Critica Sociale - Anno XX - n. 1 - 1 gennaio 1910

CRITICA SOCIALE iu permanenza un numero ùi navi assai superiore ai nostri bisogni. E ancora un altro riflesso è da fare. Le navi destinate al trasporto degli emigTanti sono specia– lizzate e difficilmente possono essere distolte da questo traffico e destinate ad altri, pei quali siano economicamente adatte. Ma la nostra emigrazione, che oggi oscilla in media fra 300 e 400 mila, po– trebbe diminuire negli anni venturi, allo stesso modo come, nell'ultimo Yentennio, è fortemente diminuita in Germania. E, in queste condizioni, trattandosi rli nn movimento che, nelle proporzioni attualì 1 è assai recente e che non può dirsi iu al• cun modo consolidato, conviene forse al nostro paese provocare un notevole investimento di capi– tali, i quali possono essere ain.mortizzati iu 15 anni o 20, e non hanno possibilità pratica di trasleri– mento? Conviene immobilizzarli in tale investi– mento, quan<lo manca una larga p1·obabilità che si tratti di un traffico il quale durerà alm·eno fiuo a quando le navi non siano ammortizzate? Ma, sopratutto, per metterci dal punto di vista dei sostenitori della tesi che noi esaminiamo, è da considerare che il trasporto degli emigranti rap– presenta soltanto una pade del traffico marit• timo. Perciò, anche se noi ottenessimo di far au– mentare il numero dei nostri piroscafi da passeg– gieri, ciò non avrebbe alcuna influenza. sulle altre parti dei traffici marittimi, e potrebbe giovare soltanto a. quella porzione di capitale, nazionale od estero, che sia investito nelle navi actrlette al trasporto dei passeggieri. Se le linee fra l'Italia e l'America fossero solta.nto italiane, non per ciò sarebbe rafforzata la posizione della nostra ban• diera nei traffici costieri. in quelli del Mediterraneo e dell'Estremo Oriente. E quindi questa forma di protezionismo presenterebbe, oltre agli altri incon– venienti, quello <li non essere rispondente ai pre– supposti dai quali parte, e cioè al desiderio di raf– forzare la nostra bandiera nella concorrenza inter• nazionale, pei traffici commerciali che più interes– sa.no al nostro paese. ,,.*,,. Ma la questione è da esaminare da un punto <li vista. assai più elevato. La merce speciale uomo, che trasportano i vet– tori di emigranti, non può essere abban1ioua.ta alle ingor<ligie dell'industrialismo. La nostra legisla– zione accortamente è intesa a proteggerla e difen– derla anche e sopratutto dagli imprenditori di trasporti. Ma è facile prevedere che, quando aves– simo limitato la concorrenza, espellendo le Società estere e dando incremento alle poche Compagnie nazionali che attualmente trasportano gli emi– granti, noi avremino messo i nostri lavoratori, che vanno in cerca di lavoro, in balia delle Società marittime. L'azione dello Stato e òegli organi di esso de– stinati a moderare gli appetiti delle Compagnie sarà tanto meno efficace quanto più queste sa.rauno forti e avranno una. condizione di monopolio. Il monopolista, per legge economica, rlomina sempre il mercato che ad esso è stato affl.rtato, e, man– cando gli stimoli della concorrenza, diverrà. ognor più difficile l'azione dello Stato. Ect è per questo riflesso sopra.tutto, che i propositi di monopolio della bandiera nazion&le debbono essere cousirle– rati1 sotto ogni rispetto. come nocivi e condanna– bili, e tali rla importare un notevole regresso cle!IA. nostra legislazione, la qua,le, clieci anni fa, nel contrasto fra gli interessi <lelle Compagnie e quelli dei lavoratori, affermò il principio che questi nl• timi interessi non debbono essere subordinati agli altri. Bisogna dunque reagire contro queste tendenze che - pur presentandosi in veste discreta ed onesta - costituiscono un'insidia del capitalismo marittimo. E non deve essere tollerato che esso tragga i milioni, cui anela, dalle spremute risorse dei lavoratori eh.e emigrano, rinnovando i fasti <li quello sfruttamento durante il viaggio marittimo, che ormai appariva e deve rimanere un ricoriio <li altri tempi. VIATOR. Raccomandiamo di gran cuore ai lettori amici. i, ,w!tri abbo11ame11ticumulativi - con l'Avanti ! 1 U 'fempo, ll Lavoro - sui'. q1wli la 11ostra Amministra:::ionc..., 1>erde mi lauto, si capisce, ve,· ogni, abbonato! Afa essi ,<:0110 - que, quotidiani - il complemenfo na– tunrle - stiamo per di1·e 1 necessario - della 11ostra. Hi– vista j come lo è quest<i di loro. Anche se non socialisti: i 1/0stri lettori hanno speciale interesse a seguire, 11ell'a11alisi del giorno per gìoruo, i, fatti ed il pensiero del partito e tlel movimento, dei.quali la Rivista vorrebbe esse,·e 1111a sintesi più inhgrale f' pi/( a.p,irofondita. Quanto ai, lettori socialisti, essi, ùen 1,iù che l 1 intere.qse, 11eJuuwo il dovere. LA VIA CRUCIS DELLA C SSA DIMATERNIT I. - 'Le a,tscu.ssion:i pa,,1·lan1ml,ta,1•·i. L'articolo sei. della legge 19 giugno 1902 sul La– vm·o delle donne e dei fanciulli, rimasto immutato nelle modificazioni e nel conseguente Testo unico <lcl 1907 1 stabilisce quanto segue: " Le puerpere non possono esse1·e impiegate al lavoro se 110,idopo trascm·so w1 mese dal va1·to, e in via eccezio– nal~ anche 11rima df. questo termine, ma 111 ogni caso dopo tre settima11e almeno, quando risulti, da. un certiflcato dell'Urftcio sanitario del Comune di loro dimora abituale, che le condizioni di salute permettono loro di compiere, senza pregiudizio, il lavoro nel quale intendono occu– parsi.,, Con questa disposizione timida e parziale il legi– slatore introduceva: nella nostra un po' tarda e monca legislazione sociale, un principio nuovo 1 quello della difesa sociale della madre opernia. L'ftulia giunge\'a così ultima. venticinqu'anni dopo che la Svizzera a\'eva iniziato il sistema del riposo obbligatorio per le ul– time settimane di gravidanza e per le prime di puer· perio, e dopo che tutte le altre nazioni - ad ecce– zioue della Francia - dalla Ge1·ma1iiaalla Spagna, dall'Inghilterra. alla Danimarca, avevano t1egult.0 1 quale più, quale meno, la medesima traccia. La nuova legl?e, pur facendo una offermazione di un altissimo valore sociale e umano, portava con sè difetti non lievi: non si preoccupava di quel lungo periodo di gravidanza, in cui la madre e il bambino sono esposti all'insidia del sopralavoro 1 della fatica, delle sostanze tossiche di lavorazione, dei mo\'imenti bruschi e violenti, e non si preoccupava di assicu– rare alle madri, rifiutate dall'officina, obbligate al riposo, i mezzi indispensabili pet· vivere, per ripo– sarsi, per non essere costrette a violare la legge, intesa a difenderle. L'una e l'altra lacuna furono rilevate e alla Ca– mera e al Senat.o, negli Utfici, nelle Com.mis!~ioni esaminatrici e durante le discussioni, ma l'attenzione del legislatore fu sovratutto richiamata sulla mostruo– sità giuridica e morale di una disposizione che, por– tando in sè una contraddizione insanabile, obhligava al riposo, togliendo ogni mezzo per effettuarlo con piena efficacia. La Commissione parlamentare, presieduta dall'ano•

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