Critica Sociale - Anno XVIII - n. 15 - 1 agosto 1908

CRITICA SOCIALE 229 essere? Sia che tu intenda 1>arlare di un cristianesimo vero o proprio, cioè dal più al meno conforme, nella sua essenza metafisica ed etica, al crietlanesimo tradi– zionale, sia che tu ti riferisca, con quel termine, a una religione purchassia, di stampo arcaico o di stampo no– vissimo, non è neanche lontanamente p<,osabile la u com• binazione II da te, sia pure in via di.... dannata ipo– tesi, ammessa come non impossibile. E non è pensabile, non per una repugnanza aprioristica da' cattolici del so– cialismo e del positivismo, ma. proprio" per la contrad– dizion che nol consente ~· Chè socialismo e cristiane– simo - di qualunque conio - sono due concezioni ori– ginariamente ed essenzialmente antagonistiche. Dico di più: il socialismo, per l'anima filosofica che l'informa e avvalora, è decisamente avverso a qualunque religione, positiva o fllosoftc&.che sia. E non che esso tenga, o debba tenere, cattedra di teologia, sia pure per combatterla. li socialismo, per suo peculiare assunto, non teologizza nè filosofeggia, nè pro nè contro. E in questo senso si ò detto e ai dice che la r.eligione .!.. sen• timento, e non ca.sta - è faccenda privata, e all'occor– renza, per opportunità, diremo così, pedagogica di pro– paganda, si è ricorso e si ricorre, dal Prarnpolin'i, per esempio, a delle massime morali e sociali assunte e pro– pagate pur dalla Chiesa: massime - s'intende - vale– voli di per se stesse e non collegate da alcun vincolo di necessità al sostrato metafisico e teistico tlolla reli– gione stessa. Ma 1 tuttavia, come tutti i grandi movimenti s_ociali, ha il socialismo una ·sutt, come mi è piaciuto chiamarla, anima fllosoflca, e da questa esso trae la sua peculiare fhionomia e il suo peculiare orientamento nelle vie della storia. E quest'anima filosofica è 1 non pur are ligiosa, ma antireligiosa. Antireligiosa, s'intende, non nel senso che presuma stoltamente di serrare entro i can– celli delle scienze positive sin qui costituite l'" enorme mister dell'universo II e di recidere i vanni a qualunque anelito verso l'ideale e Pinflnito, ma nel senso che è eminentemente deterministica e però rivolta a una dire– zione affatto opposta a quella che adduce alla credenza religiosa, di qualunque natura essa sia, anche non chie– sastica, anche monda da qualsiasi apparato rituale e catechistico. Ogni religione, infatti, anche la più ' 1 in– tellettualistica ,,, è, di necessità e, direi, per deflnizione 1 antìdeterministica e, anche considerata dal solo aspetto teoretico e metafisico, reazionaria. È la stratificazione, come a dire la stasi, di un dato momento del pensiero umano, assunto alla dignità di vero assoluto e univer– sale, Che " comblnabilità 11 }JUÒ mai essa presentare con una dottrina, qual è la socialistica, permeata, come di– cevo, di detern:iinismo e di positivismo? Qualcuno - non tu certamente - potrebbe rispon– dermi che questa opposizione filosofica insita al socia– lismo e alla religione non ha, nè può avere, una grande importanza pratica, essendo la più parte dei problemi, a cui il socialismo si riferisce, remoti da qualsiasi possi– bilità di contestazione filosofica e religiosa. :Ma- anche a non tener oonto dei problemi, direttamente pertineuti a quest'ordine d'idee, che si presentano a ogni piè so– spinto, per esempio, nella scuola- tutta quanta. l'op~ra di un partito politico e sociale risente, come bo accennato, pur dove meno è manifesto, della posizione filosofi.cada' suoi principi costitutivi ed essenziali e del metodo che, di conseguenza, esso ha assunto. Altri poi potrebbe osservarmi che se, malgrado questa intrinseca antitesi, vi son dei cristiani contenti di mi– litare, con austera disciplina, fra le file " spiacenti a Dio n del partito socialista, non c'è nulla da dire in contrario. E io rispondo che non c'è proprio da dir nulla. È questione che riguarda la loro coerenza e la loro .... struttura mentale. Ma a questa famiglia non apparten– gono certamente i signori Perroni e Quadrotta, e di essa non occorro che ci occupiamo. Abbimi, molto affettuosamente, tuo ..4.lba, 29 /11gHo 1908. IL LEALISMO DEGLI IMPIEGATI .... si può tutt'al più, con una malinconia ... " tutta priYata, considerare elle I nemici delle "Istituzioni d1muo una mediocre prova di "rol)ustezza di carattere domandando ap• " punto 11((ucl\c !stttuz10111I mezzi di 111)11.r· " oaro Il lunario e ineed!andosl con una qual– " sh\S! funziono In quèll'organlsmo stesso, la "cui rO\"lna sta nel loro fini c nella YIBlone " loro dell'a",·cnlro sociale "" n periodo che ho posto in testa alle poche rifles– sioni ohe son per fare, si legge in un articolo di commento del Co1-i-ieredella ~'l'era del 21 di luglio alla. lettera del dott. Nlll'ra all'on. Mira, pubblicata dal Colajanni nella sua Rivista Popolare, e, come esso èsprimc un pensiero che torna molte volte nei discorsi e negli scritti dei conservatori e che investe una questione molto importante e non ancora abba– stanza nettamente prospettata e chiarita, mi pare non inutile di spenderci attorno qua.lche parola e di porre in luce il groppo d'enori ond'esso risulta. n primo de' quali errori) e il più grosso e volgare, si è quello - derivante da una concezione affatto feudale dello Stato e analoga a quella ohe, nell'eco– nomia privata, considera il padrone un benefattore del lavoratore - di considerare l'impiegato come un individuo che deve la vita al beneplacito del Go– verno e deve tenersi a questo vincolato dallo stesso vincolo di gratitudine che lega il pitocco a.I pietoso che gli fa l'elemosina; laddove, inyeoe, il rapporto che intercede fra l'impiegato e lo Stato è un rap– porto di locazione d 1 opera 1 dal cui congegno esula ogni graziosa e paterna beneficenza e, per ciò, ogni obbligo di gratitudine servile. I due contraenti - a parte la sovranità oiYile rl.ello Stato che qui non ha che fare - sono, quanto alla locazione anzidetta e alle relazioni che ne derivano, in una condizione di perfetta uguaglianza. Quindi è grossamente antiquato e sbagliato il concetto, nella culta prosa del giornale milanese un po 1 meno rozzamente espresso, giusta il quale l'impiegato mangia il pane del Governo o, come dice una frase a.nche più leggiadra, vi1,e alla greppia dello Stato. O, se è vero, è vero per quegli imbro– glioni e fannulloni, che si sono intrusi disonestamente nell'organismo statale 1 e con la figura, diremo così, ideale e normale dell'impiegato non hanno che vedere. Un altro errore è quello ohe deriva dalla confu– sione interessata e sofistica che molti conservatori usan fare fra le istituzioni e le loro contingenti ve– dute politiche. Non pure essi fan tutt'uno dello Stato e delle persone fallibilissime dei ministri e degli anche più stolidi e discutibili atti espedienti gover– nativi; ma del capace ed elastico 'paludamento, Ofide sì ammanta la vita ufficiale, fan coperta anche a sè, ai loro pensamenti e alle loro clientele e, se alcuno li trova, più o meno metaforicamente, con la mano nel sacco e li segna a dito, lo fan mettere in galera o, se è un travet, si adoperano perchè sia mandato a spasso per tiepido rispetto alle istituzioni. E' una vera e propria usurpazione, e delle più illegittime e capziose che si possano fare, di quello ohe teori– camente, secondo gli ortodossi di diritto costituzio– nale, è il patrimonio ideale e impersonale della na– zione.

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