Critica Sociale - Anno XV - n. 12 - 16 giugno 1905

180 CRITICA SOCIALE caro Turati? Non lo credo. Molte sono le ragioni di questa mia opinione. No dico una. La nostra popola– zione operaia, spesso impulsiva, è abituata agli scioJ)cri 1 anche psicologicamente; agli scioperi essa è talora. in– citata da certi socialisti, cho tu ben conosci, come a<l esercitazione di tattica o manovra rivoluzionaria. È pre– sumibile per ciò che il mezzo ch•ile dell'arbitrato, che pure risparmierebbe dolori o ptmlito di ricchezze, ecc. ad ambedue le parti e alla collettività, non sia subito ap– J>rczzato da tutti i gruJ)pi delle nostre masse operaio addette ai vari servizi pubblici da me considerati. Quindi ò forse necessario che il sostitutivo allo sciopero non resti automatico, ma sia s1rnzionato come obbligatorio, con tutte le conseguenze logiche che da ciò derivano. Spero che per tutto questo ragionamento, da prendersi nella sua interezza, non nei !'JUOÌ distinti anelli, non ripeterai che la logica (a cui sono personalmente tanto affezionato) non sia dalla mia parte. Della seconda nota di png. 165 ml sbrigo })resto. j;; incorso un equivoco. Io non intendo dire ciò che tu erodi. Senza pretendere a definizioni esatte, io distinguo lo sciopero che a\'Venga con l'interruzione di un con– tratto in corso, non ancora esaurito da parte degli operai, dallo sciopero che aV\'onga col ratto dell'asten– zione dei lavoratori dal riprendere il lavoro, dopo però che es"li abbiano adempiuto agli obblighi <lei contratto. Nel primo caso Io sciopero esiste legalmente, causa J'in– rrnzione (non entro in merito di questa) di un contratto in corso; nel secondo avviene solo economicamente, non legalmente, ìn quanto gli OJH:irai scioperanti non erano obbligati alla continuazione ciel lavoro da alcun con– tratto. Cadono per ciò le osservazioni che tu fai por l'interpretazione che hai dato alle mie parole. Yiene da ultimo la nota relati,·a alle sanzioni ci, 1 ili e penali. 'fre questioni, fra le altre 1 si possono proporre. È ne– cessario introdurre tali pene? Se si ammette che 10 sciopero diverrà inusato, corno tu dici, grazio ai sosti– tutivi, anche la comminazione delle pene sarebbe inu– tile. Ma, poichè io ritengo che Io sciopero non cesserà subito e automaticamente di essere usato, così non credo superflua l'introduzione delle sanzioni penali. Jl reato di sciopero, in quanto è un'infrazione del principio dell'arbitrato obbligatorio, non è da assimilarsi ad una sopravvivenza dei vecchi sistemi conservatori, ma è stato formulato e introdotto nel paesi australiani a diritto inglese. JI secondo quesito sarebbe: le sanzioni penali sono democraticamente giustificate? lo credo di sl, poichò esse sono l'effetto di nuove nccos~ità sociali. L'addetto nd un dato pubblico servizio, in cui lo sciopero sin sostituito all'arbitrato obbligatorio, non lode, scioperando, un ìn– teros!'-leprivato, ma un interesso pubblico, e un interesse pubblico di tanta importanza che in e'lso si è creduto di introdurre, appunto, l'arbitrato obbligatorio per evi– tare lo sciopero. E questo pubblico interesse deve essere direso. Si tratta quindi di un reato nuovo (non sofistico su questo aggettivo) che viene a determinarsi, a causn. cli nuovi renomoni o di nuove necessità. economico-sociali. Terzo quesito: le snnzioni penali saranno applicabili? Non tutti gli scioperi sono di JOOmila persone: qunuclo il numero degli scioperanti sarà molto minoro, Io san– zioni penali saranno applicabili. Aggiungi che rorso, introducendo l'arbitrato obbligatorio, i riottosi, i refrat– tari saranno più di piccoli gruppi che di grandi masse. Del resto, uno Stato, in questa materia, è tenuto a rare ciò che è possibile. Sarebbe scolastico il pretendere che le maglie di una leggo investissero certi renomeni 1 ì quali, per la loro natura, esorbitano dai ratti in cui una legge può materialmente essere applicata. Il riconoscere ciò che ò non significa essere illogici. Non mi rimane, infine, che ringraziarti dello tuo no– terolle ohe mi hanno dato occasione a chiarire meglio Il mio pensiero, che poi è stato quello del Congresso radicale. Questi schiarimenti, s'intende, non conteranno nulla per quei trasaiuoli, i quali mi banno chiamato m<mgia– socialisti e indirizzato altre consimili garbatezze, e ciò più per far dispetto a te, che bai ospitato il mio arti– colo, che per colpire me. Come vedi, anche questa volta, ho dovuto tare la malinconica parte della suocera! Con antica amicizia, tuo FRA NCt:SCO CO!.ET'l'l. Partiti politici eorganizzazioni pr fessio Uno degli argomenti pii1 notevoli e (come dire?) più interessanti, dibattuti nel recente Congrtsso ra– clirale, fu quello delll'atteggiamento dei radicali cli fronte alle org~1nizzazioni di clas!ie. La questiono riguarda un po' anche noi. [ socia– listi1 infatti, non ebbero in proposito un'opinione netta e decisa, quale pur si sarebbe attesa eia sì fecondi creatori di organizzazioni, 0 1 quando non s•è scivolato scms appuyer sul difficile problema, s'ò fi– nito con Paffermaro che al partito le organizzazioni cli classe interessano solo come campo di propa– ganda politica, qualcosa, come si vede, cli molto ... semplice e di molto ... !?pinoso. Relatore del terna al Congresso radicale era uno ùoi nostri più colti o più intPlligenti studiosi di di– scipline economiche, il quale compilò una relazione, che ha già visto la luce su le colonne delle Critica Sociale e che io consiglierei chiunque a leggere con attenzione, anche quando, come nel mio caso, se ne trovasse a dissentire ripetuta.mente. 'l'uttavia c'è una parto della. relazione, che più specialmente riguarda. il preeente articolo, la quale, non solo non mi sembra pari iu merito a tutto il resto, ma altresì infìrmabt - o io mi illudo grosso– lanamente - di non pochi, forse non lievi, errori di fatto e di pensiero. [I relatore discorre delle così dette associazioni cli pubblici impiegati, e, alla dimane della statizzazione dei ferrovieri, le dice, "<lai punto di vista delle at– tuali condizioni politiche e da quello economico-so– ciale e legislativo ,, 1 ti' importanza minore dello or– ganizr.azioni dei lavoratori manuali, mentre sono evidenti i pericoli, di cui possono essere socialmente C'a.paci gli addetti ai servi:Gi dello Stato, i quali trot– tano per ciò stesso funzioni, che investono i bisogni o le attività più integranti della vita dello nazioni. Aggiunge pii1 sotto che la categ-oria dei postele– grnfìci si avvicina, a quelle manuali ••pct· la g-ra.n<le o generale importanza del servizio,,, ch'è inYcce ca– rntteristico dei così eletti sen·izi pubblici e con un'af– fermazione, che, a qmrnti sono pratici di organizza– zioni, non può non suonare come uu 1 eresia 1 concludo asserendo che, " per ragioni tecniche (:1) ed econo– miche ,,, gli addetti ni servizi dello Stato sono " di– visi fra loro da. sì profonde cliversiti\ e varietà di bisogni, di interessi, di funzioni, di circostnnie ma– teriali e morali di vibt, che gli ipotetici (?) vincoli di classe restano spezzati o per lo meno sopraffatti ,,. Mn, a parto ciò, lo osscnazionì, secondo me più discutibili, riguardano la tattica, che si COtl\'errebhe alle organizzazioni di classe in genere o alle pro– fessionali in ispecie. Becondo infatti l'indimostrata

RkJQdWJsaXNoZXIy