Critica Sociale - Anno XVI - n. 13 - 1 luglio 1906

CRITICASOCIALE 195 litico singolarmente importante por la condotta del Par– tito, il 1>ropononte Ferri dall'un canto o i suoi colleghi rivoluzionart della Direzione dall'altro si trovarono a dare un 1 interpretazione e una portata perfettamente op– posta, ò la prova pÌlt decisiva dell'inanità delle conce– zioni e dei sistemi che la maggioranza del Congresso bolognese sancì nel settembre del 1004. Ma, ripeto, gli integralisti non sono, come i ferriaui, degli unitad a ogni costo. Edsi ammettono anzi che vi sia nel Partito qualcos<t di incompatibile con la sua nor– male vitalità e sono risoluti a farne l'amputazione. Resta a vtsdere questo qualcosa in che consista. ll Sempre Aumti! - che, come ò stato il primo ban– ditore dell'integralismo, così può ora es~orne conside– rato l'interprete più autorevole - ha ratto, anzitutto, e continua a fare una vigorosa campagna contro le ten– iie11ie e contro I te11de11zaioli. È con In liberazione da queste tendenze (ch'csso chiama ii le maledette,, o anche 11 lo iono dilaniatrici ")' è così che si potrà r!C0.itituiro nella sua genuina essenza il socialismo vero o integrale. Il percbò di quest'ultimo aggettivo è !ipicgato dal Mor– gari. Egli fa dello tendenze una doppia analisi: dal Iato ttsiologico o dal lato patologico. Fisiologicamente 1 egli dice, c'è del buono tanto nel riformismo quanto nel ri– voluzionarismo; senoncbè la fisiologia diventa poi pa– tologia per l'esagerato esclusivismo che ogni tendenza porta nella pratica dei suoi metodi, spingendoli acl estremi tra loro inconciliabili. Di qui il dissenso fon– damentale, la disputa acerba e IJerpetua, il dualismo insianabilo. La salvezza del Partito, secondo la teorica integra– lista, sta nel concentrare il programma e la pratica sociali!ta entro certi limiti mediani che, senza respin– gere a priori nessun metodo o riformista o rivoluzio– nario, ne proscriva però inesoratamente gli esclusivismi e gli eccessi. E appunto negli ultimi due numeri del Sempre Avanti!, sotto la rubrica: u Q1101loche respin– giamo 11, si spociflcano e si detlniscono cosl le degene– razioni del riformisti (dette radicaloidi) come quelle dei rivoluzionari (dette anarcoidi) che non dovranno trovar quartiere nel Partito rinnovellato. Nou mi par clifflcile scorgere i diretti, gli errori, le debolezze dell'integralismo. lo primo luogo, esso si fonda su un,illusione. Questo cosiddetto socialismo integrale è il socialismo che non esiste. È un'astrazione, un'aspirazione, un Ideale; uou una realtà.. E non è esistito mai, badiamo, neanche alle origini. Ciò che, nel periodo delle origini, potò parere integrnlismo, non era altro - per dirla spenceriana– mente - che l'omogeneo indistinto, primo grado cli ogni evoluzione incipiente. Poi venne, necessario.monte, con lo sviluppo della vita, la differenziazione, vennero le tendenze. Contro di questo l'integralismo grida nll'esterminio. Ma in ,·erltù - a considerar le coso nella loro essenza - le te,idenze s0110 prop1·io qt~ello elle c'f' cU più vitale, di piri efficace e fattivo nel Partito. Oiacchè es110rappre– sentano la spociftcazione doi metodi pratici nel campo dell'aziono. i\la si urtano! Ma. si combattono a vicenda! E che vuol dire? Anche la medicina, por esempio, pro– gredendo nolle sue vie d'indagini e cli sperimenti e nella. cliagnostica e nel1a. terapeutica, crea scuole, teorie, si– stemi diversi e· magari in contrasto fra loro. E che perciò? Nessu.uo si sognerebbe mai di ricondurre la medicina a un rudimentale bagaglio uniforme di nozioni e di metodi curntivi. l~h via! La virtù e l'efficacia <l'('lf.!ni movimento sta in ciò ch'esso ha di specifico, non lii generico. I caratteri generici possono servire alle defi, nizioni astratto: non servono alla vita. E come è illusorio il fondamento teorico dell'integra– lismo1 cosl ne sarà. 1 più eh.e diflicile, impossibile il fun– zionamento pratico. Infatti, ammesso che il carattere del socialista integralista devo co113\~torenella costante osserv,rnza di una s;wcie di ite quid t1i111is fra opposte tendenze, occorrerà. affid[lre le sorti del Partito a una solerte o perenne vigilanza psicologico, a un quotidiano esame di coscienza politica 1 che ognuno dovrà esercitar su sè stesso. Un colmo, addirittura, di Stlviezza so– cratica! Del resto chi, leggendo il Sempre Aca11U !, abbia per poco posto meute al modo frettoloso o ansioso delle a<Lesioniche all'integralismo si son venute facendo, e alle dichiarazioni che le hanno accompagnate, si è certo avvisto cho quella turba ha unn omogeneità. più senti– mentale ohe politica. Sono in generale <logli stanchi, assetati di quiete; sono dei mistici feroci, che anelano allo sterminio delle maledette, dal cui sncrillzio atten– dono, immancabilmente, la resurrezione miracolo3a del– l'unità e della fraternità; sono finalmente dei timidi, degli ~pauriti, che s'affrettano a prender posto nell'in– tegralismo a quel modo cbe In una stazione ferroviaria un povero contadino disorientato, sentendo squillare la campanelln e gridar JJartenzat, si ficca senz'altro nel treno cho vetle 1>iùvicino e più affollato, tanto per evi– tare il pericolo di rimanere a pietll. Senonchè (e questo ò, per noi, importante di notare) altro ò l'apparato teorico di un movimento, e altro la sua pratica e;;plicazione i altro la turba dei seguaci, e altro il manipolo dei dirigenti. Se guardiamo ai capi - ormai noti o riconosciuti - del movimento integralista, il :\lorgari, Il Paoloni, il Rondani, il 1hgola, il Cabrini, io due cose dobbiamo con.ientire: anzitutto che essi sono uomini rispettabi– lis;;imi per equilibrio, per rettitudine, per sobrietà, por temperanza. e prttticità di condotta i In secondo luogo che sono in sostanza (a parte la varietà del gradi e delle tinte) del buoni riformisti. Che se poi, noi citati articoli del Sempre AvanU!, sì coniiderd. la ben diversa gravità delle imputazioni che si ranno ai cosi<ldetti radicaloicli o agli anarcoidi (consistendo le primo piuttosto in una derormazione per fiacchezza di metodi per sè utili e buoni, mentre le seconde si concretano in una Yiolenta perturbazione cli ogni metodico sviluppo del Partito), non è arrischiato il supporre che, in effetto 1 l'integra– lismo abbia a fttr capo alla reiezione, purn e semplice, della frazione rivoluzionaria sindacalista dal Partito. Ciò posto, conviene a noi - a noi 1·iformisti, dico - di sostenere, di secondare questo movimento integralista o di affidare tacitamente ad esso (come par si deduca dall'articolo del Bonomi) anche lo ragioni e le sorti nostre? lo direi di no. Non che mi trattenga alcuna eccessh·a tenerezza per i radicaloidi. Anzi, a dirla in confidenza, siccome io sou convinto (come forse sei tu pure) che fra di noi c'è pili d'uno che - si chiami o no t·adica– loicle - non è nè fa più il socialista o 1109.ncho il ra– dicale sul serio, così se l'integralismo cl libera di que!lti tali, ci fa un regalono. Dunque, nessuna. risel·va o nes– suna preoccupazione da questo lato. Ciò, che mi trattiene, è altro. A buon conto, che cosa avverrà al Congresso, nessuno lo può sapere. I sindaca– li$ti si lasceranno livragare cosl racilmcnte? E Ferri e i forriani staranno di qua o di là? O faranno parte da sè stessi? E.... tante e tante altro ipotesi, cbe è inutile

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