Critica Sociale - Anno XVIII - n.17 - 1 settembre 1908

264 CRITICA SOCIALE Era forse meglio attenerci a quella sola parte della questione che è oggi più urgente - lo richieste di nuovi crediti militari che saranno discusse alla prossima ria– pertura della Camera - e su di essa provocare dal Congresso un yoto illuminato, ragionevole ed esplicito. Perchè il Governo è indotto a chiedere nuovi milioni per l'esercito, e ad annunciare la richiesta di altri ancora por la marina ? Che disegno politico persegue il Governo? Cosa pensa dì fare ? Quali i suoi intendimenti? A due altri aspetti della nostra vita politica è stret– tamente legato - subordinato anzi - il cosidetto pro• blema militare: La politica coloniale e i nostri rapporti con l'Austria. Secondo che si abbiano chiari e leali intendimenti pacifisti, o si seguano arditi miraggi bellicosi, cambia la nostra politica militare. Che cosa pensa. il partito socialista intorno alla que– stione delle colonie? Non abbiam bisogno 1 per fortuna 1 di far delle teorie. Abbiamo sott'occhio cleicasi concreti, purtroppo! Pochi mesi fa si sono avuti alcuni scontri fra truppe italiane e indigene io Somalia. Si sono avuti dei morti, e degli ufficiali fra questi, ciò che bastò per suscitare un'ondata di commozione e diede esca alle polemiche coloniali. Il ministro 'J'ittoni disse che sarebbero occorsi nuovi fondi per mettere quella colonia in grado di difendersi contro le miuaccie delle tribù indigene. Cosa disse in proposito ll partito socialista? Qualche pubblico scambio di idee, avvenuto mediante polemiche giornalistiche, dimostrò come i pochi socialisti che si occupauo dell'argomeuto siano tutt'altro che d'accordo fra di loro, e come ci siano anche fra i socialisti coloro che vagheggiano il loro bravo sogno imperialista e sarebbero anche disposti a incoraggiare un Governo che si mettesse su questa strada. - Gli argomenti sono quegli stessi che vengono adoperati dai Governi rappre– sentanti le classi capitalistiche. L 1 Italia non deve stare alla coda delle alt!'e nazioni; deve aver fiducia nelle proprie forze, non deve rinunciare al sogno di grandezza e di potenza, deve aspirare a tenere un posto elevato fra le altre nazioni. Io non sto a guardare adesso se codesta maniera di intendere la politica del nostro partito sia in perfetto accordo coi nostri ideali e con le norme tattiche segnate dai nostri Congressi internazionali; af– fermo soltanto che, prima. di discutere e stabilire l'at– teggiamento del partito di fronte al problema militare, bisogna anche sapere cosa si pensa in materia di politica coloniale. J<:, se ci sono dei compagni che hanno idee e propo~ siti contrarì alla politica del piede di casa 1 hanno l'ob– bligo1al Congresso, di parlare chiaro e forte; nò devono es.sere trattenuti dal timore di lanciare affermazioni troppo ardite. R molto più onesto e lodevole spiegare al Congre~so un contegno decisamente favorevole alla politica espan– sionista1 che non tacere e magari votare, non senza un filo d'ironia, le ri'loluzioni antimilitariste 1 per assumere poi 1 dinanzi ai casi concreti, atteggiamenti di eclettici e cli ribelli. l rapporti dell'Italia con l'Austria, e i criteri e le ve <lute del nostro partito a tale riguardo, sono ancora maggiormente legati al problema militare che sta ad essi subordinato. E sull'argomento le indecisioni e le reticenze sono anche maggiori e più gravi. - Ci sono degli nomini di parte democratica, repubblicana e socialista che riescono a conciliare, nell'intimo della loro coscienza, il più chias– soso orrore per la guerra e per la morale soldatesca, e il più acceso irredentismo austrofobo. Sono, teoricamente, degli avversari della guerra; però non escludono la possibilità. di un cimento armato con l'Austria 1 che non vedrebbero prnprio di mal occhio, - E'an dichiarazioni frequenti di pacifismo e tributano omaggi ai precursori e fervidi propugnatori della pace fra i popoli; però 1 se l'occasione cti.pita, non esitano a soffiare anch'essi sulle discordie delle genti di stirpe diversa, compiacendosi di vederle spesso accapigliate. Influe, turlupinano il buon pubblico dichiarandosi fautori delle più sostanziali ri– forme economiche, e fan credere di volere anch 1 essi lo sviluppo della coltura e del benessere fra le classi la– voratrici, e, per dire la verità, domandano anche a voce grossa molti quattrini allo Stato, per questa o quella iniziativa di carattere sociale (la scuola, le bonifiche, la navigazione fluviale, il risanamento delle città, lo case operaie, l'aumento di paga agli impiegati e dipendenti dello Stato, ecc., ecc.) 1 però non trovano vigore d'oppo– sizione alla richiesta di nuovi denari per i bilanci mi– litari, e si squagliano o si fauno cogliere da qualche indisposizione che serva di paravento alla loro incoe– renza. Ho dotto che ci sono anche dei socialisti tocchi da codesta lue guerrafondaia, e dovrei fare dei nomi e citare delle persone. Preferisco procedere inversamente - ciò che feci da principio - per eliminazione e ricordare come il mani– polo degli attivi e dei combatttivi deputati nostri si sia battuto energicamente nelle Commissioni e nella Camera quando si domandava l'approvazione della nuova legge sul reclutamento, e si chiedevano nuovi milioni, dietro le risultanze della Commissione d'inchiesta. Codesta incertezza e codeste perplessità di molti de– mocratici, repubblicani e socialisti, deriva proprio dalla maniera. con la quale costoro giudicano <lel contegno dell' Jtalia nei riguardi dell' A.ustria. Credono e pensano, ma non Io dicono, che gli italiani d'Austria debbano un giorno o l'altro venire compresi entro i confini più allargati d'Italia; ignorano o fi!lgono di ignorare che nella regione Adriatica non ci sono soltanto degli ita– liani, ma questi si trovano da secoli in contatto e \'ici– nanza diretta di affari, di vita economica, amministra– tiva e civile, con gente di altra stirpe - con questi slavi - che non si decidono a scomparire e nemmeno ad imbarbarire, al contra,io vogliono progredire in cul– tura, in economia, in civiltà; dimenticano - essi, i pa– cifisti - cbe una guerra per unire Trieste all'Italia scatenerebbe una più vasta e tremenda conflagrazione europea, la quale trascinerebbe tutti i popoli a un macello orribile perchè risolleverebbe tutti i rancori sopiti ma non ancora spenti che rendono così delicata e pericolosa la situazione internazionale; e dimenticano altresì che, nell'ipotesi migliore di una guerra, si aprirebbe una nuova fase di politica militaresca, che dissanguerebbe per un numero infinito d'anni il nostro paese, rendendo impossibile qualsiasi progresso economico civile, ciò che significherebbe voler ribadite ai polsi del proletariato italiano le catene del servaggio economico,della infer!orità intellettuale e morale, la miseria avvilente e sobilla– trice. Naturalmente tutto questo è negato recisamente dai socialisti ed affini che battono questa strada. Tutt'al pii1

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