Critica Sociale - Anno XII - n. 19 - 1 ottobre 1902

E, CRCTICA SOCIALE 299 se un minoro spettacolo di miseria oggi offende l'occhio dell'osservatore, ciò si deve al pietoso velo che l'emi– grazione forzata distende sulle nostre miserie. Lasciamo da parte le fortunato terre lombarde, dove l'agricoltura, sposata al capitalìsmo, offre spettacolo su1)erbo rli ricchezza: fermiamoci, invece, a riguardare la parte maggiore del nostro paese. Da inchiesta da noi fatta, interrogando contadini, proprietari grandi e piccoli ed autorità negli .Abruzzi (paese che offre uno stato nò troppo misero, nè troppo ridente di cultura), risulta che un ettaro coltivato a vigna cllL al proprietario una reuclita netta di L. 160, che un ettaro a grano ne dt~ L. 45 1 uno a granoturco L. 26 1 uno a foraggio L. 50. Ma il reddito clcllà. l'igna è incerto quasi come un terno al lotto, per In grande ed invincibile diffusione dello ma– lattie; ed il redclito degli altri terreni è tanto magro da lasciare alla famiglin del piccolo proprietario una vittitaziono non dissimile da quella. del contadino. ~egli A.Uruzzi il ~rano rende normalmente quattro o cinque volte la quantità seminata, raramente la rende fino a dieci volte: mentre le rocco inglesi rendono fino a 30 volto; e la rotnzione o la concimazione chimica ra– :donale dei campi è qua.si completamente sconosciuta. 11 contadino degli Abruzzi si ciba di granone muffito, di J>atate, di verdure: raramente di legumi. li piccolo pro– prietario si ciba di grano, di legumi, patate e verdure: di rado usa la carne. La casa di un contadino è una stalla: quella del J>iccoloprOJH'ietario è un povero tugurio. I Comuni, quasi tutti in debito per le più urgenti spese pubbliche e per i pesi che lo Stato ha loro accollati dal 1860 ad oggi, si trovano in condizioni di barbarie in quanto all'igiene ed alla edilizia, ed hanno altissime sovraimposte. E quando si pensi che il soffio <li ,,ita politica nuova, che va SJ>ìrando nei Comuni, dovrà con– durre a,1 un ele,,amento, ad una sempre crescente inten– sificazione di pubblica tutela con un conseguente aumento sempre crescente di SJJesoJ)Ubbliche, si domanda d'onde nmi si andranno a cavare i quattl'ini necessarii I ln Puglia, 1>oi, lo. condizioni souo ancora piì1 gravi per l'agglomeramento della popolazione, 1,er la perenne siccità, J>er la esistenza del latifondo, per gli effetti delle JJassate crisi ngrarie. Eccezione ratta del grande pro– prietario, il quale può lautamente vivere di proventi diversi, oltre quelli terrieri, la piccola proprietà.di Puglia è agli estremi. L;i. mancata tutela dello Stato in opere pubbliche, la corrosione di ogni buona atth,itìt. per opera delle ca– morre locali (altro frutto di miseria e di spostamento), gli errori politici e finanziari commessi, l'assorbimento di circa una met,\ del nostro bilancio in ispese impro• duttive, hanno ridotto le Puglio nella segl1ente precisa condizione: da una parte, una élite di grandi ricconi, i quali possono fare anche di meno dello loro terre; dal– l'altra, una quantità di JJiccoli proprietari Jlezzentì ed affamati, di fronte ad un esercito proletario di misera– bile carne umana, che si aggira famelico per il 'fa.voliere, proprio come le tonne di cani per le steppe russe. La vita. normale fn P1t{Jlic1, non esistf!: non ò vita quella che ivi la J)OJ>olazionevivo; quella è una continua couyut– sione, una continua agitazione per il boccone del mo– mento, per il pizzico di sale, JJer la brocca cl'acqua. Siamo ridotti a questo: l'alma 1m1·e11s f1·ugum di un tempo alUerga in gran Jlarte di sè milioni di esseri umani, i quali soffrono di rame acuta, e dà.uno di tanto iu tanto segni di vita dolente in qualche rivolta di piazza, pacificata non con 1>ane,acqua, lavoro o scuola, ma con 1>iombo 1 processi e carcere. E quando si pensa. u L d che questa gente, ridotta in tali condizioni miserande, dinanzi allo spettacolo di milioni sciupati in ispese im– produttive, in fallimenti e bagordi, si limita a bruciare qualche casotto clel dazio ed a percorrere, vociando, la strada che mena al :MuniciJJio, bisogna. concludere che l'uomo non ò nato catth•o, come pretendono i padri della Chiesa, ma che è nato scemo! In condizioni simili, se non eguali, ris1>etto allo stato acuto della rame, alla condizione della piccola pl'oprietà e dei Comuni, si troYano la Dasilicnta, la Calabria, il Molise egran parte dell'ex-Stato romano, regioni queste nelle quali la J>iccola e media JJroprietà è stremata cd il proletariato è sottratto alla rh'plta da quella prudente, automatica valvola cli sicurezza, che è l'emigrazione. ... Data questa condizione di cose, chiaramente incomin– ciano a delinearsi i possibili rappo1·ti tra organizzazioni dei contadini e proprietari di terre. Jn queùa parte d'Italia, do,·e l'agricoltura è sposata. all'industrialismo o dove il JJroprictario sparisce, pel'chè cede le sue terre all'agricoltore-iudustriale, la lotta trn. organizzazioni e 1>roprietì~ fondiaria proceder,\ per la. sua strada normale, ed ogni miglioramento potrà. essere nel momento presente conquistato senza imprevedibili turbamenti, perchè la rendita fondiaria. lascia. ancora largo margine. Dove JJoi, il proprietario latifondista ,•o– lesse resistere la.sciando le terre incolte, O\'Yoromuta1Jdo la. coltura da intensiva ad estensiva (lo che equivale ad un mezzo abbandono), tanto le organizzazioni, quanto il }lartito socialista ananno il dovere di strap1mro al po– tere legislativo norme che proibiscano uua tale SJJecu~ !azione sulla fame, analogamente alla proibizione degli atti emula.tivi nel diritto pri\•ato C<l alle disposizioni J)C· nali che ,,ietano l'incetta dolosa 1 la 11ro1lagazionc di false notizie a scopo di SJ>eculnzione, ecc. E quindi al pro1>rictario 1 che la.scia incolte le sue terre, la. legge uotl'ebbe sostituire la. Lega. dei contadini, che si t'ecasse a. lavorarle fluo a che il 1>ro1>rietario non mutasse re– gistro. E dovo, infine, il pro1>rictario operasse la resistenza introducendo le macchine, 1JCppure questo fatto J>Otrebbe im1H·essionare le organizzazioni, 1>oichò esso è naturale all'inclustrialismo moderno e trova gil~ 1neparato il pro– letariato, che dalla macchina di 1>roprietà 1>rivata è le– gato alla croce della miseria da oltre un secolo. In questi casi, non v'ha. dunque nulla. di imprevisto, nulla che sposti lo condizioni di lotta. Sono proprio i termini della lotta economica che si delineano, come è stato pro\'isto dagli economisti cli parto nostra j termini cli lotta cbo ci additano tutta una strada che si sviluppa, ma che non ci conducono innanzi all'assurdo della J}a– ralisi e della convulsione, come stato normale. Ma, dovo il problema si oscu.ra cl'un tratto, si ò nei rapporti tra. la proprietà. stremata e misera e le domande di miglioramento da. parte dello Leghe. Dove la piccola e media proprietà non è ricchezza, ma. or1>ello; dove il piccolo e medio proprietario vive di vita grama, di de– biti, di palpiti - e dovo, d'altra 1>arte, il J>roletariato agricolo non trova lavoro, o lo trova a 1>ochicentesimi al giorno; ·ivi è tragicamente ridicolo di 1,arlare lli lotta 1J01·male tra proletariato pezzeJ1teo 1>roprieU1,ancora pit't. peuente. In tali Jlosti d'Italia. (e sono nel maggior nu– mero) non è }JOssibile 1>arlare di sciOJlero e di resistenza. Sciopero contro chi? Contro la mancanza di Jayoro, forse? Resistenza contro chi? Contro la fame, che è uguale nel piccolo proprietario e nel bracciante? Adunque, bisogna concludere che in tali posti la funzione normale

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