Critica Sociale - Anno XVII - n. 9 - 1 maggio 1907

CRl1'[CA socr ALE 137 l'obbligo di non scio1>erarc e dall'altra. quello di non far " serrale ,,. Ciò premesso, si potrebbe intendere limitata la funzione del1 1ns1wcinzionc registrata a quella sem– plice della rappresentnnza. ti che non escluderebbe, drt un lato, che l'ente potesse essere ritenuto respon• sahile delle serrate e degli scioperi che avesse or– ganizzatii e che dall'altro avesse un'azione a tutela dell'inte,-esserolletlit"o, quando la legge lo conside– rasse quale rappresentante degli interessi professio– nali. Ma allora nè i diritti nè gli obblighi della associazione si fonderebbero sui concordati, ma sulla accennata poeizione legale ('). Dal punto di vista della nostra riforma, tuttavia, è opportuno non limitare nel senso suddetto l'opera dell'ente, e conviene addossargli la gamn~ia pe,· l'osservanza. delle /a,·iffe. Tale garanzia può inten· dersi o rivolta. nd assìcw·are u1t effetto: la confor– mità dei contratti cli lavoro alle ta,·iffe - o sempli· cemente ripo1-1tanell'influire con le sanzioni sociali sui soci per l'osservanza dei concordati. Jn questo ultimo caso, la responsabilità dell'associazione matu– rel'ebbe quando avesse trnlasciatn siffatta azione di pressione sui suoi membri applicando le sanzioni (ammende, esclusione dall'associazione, ecc. 1 ecc.), 1>reviste dallo Statuto sociale o dalle tariffe. Nel primo caso, la responsabilità si avrehbe non appena l'as– sociato violasse il concordato. Niente di più oppor– tuno allora che trattenere la responsabilità dell'ente dentro limiti prefissi, e configurarla addirittura come una penalità, escludendo ogni altra ragione di ri– sarcimento. Ma occorre tener presente un'ulteriore distinzione, relativa alla violazione delle tariffe. Questa può a,•. venire o dfreltameute: con la stipulazione di una tariffa difforme o di un contratto di lavoro contrav– veniente al concordato, o imli,·ettamente: con il con– cludere oioè il contratto di lavoro in regola, ma senza dargli la dovuta esecuzione. 11 legislatore dovrà tener presente questa duplice possibilità, poichè, a rigore, l'obbligo imposto dal concordato sarebbe soddisfatto quando fosso stipulato il con– tratto di lavoro in conformità alle tariffe. Senza una espressa disposizione, quindi, nou snrebbe possibile colpire la violazione indiretta, che coinvolge un in– teresse individuale. Determinnto così il problema della responsabilità, non ci 1>arodubbia la conveuienzn. di risolversi le– gisln.tivamente per la. gnrentia piit ampia e per la concessione all'associazione di un'azione contro la violazione indiretta del concordato. Nello stato delle nostre organizzazioni, che non è tf1le da far ritrarre agli associati molti o notevoli vantaggi dal Yincolo sociale, potrebbe sembrare vana la garentia limitata, di cui sopra. Le soluzioni premesse dìrnno il criterio per deci– dere sull'effetto del recesso dei soci. Poichè questi sono, secondo noi, obl.Jligati personalmente a omet– tere, nei pro1>ricontratti di lavoro, clausole contrarie alle tariffe, non v'è dubbio che, uscendo dall'asso– ciazione, resteranno vincolati al concordato, conser– vando un'azione personale a tutela degli interessi propri. Il recesso eliminerà soltanto la garentia del– l'associazione, verso la quale il socio sarà responsa– bile del danno che quell'atto le reca. . .. Resta a dire dell'estensione delle tnriffe agli estranei. Abbiam gi~ vieto come va poeta la questione e quali indagini debbano presiedere alla soluzione. Che la perfetta osserrnnza dei concordati corra pericolo fino a tanto che tutti gli appartenenti alla (1) Vedi llUl'OITlm.-, Dtr Tarlfr:trlrai li/Id dk ,nodtrn, Recht1• 1elutn1ellaft, liOf, p. 79 e Il', industria od al mestiere non vi abbiano aderito, è cosa ovvia. Da tal punto di , 1 ista l'eP-lensione delle tnriffe potrebbe sembrare il necessario complemento dell'opera legislativo. Ma vi sono oltre esigenze, con cui entra in conflitto questa, ch'è immanente al nostro fenomeno, onde per assicurare la prevalenza all'una sulle altre si dovrà procedere aasni cauta– mente. Intanto, il sacrificio che, accettando il principio estensivo, si verrebbe a fare della libertà contrat– tuale - libertà in nome della quale s'è invocato principalmente il rigetto del principio (I) - potrebbe essere limitato uello ,i;:pazio e 11él tempo: 1° Esigendo l'accettazione prnliminare di tre quarti dei membri dell'industria e del mestiere, cui il concordato si riferisco - anzi che della maggio– rnnza semplice di essi, come propone la Relazione - prima cli proclamnrne l'estensione. All'uopo do• vrebbe stabilirsi se quella maggioranza qualificata debba csislcrc ab initio, o possa formarsi successi– vamente o con lo stes~o effetto. Ciò propone l'ullcriorc questione, omessa. dalla Relazione, delle nd~sloni postume al concordato e della forma, cui debbono essere sottoposte quando vogliano farsi espressamente. Come piìt speditivn. potrebbe proporsi li\ dichiarazione scritta. da conse– gnarsi al Sindaco del Comune, presso il quale è stato depositato e pubblicato il concordato, e la conse· guente notifica alle associazioni registrate interessate, da parte dell'aderente. Le sole adesioni es1>resse do· vrebbero calcolarsi per determinare la maggioranza, che autorizza a chiedere l'estensione del concordato. 2° Duterminando che questa non possa avvenire so non sia prima trascorso un certo tempo dalla sua andata in vigore. Ciò potrà fornire una base pratica di valutazione al magistrato cui si deferisse la de· cisione estensiva dei concordati, mentre l'osservanza fedele dei medesimi nel frattempo potrà anecare da per sè un argomento di più a (l\voro della loro con– venienza alle condizioni del mercato dell'industria. o del lavoro. Un'ultima crtutela sembra potersi trovnre nell'in– tervento dei probiviri per decidere sull'estensione del concordato, qunlorn l'lntcn•ento non sill limitato a constatare l'esistenza clclln. maggioranza <1ualificata, ma permetta di giudicare dell1opportunità dell'esten– sione. U1rn. tnlo competenza, tuttavia, è proprio quella sotto cui si cela il vero problema che la nostra quo• stione racchiude. Non creeremmo a questo modo un arbitrato obbligatorio? Forse che v'è ragione, in pri11cipio 1 di distinguere se si tratta d'imporre norma ad un terzo dei membri di un'industria. anzi che alln. totalità? Corto ò minore il campo che s'invade, e nel caso nostro i prohi\•iri trovnno già una norma da estendere e non hl debbono foggiare t,b oi-o. Ma ciò non toglie ch'cssi debbllllO dare nn giudizio sulla ris1>ondenza obbiett1ta di determinate condizioni di lavoro allo S\'iluppo di un'industria, e su quella su– biettiva alle condizioni degli estranei al concordato. Quest'ultima ricerca. è altrettanto deHcata quanto imponderabile; la prima ò necessariamente arbitrario, chè, trattandosi di estendere norme da osservare per un certo tempo, nessuno può garantirne, neppure approssimativamente, l'opportunllè, a meno che non si tratti di mercati industriali, dei quali, per la loro peculiarità, si possono dominare tutti o gran parte dogli elementi. I~ vero che tutto ciò si potrnbbe ri– pete1·e in gcnel'C contl'O la prntica dei concordati di tariffa. Mn nitro è un regolamento di rap1>0rti eco– nomici cui ci si sotto1>onga volo11tariame11te, altro l'imposizione coattiva. che ce ne sia fatta da terzi. Ciò potrebbe far pendere la bilancia a favore del• (') Vedall l'lnobleata compiuta prcuo le Camere di Commercio traneesl dal Jou,-1101 du Chomb,.,. d, tom,11«-,.cr, gennaio-marzo 1t01.

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