epoca (ine– guaglianza economica, concentrazione della proprietà, giustizia di classe, Stato di classe). Gli odierni socialisti, che si basano quasi esclusivamente sui fenomeni del capitalismo, non fa.uno che sviluppare le idee dei socia– listi dei secoli passati. Il capitalismo non è il padre del socialismo. La critica della parte negativa della pro– prietà privata e la idealizzazione delle forme esistenti della proprietà collettiva, il socialismo insomma, è pensa– bile in tutti i gradi dell'evoluztone economica.

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