Critica Sociale - Anno XVII - n. 24 - 16 dicembre 1907

372 CRITICA SOCIALE SIA.In sò cosa buona, cessare di esserlo o diventar cosa cattiva. (1) Io penso che la paura dei krumlri ha un effetto salu– tare sulle organizzazioni, e non ml sentirò di cooperare a liberarle da questo incubo fino a quando non mi si sug· gerirà qualche altra via più efficace di controllarle che uon sia quella di lasciar la via aperta &I principio op– J>Ostoa quello che esse impersonano. li mondo progre– disce per contrasti. La opposizione ò la natura stessa delle cose, non mono che la sintesi do! contrari. . Resterebbe ora da vedere in che cosa consista Il mi– sticismo del mio punto di vista filosofico. Ma di questo ad altra volta: la parola è usata in tanti sensi, che metterà conto ,•elere che cosa significhi. In tutto il mio ragio– namento io non suppongo come data e couces:ia se non una proposizione: che la libertà di discussione è prefe• ribile al suo contrarlo o che nessuno ò tnrallibil9 o lo sarà. mai. Può darsi che questa proposizione contenga im• plicitamente alcuno norme sull'atteggiamento da prendersi di fronte al misticismo; essa contiene corto implicitamente Il riconoscimento, non del dovere di scartare Il misticismo a p,·iori come cosa morbosa, ma il dovere anzitutto di cble• dorsi che cosa ò,quali ne sono lo forme, quale gli erfettl pratici di ciascuna. Se ce n'è che hanno effetti pratici cat. tivl, la libera discussione ci condurrà a scartarle e condan– narle. Se ce n'è che ne banno di buoni, essa ci condurrà ad Indagare se si può o non si può farne senza, e, se rlsul• terà. che certi risultati sociali permanentemente buoni non si possono ottenere se non per mezzo loro, sarà nostro dovere di promoverle e di riconoscere che esse compiono una funzione biologica, 1>slcologica, SQClale Jlermanente e Insostituibile, di cui le rorme cattive sono degenerazioni accidentali. Ma ciò è un altro paio di maniche. li misticismo 1 o una delle sue Jorme, potrà essere uno dei nostri puuti d'ar– rivo; io non vedo che esso sia al mio punto di partenza• ANGELO CRF.SPI. ( 1) Praticamente le dlffl.coltù, che 81Ol)J)Ongonoa una codtncazlone del reato di krumlrngglo e del monopolio dolio organ!z:mzlon! 0J>e· mie 8enza lnlone deH'lntereHe collettivo permanente, cl sembrano enormi od Insuperabili. La capacità. lm1,rendltrlce Il d! accumula• zlone capltallsllea 11 può concepire come ,·arlablle da un minimo a un massimo In una dAta soole~. In bRIS0 vi eon coloro che non Hnno neanche mantenere se stessi; poi vengc1110coloro che appena sanno mantenere una mo< le.ta famiglia con motte difficoltà.; poi co• loro che, In grado crescente, oltre al sapere mantenere se stessi, sanno anche, associandosi altri di cui dirigono e coordinano I IR• vorl, mantenerne allrl In grado crescente, ohe, senza la loro nbllltù, non eaprebbero renderai soclnlmente ut!II; e finalmente tn nito ò In ~ute degli lmprendttorl più ca11acl, que\U cioè che sanno pro't\'edere 11ermanenterne11te Al bll0gnt sociali J>IÙ ,·asti e permanenti, e da cui gerarchicamente, J>ercosì dire, dipendono h1t1e 18 Imprese eho sod– dlUanno a bisogni meno generali e permanenll. S'Intende che v'è Jl6- ronue circolazione dall'alto In basso tra lnUI questi llt'&l\l di ca11ac11t\. CIÒposio, Il reato di krumlragglo polrà euero abolito e Il mono- 1>0110 delle org1rnlzzaz10111optrale sancito, 1010 se cosl piacerà. a co– loro che sono J)er eccellenza I eaJ)ltanl dell'esercito lndu8trlalo. Costoro non acconsentiranno a prestare l'o])ora loro se non laddove I loro 8ervlgl &0110meglio com11en8at1, ed emlgrera,1110 di là. dove 11 vuol loro offrire dt meno. In tali nazioni resteranno 110\0I peggiori; e, se le orga11\zza1.lonl Yorranno procacciarsi I salul più alll, eue d0Yran110 sempre acceUAre quelle condh;lonl di vita giuridica che non solo non spingono ad emigrare, ma aUrRggono I migliori lm• prenditori dagli auri paesi. È sempre Il fauore più scarso della pro– duzione <1ue110 ohe ftn1ace col dettare le oondl1,tonl agli altri, e l'ul– llma cosa, a cui un Imprenditore capace rinunzierà, sarà la llbcrtà. (11scegl1ersl I suol uomini, ontro certi limiti, o di chiudere bottega. Naturalmente noi supponl:1mo qui attive 1010 forze economiche. Non et eeml)ra neanche degna di c-0nstderazlone l'Ipotesi elle lo or– ganluazlonl operale riescano a creare lmprendltol'I più ablll degli altri; la scuola del renio della orran11.z1ulene lndnatrlale ò IRUbertà., ed ease dovrebb{'r0 1 per tenerli nel loro 1e110,tare come ranno ora: subirne le condlzlon1 pagando Il prezzo conveniente della loro abl· lltA. In Australia, OY0le leggi e le organt:,;zazlonl 1>IÙ Inceppano la liberti\ d'IIIIJ)rCilll,Il ha 11rll\orlre dello l!lt'e(ltlU{I l!VBle,11 a domicilio. LIBERTÀ DILAVORO E DEMOCRA (Controreplica a Angelo Crespi) L'amico Crespi deve essermi un pochino grato se, parla.udo dei principi rlell'organizzazione operaia, ho tirato in ballo anche lui o gli ho così fornito occasione di scrivere l'articolo polemico contenuto nella Cl"tlica della passata quindicina. Articolo che mirava a infirmare e a sgretolare i capisaldi della nostri\ dottrina e del metodo nostro, e che, a mio avviso, nou teutava cli confutare soltanto ciò che posso avere scritto io individualmente, ma tutto quello che han sempre sostenuto e divulgato in Italia i maggiori uomini rappresentativi del SO· ci alismo , da Bonomi a Prampolini, <la Bissolati a 'l' ura.ti. Dich iaro subito che non iutendo sviscerare qui l'argomento e inseguire a uno a uuo tutti i ragio– na.menti del mio contraddittore. Lo farò, al caso, uu'altra volta, se pure uon riterrò <'onsumo di tempo e oziosa esercitazione retorica il polemiz– zare con uno che uega le premesse fondamen– tali del socialismo, che cerca di scuotere i cardini su cui finora questo ha poggiato, e che ormai va– gola in unn costellazione ideologica che è fuori dell'orbita socialistica. Percbè il Crespi è proprio fuori di quest'orbita. Anche recentemente egli scriveva sul Rinnovarnento (Rivista cattolico-modernista. che si pubblica a Mi– lano) che l'idea e la .p,·alica del/" lotta di classe nel senso mai ·::ristico sono lJ'a le piÙ, en·ale, le più disi:iolve,iu e pe1·vc1·seche abbiano 11iai infe· stato il pensiero um,ano; che la rei igione com pie altissime e imprescindibili funzioni nelle società contemporanee; che la democrazia deve essere o diventare religiosa, essendo l'esperimento <lemocra– tico destinato a fallire senza il concorso della re• ligione. Il Crespi avrà tutte le sue buone ragioni per pensare ciò; ma quel che difficilmente mi si potrà contestare è che simili concezioni non siano essen~ zialmente repugnanti a tutta la tradizione e a tutto lo spirito cbe informa il socialismo interna– zionale; quel che non mi si potrà con testare è che qui evidentemente i punti di vista, da cui studiare i fenomeni sociali e rintracciare il bandolo di quell'arruffata matassa che è la vita politica di un paese, souo troppo divaricanti perchè le intese e i contatti nou siano puramente saltuari e fortuiti. Un socialisnrn, il quale rigetti completamente il principio e la tattica della lotta di classe, si avvia fatalmente al suicidio, perde ogni ragion d 1 essere, trasfigura i proprì connotati per metamorfosarsi in una pallida e smidollata democrazia più o meno cristiana, verso la quale il Crespi mostra ora tanta propensione. Uno degli ultimi numeri della Rivista diretta dal prete Murri aveva un suo articolo di fondo. Comunque 1 senza fare alcun appunto dogmati– camente aprioristico a questo nuovo orientamento mentale, che è costato al Crespi (almeno così egli dice) immane sforzo e diuturno travaglio, in ag– giunta a quanto già sori:ssi sull'utilità sociale del– l'organizzazione operaia e alle note della Critica, la quale ha acutamente delibato buona parte della mia possile confutazione, osserverò anzitutto che il Crespi mi sembra non si sia reso esatto conto del sofisma che si cela sotto le pieghe rlel pomposo paluciamento della decant!\ta libm·tà di lav01·0. E' assurdo voler parlare oggi, come fa il Crespi, di libertà <li lavoro, ponendo su uno stesso piede di uguaglianza. l'imprenditore e l'operaio, come se il lavoro. umano non presentasse infinite cause di in-

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