Critica Sociale - Anno XIV - n. 12 - 16 giugno 1904

178 CRITICASOCIALE masse da cui provengono questi partiti 11011 sanno sottrarsi alla tradizione, secondo la quale l'irreden– tismo è sbtto sempre una delle espressioni caratte– ristiche dt•lht clemocraz;ia. Cosicchò in ltaliR. noi stiamo per riprodurre - certo, per fortuna nostra, molto attenuata - la situa– ;1,ione della l<'rancin. L'irredentismo, che ò un J)QCO come la renmche e l'odio a.Ila Germania, non può es– S('l'C preso cli fronte, per ragioni storiche ed ideali, dai partiti democratici, i quali, costretti a conciliare le rh·cndicazioni nazionali con il disarmo, si trovano indcholiti dalla stessa contraddizione in cui si di– battono ancora i socialisti francesi, internazionalisti per convinzione e alquanto rhauri11isN per oppor– tunitù. )fa piì1 ancora che questa fatale contraddizione della democrazia, che si ripercuote anche sul partito socialista, contribuisce a indebolirla, di fronte alle tf'ndenze militariste, hi sua insufficiente conoscenza dr! problema. militare. Vinora questo problema è stato inteso come un effetto delht sproporzione fra le spese militari e la capacità finanziaria del pnesc. Tutto lo sforzo della democrazia si è esaurito nel dimostrare che noi spendiamo per l'esercito e per l'armata pili di quello rhe po~sO11O consentire le nostre attuali risorse. Ma il problema è anche un altro: esso consiste nell'incongruenza di volere, con una spesa relativa– mente a quella delle altre nazioni molto piccola, un ~rande esercito di prima. linea. Questa enorme spro• porzione fra la spesa e il risultato che si vuol ot.te - 11ere, è pure un problema importantissimo che in– t('gra il primo. Lnfatti quando si riunisca alla convinzione che non si può spendere di più, ma am~i occorre possibil– mente spenderC' meno, la persuasione che il nostro odierno organismo militare ò troppo grnnde a pa– ragono della spesa, ne deriva come conseguenza che bisogna riformare questo ordinamento e portarvi una notevole riduzione. A questa conclusione pratica arrivano anche al• mmi gruppi di Destra e del Centro 1 ed aderiscono uomini come il l·'ortunato. Certo costoro non inten– dono spendere meno, ac1~ontentandosi soltanto <.li spendere bene, ma la democrazia commetterebbe un grandissimo errore se, in mancanza di meglio, non consentisse ad aiutare i loro sforzi. Già accennammo ai pericoli di volere un esercito di dodici buoni Corpi in permanenza, senza contare gli Alpini 1 e sci buoni Corpi cli milizia mobile, con una sposa, grande per le nostre finanze, ma piccolissinrn. per l'organismo che deve alimentare. Questa spro· porzione espone il bilancio a salassi J>erioclici, e il rimuoverla non sarebbe piccolo vantaggio per i con– tribuenti italiani. Ma una riforma dei nostri ordinamenti militari, anche se non diretta a conseguire per ora cospicui rispnrmi sulla spesa consolidata, sarebbe per un altro verso utilissima al paese. ~ssa non potrebbe farsi so non riducendo la ferma. e diminuendo i Corpi dclrcsercito permanente a profitto della milizia m6• bile, ossia av,·icinando i nostri ordinamenti militari al tipo della nazione armata. Hidottri la ferma a periodi per quanto è possibile minimi, si affiderebbe a p0co a poco al tiro a segno e agli altri liheri istituti militari ciò che oggi si pretcncte ortcnere escJusivamente dall'educazione di caserma. Accresciuta l'importanza della milizia mo– bile di fronte all'esercito permanente 1 si comince– rebbe a riconoscere che la difesa della patria non si affida solo a poche truppe, esercitate per anni luno-i dalla vita del paese, ma a tutto il popolo idoneo ,:-,a maneggiare le armi. Nò questo sarebbe senza riper– cussione sulla. nostra politica estera. La prevalenza della seconda linea combattente sulla prima, non potrebbe che conciliarsi con una politica pacifica, hL quale avesse nessun'altra preoccupazione che l'inte– grità della patria. rn conclusione, se la riduzione delle spese militari è la rnèta della democrazia e l'obbietto cloll'odierna agitazione del partito socialista, noi non dobbiamo dimenticare che la riforma degli ordinamenti mili– tari può essere il primo e più facile passo per av– viarci alla graduale soluzione del problema. A for– zare questo punto di minor resistenia, noi possiamo avere oggi degli alleati poderosi, e sarebbe un gra\'C errore di tattica non trarne profitto. . .. Un errore tattico altrettanto nocivo sarebbe anche quello di voler subordinare ]a riforma tributaria alla riduzione delle spese militari. .Noi comprendiamo le ragioni di opportunità che possono consigliare, in una campagna contro le spese militari, di additarle come causa principale del nostro disagio e come un ingombro ad ogni progresso eco• nomico. Ma non vediamo come si possa con fonda mento fare di queste spese una specie di pregiudi– ziale ad ogni attività dei partiti democratici, così eia scoraggiare qualunque operosità riformatrice.A questa stregua, nessun partito socialista d'Europa - dove le spese militari assorbono pressochò la stessa quota di entrate che sottraggono in Italia - potrebbe proporsi alcun fine immediato all'infuori della ridu– zione dei bilanci militari. Nella questione speciale della riforma dei tributi è poi da ndtare che la riforma può risolversi in uno sgravio, e può anche limitarsi ad una trasposizione di carichi da una classe ad un'altra. Nel primo caso la diminuzione delle spose è una necessità assoluta, nel secondo è un fatto indipendente('). Ed è appunto porchò la riforma tributaria può limitarsi ad una più equa distribuzione del carico, con vantaggio delle classi povere, che non vediamo ragione alcuna per subordinarla alla diminuzione delle spese. Anzi 1 se noi vogliamo raggiungere questo ultimo obbiettivo, crediamo fermamente si debba affrettare la riforma dei nostri tributi, strumento validissimo per vincere le resistenze delle supersti– zioni militariste. ( 1) Intorno A <1uesln lnlel'cssnnte <1uesllone si è s,-oJta una JlOlC· mlrn rra 1•011.Alessio e l'Ai:m,tt. Ora non ò rorse lnut!II', a dhno– str(ire che la tesi dell'on. ,\less!o tro,·n. consentimento nnche rrn nlcunl socialisti, riprodurre un hrano della mia relazione sulla riforma tributarla al Congresso soclallsta di nologna, relazione 1·111111sta, come molte nitre, Indiscussa. Ecco ciò ehe scrl\·cvo: "Alla 1,011t1cn tributarla del socialisti è consuetudine porro questa pregiudiziale: la riduzione delle spese m11lfor!. w Nlun dubbio elio I duo argomenti sono strettamente connessi. Un rorte rlSJlRrm!o nella sposa ,,uò agevolare una riforma nel ,·ari cesplll di entrnlR. E J>Crchi ritiene che questa riforma debbn con– sistere semplicemente In uno sgrA.\'IO, ò ovvio ohe la riduzione della spesa debba precedere In riduzione dell'entrata. " Ma cotesta Jlrcgludlzlalc non cl pare lusuper&blle. ~ ,\nzttutto lo spese militari non sono le sole grrrndl spese dolio Stato. \"\ è, nèl eSClllj)IO,In SJ)CS!l,molto mal(glorc, l)Or gl'lnte1·os,;I del debito 1>ubblloo, spesa che 1,uò essere - e le recenti si,ertmze <Ilcorwerslono libera ne ranno redo - susocttlbllo di riduzione. l.n 11rcgludlzlale ,•a dunc1uc, In omaggio all'esattezza, formulata cu~i: ncssunn rlrorma tributarla ò possibile se non si riducono lo SJ)C8e dello stnto. " Orn <1uesta prcgludlztalo è, dal punto di vista della l)Olltlca tributarla, 11errottame11toconscrvntrlco. La lnvocnva di recoute Luigi l,uzznttl llCr rlmtlndarc illl'indonrnnl di unn Ipotetica co11,•ersit11w libera clolln. rendita ogni dlaegno di rlrormn tributo.rin. • Ma vi ò un nrgomento di maggiore lm1,ortnnzn. lJnn rlrormn 1r!butar!n non è n confondersi con uno sgravio. Quest'ultimo Jia bisogno, J)er attuarsi, che lo entrnte superino 11ote,•01111cnte lo spese; mentre la prima, llm!landoSI a distribuire J)IÙequamente Il carico, 1111ò rurst senza turbnro l'c11ulllbrlo del bllnnclo gcnernh•. "Concepita cosi, In riforma trlbutorla si 9CJ )ll.rn dal problema della spesa, o <11,·ent1ipossibile lndipondi.mtomente dallo rlctuzloul di 11ucsto o d! 1111e1 bilancio. !'

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