Critica Sociale - Anno XX - n. 2 - 16 gennaio 1910

22 CRITICA SOCIALE ILPROBLEMA DELL' EMl6RAZIOff E IV. Effetti economici. lJunnJo si parla <leigrave perturbamento demografico che U prodotto l.lnlPemigraziono; quando si A"eLtaPnl– l'arme per Fcsodo degli uomini vnli<li 1 e 1-!i contnno con apprengione le donne, i vecchi, i bambini che restano a cn.sa. si ha spesso l"aria di dire - ove non si dica in modo esplicito - che i primi abbandonano i secondi, lasciandoli a cai·ico .Jelln madre patria. Da tale coucetto partiva di sicuro quell1altro Sindaco calabrese, intervi– :-tato da Adolfo Rossi; il quale, tuonando fieramente contro la mania emigrato,·ia, concludeva che sarebbe da proibire la partenza almeno a chi IAScia In moglie e i figli nella miseria. La proposta, nella sua ingenuità, tradisce lo spirito poco sereno con cui i l'lignorotti del Mezzogiorno di– :-:corrono e gindicnno d 1 emigrnzione. I....aloro parzialità è tnnta, che non riconoscono come i lnvoratori ~alpino per lidi lontani, si facciano esuli volontari, si buttino disperatamente alla ventura, appunto 1>er sollevare se stc~si, le mogli o i figli dalla miseria. E non compren• dono nemmeno che, se, por non essere accusati di ab• bandono, dovessero gli emigranti portilr con sè la. fa– miglia. oh allora sì l'emigrazione costituirebbe per tutti, per chi parte e per chi resta, per i privati e per il pMse, una vera as::ioluta passività. Le statistiche, certo, apparirebbero più ottimiste, l'im– pressionnnte squilibrio nei sessi e nelle età sparirebbe d 1 incanto 1 nè ci sarebbe più da piangere sulla selezione alla rovescia causata dal fenomeno emigratorio. :\In cou– temporaneamente si spezzerebbe o quasi ogni legame tra In patria e le colonie i l'incremento naturale della popolazione non basterebbe più a colmare le crescenti lacune; le braccia partite sarebbero in massima parte perdute per :(empre, e i risparmi dei pochi ritornati, non solo complessivamente ma anche singolarmente presi 1 scenderebbero molto al disotto degli attuali, perchè Pemigrato con famiglia è il pii1 povero, il più tapino degli emigrati, come una compclente in materia. la scrittrice Amy A. Bernnrdy, ha dimostrato in un~ interessante relazione ( 1 ). Costretto a spendere tutto quanto guadagna, impossibilitato dalla ctt.tena che si trnscina al piede a spostarsi rapidamente e frequente– mentA secondo le mutevoli esigenze del mercato del lavoro, conduce vita stentata, accontentandosi di parchi salari, e, per non soccombere del tutto, deve fare as– segnamento sulla cooperazione delle sue donne e dei suoi figli, senza riguardo all'età, obbligandoli il giorno a estenuarsi nelle asfissianti fabbriche, la notte ad am– massarsi negli orribili retro-ca:;a degli enormi tene– meni$. ... 8snminando dunque le cose dal punto di vista eco– nomico, appaiono sempre pil't attenuate le tinte fosche del problema ~etnografico, per i motivi accennati, e per un altro d1 ancora maggiore importanza. . k curiosa invero l'ostinazione con cui gli emigranti giovani e validi vengono considerati, solo perchè gio– vani e \'alidi, come enormi forze produttive, come {1) L'•migi•azio11• delle donne ., dei fanciulli ilalioni, nolla Norlh .4tlonlic Di11ision,StAU Uniti d'Amor!Ofl, RelRzione pubblio"tn nel Bolldlino d~ll'Emipro:ionfl. 1909, X. 1. grandi ricchezze, come ingenti capitali furati al paese, anche quando è notorio che in pae,;e codeste forze fruttano poco o niente per sè o per gli altri. Data infatti la disoccupazione intermittente di cui sotfrono buona parte dell'anno i lavoratori meridionali (sono e~si - t! superfluo ricordarlo - che dimno il massimo contributo alremigrazione transoceanica, cioè alla vera e propria emigrazione, e perciò a loro limitiamo in g@– nernle le nostre osservazioni); considerata inoltl'e la magra mercede che quei lavoratori percepiscono quando la disoccupazione cessa, è di scarsa importanza, eco– nomicamente parlando, che siano, grazie al cielo, in buone condizioni fisiche e in venie ett\ 1 an:r,i ò dn rim– piangere, come si rimpiangono le ricchezze ammassate nello scrigno dell'avaro, che energie CO!ili importanti restino del tutto o quasi inutilizzate. Ed è curiosa pure la differente impressione che, in molti fra gli allannisti dell'economia nazionale, suscita l'emigrazione dei capitali paesani 1 quando questi, an– zichò immedesimarsi in persone di carne ed ossa, re– stano allo stato greggio di metallo prezioso o tutfal pii1 si trasformano in cambiali ed azioni. Allorn 1 pas– sino pure liberamente il confine e vadano in mani e tasche straniere, che molti di coloro, i quali vedono nel– l'esodo dei la \'Oratori la rovina d'Italia, non troveranno niente a ridire. Un maligno osserverebbe che In diffe– renza dipende da diversiti\ d'intere~se; noi, che maligni non siamo, crediamo dipenda da una pura illu~ione ot– tica, e ci basta far rilevare, ll chi non ha le traveggole, come i due movimenti, quello del cnpitaleMuomo e quello del capitale propriamente detto, siano sostanzialmente gli stessi. .E, sostanzialmente - lo dichiariamo subito - pro– ducono gli stessi effetti benéfici. 'L 1 utte le atti vita, che si portano dove possono ottenere In massima rimune– razione, giovano e non danneggiano 1 in generale. il paese d"origine, indirettamente quand·anche non diret– tamente, perchè 1 dato il maggior i.ncremento della ric– chezza che co~i producono, e date le inevitabili inne– gabili ripercusifioni economiche, esse finiranno per far aflluire in patria pill di quanto non le hanno sulle prime sottratto. Ciò è verissimo pei capitali propria– mente detti - dei quali, peraltro, l'Italia sarà ancora per molto tempo più importatrice che esportatrice - ; ciò è egualmente vero per i capitali umani, dei quali l'.lb,lia è attualmente, e sarà. per Un pezzo, il maggior emporio. Basta, anche a questo riguardo, interpellare le cifre. t 8tnto computato che, dui soli Stati Uniti, e per esclusivo effetto dell'emigrazione, arrivino ogni anno in Italia da G2 a 70 milioni di dollari, ossia da 310 n 850 milioni di lire ( 1 ). Calcoli precisi non è cer– tamente possibile farne i ma anche da altri dati che possediamo si ricava in modo. sicuro che rilevante è la somma dei risparmi inviata annualmente in patria dai nostri emigrati. Ad esempio, dal 190-2 al 1906, passa– rono pel solo Banco di Napoli rimesse di emigrati am– montanti a 181 milioni, e a 88 milioni e me1.zo iu un unico anno, nel 1907. Questi milioni sono il frutto degli alti salari che i nostri lavoratori percepiscono all'estero, e del loro eccezionale spirito di risparmio. Interessante, in proposito, la seguente statistica d'uno scrittore ame– r~cano,riportata nella Relazione dell'on. Ferraris, che già citammo i da essa si ricava il numero e l'ammontare dei vaglia postali spediti dal 1900 al 1906 dagli Stati Uniti in alcuni Stati d'Europa:

RkJQdWJsaXNoZXIy