Critica Sociale - Anno XV - n. 19 - 1 ottobre 1905

290 CRITICA SOCIALE venture _coloniali _e militari dovette dare nuovi giri I JN DIFESA DELLA FILOSOFIA NEI LIC al torchio con cm s1 spreme il contnbucnte, questo, 1 specie nell 1 Italia superiore e industriale, non tardò --- a riempire il cielo de' suoi strilli. Oggi, invece, non solo questo vento di fronda ha cessato di spirare 1 ma le nuove spese militari, 1·ese possibili, ([agli in– crementi normali delle nostre im})osle attuali in pre– vaWnza indirette, non hanno soll,wata l'opposizione di nessun organo della borghesia ricca. La qual cosa ci pare dica, più eloquentemente di qualunque dotta dimostrazione, la portata, per dir così, rivoluzionaria di una traslazione dei tributi) indipendente dalla g-ravc questione delle spese. . * • Un secondo criterio, da tener presente nel dise– gnare le linee di una riforma tributaria, è questo: non si può sperare una così intera e perfetta tras– lazione dei tributi dalla classe povera alla classe ricca, da riuscire ad una specie di confisca del red• dito capitalistico. Le ragioni sono evidenti. Non soltanto una ecces– siva pressione tributaria sulle classi ricche verrebbe poi a ripercuotersi sul pl'Oletariato, oggi in Italia troppo debole e disorganizzato per difendere effica– cemente l'integrità del suo salario; ma. un onere ec– cessivo imposto alla ricchezza finirebbe per esaurirne le fonti. Si ripeterebbe così l'atto del selvaggio che abbatte l'albero per coglierne il frutto, con quale danno nel nostro paese, ancora molto povero e la cui ricchezza è appena in forma?;ione, ognuno, che abbia un grano di sale, può immaginarlo. Quindi non è affatto da proporre un'imposta di– retta e progressiva sul reddito tanto grande da so– stituire tutta la tassazione indiretta italiana. Anche se - come ormai si riconosce da tutti - la riforma deve limitarsi per ora a riordinare e in parte abo– Jirc le attuali forme di tassazione locale, non è il ca.so di proporre la sostituzione di tutto l'odierno dazio consumo con una tassar.ione diretta della ric– chezza, già prece,lcntementc colpita con le tre clas– siche imposte dirette. E neppure può il partito socialista ricorrere a quei piani di confisca graduale del capitale su cui si è esercitata la fantasia ingegnosa dei progettisti del socialismo. In un paese a tipo agricolo come il no– stro, la confisca di una parte del capitale, per esempio nell'atto della successione, c,·ecrebbe - dato e non concesso che simili piani venissero accettati - al– trettanti demani", dispersi qua e là, di cui lo Stato non potrebbe servirsi se non in un periodo di già iniziata socializzazione dei mc?.zi di produzione. Il nostl'O partito - se vuol rimanere nella rea.ltà e nella possibilità - non deve preoccuparsi di trac• cinrc una riforma tributaria socialista. La riforma tributaria socialista è un assurdo, poichè il carattere socialista deve esserle impresso dagli utili economici e politici che il proletariato potrà trarre da essa per Ja sua lotta diuturna, e non già dalht natura intrin– seca delle sue disposizioni. Queste disposizioni, anzi, dovendo essere dedotte unicamente dal crHerio di una più perfetta giustizia distributiva, nessuna ri– forma utile al socialismo può essere qualche cosa di diverso da una riforma democratica. }Jd ecco così dedotta una norma politica per la nostra. azione pratica. Vagitazione per la riforma tri· butaria, anche se iniziata dal proletariato, non dovrà essere rivolta contro tutta la borghesia, come se si trattasse di uno strumento per la sua espropriazione. Al contral'io 1 essa può e deve condursi a fianco clei partiti democratici, interessati quanto noi ai ristùtati politici cd economici di una riforma, che deve ser– vire da autofreno alle spese o deve non inaridire, ma accelerare la produttività del paese. lVANOE llONOMI. 1. Una minaccia all'insegnamento della filosofia. - 2. JJìr– rori comuni sul concetto della filosofia e del suo inse– gnamento. - 3. Utilità d-i questo,desunto dalla sua nat1wa. - 4. Sua importauza 1Jralica moderna. - 5. Rifo,·me necessarie nella facoltà filosoficae nell'i11se– g11a111enio f losofico11ellescuolesecondarie. I. 11 poco di buono, che c'è nel presente ordinamento del nostro insegnamento secondario, sta passando un brutto quarto d'ora. L'agitazione dei professori delle scuole secondarie pel miglioramento delle loro condizioni economiche - agitazione santissima, in quanto mira ad assicurare quelle condizioni in cui soltanto è possibile amaro il proprio lavoro - ha provocato uno schema mi– nisteriale di soddisfazione de' suoi desiderati, che si ri• solve, e fin qui pazienza, in un aumento delle ore di lavoro dei professori di fllosofla, e nell'idea di affidare l'insegnamento della filosofi.aai laureati in lettere che abùiano presa anche la prima laurea. È evidente che ciò va contro alla norma elementare di buon senso, secondo cui ognuno ha una sola attitu– dine più spiccata delle altre e solo in tale direzione può dare i migliori risultati della propria attività; sicchò è assurdo pretendere che sia produttivo di ottimi risultati un insegnamento in cui o chi ha attitudini filosofiche sia messo ad insegnar letteratura, storia o geografi.a, o viceversa chi ha una di queste ultime attitudini sia messo ad insegnar filosofia. Nel primo caso si rischierà di introdurre degli spizzichi di filosofia ove non richiesti; nel secondo si avrà una filosofia necessariamente uni– laterale, e per di più nè originale, nè di convinzioni, ma di seconda mano ; perchè, se non soluzioni originali di prol.>lomifllosoflci 1 si è almeno in diritto di preten– dere da un professore di filosofia una intelligenza filo– sofica, che può esistere solo in chi viva in certo qual modo del problema filosofico. Ciò posto, per mo il problema è il seguente: che cos'è la filosofia e quale ne è la funziono nella formazione della cultura? Ne ha essa una 1 e, se l'ha, può essa essere negletta? Solo cloporisolto questo problema, è possibile venire al problema pratico. 2. Comunemente si ritiene che la filosofia sia o lo studio critico o dialettico dei problemi della natura delle cose, dei destini dell'uomo e dell'universo, ecc., o l'in– sieme di quelle tre discipline, intimamente collegate tra loro, che sono la psicologia, la logica e la. morale, nelle quali sorgono o alle quali si connettono i principali JHOblemifilosofici. Cominciamo da quest'ultimo modo cli vedere. Oggi la psicologia 1 la logica e la morale sono scienze indipendenti e autonome, nè più nò mono della fisica, della chimica, della zoologia e della botanica; ed è possibile trattare di ciascuna di esse, come di qualsiasi altra scienza, senza uscire dal campo dei fenomeni cbe loro sono speciali. Che, se ciascuna di esse ricorre a delle ipotesi e queste ipotesi assumono carattere fllosoflco, com'è possibile ne– gare che ipotesi di carattere fllosoflcosiano, ad e,'iempio 1 la teoria atomica per la chimica, la teoria della energia per la fisica, il darvinismo })et' la biologia? Che, se vi sono dei punti di diffe1·euza nel carattere delle i1Jotesi u. cui ricorrono le tre scienze dette fllosoflche, ciò di• pende dalla natura creduta o supposta dei fenomeni che esse studiano, come il carattere delle ipotesi a cui ricor– rono le altre scienze è determinato dalla natura creduta

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