Critica Sociale - Anno XII - n. 4 - 16 febbraio 1902

CRITICA SOCIALE 57 LA TEORIA MrnXISTA DELLA IIISERIA CRESCENTE e la sua unica interpretazionE; JJJ. Scnrtata cosi la miseria. fi-Sica 1 la miseria tendenziale e una delle miserie sociali, rivolgiamoci all'unica miseria che ci rimane: la miseria che scaturisce dal crescente squilibrio tni S(l[ari e bisogno. Esiste questo squilibrio? Vn realmente crescendo? 1 1 :d ò in esso la tanto cercata leva del socialismo? Nessuno, ch'io sa1,pia, à ancora risolto il problema. Non essendovi nò potendovi essere, in questo campo, delle statistiche; esistendo invece sul concetto bisoa110 molti pregiudì;,,i o molte idee stravn– g1mti o imprecise; era nnturnle che tutti gli scrittori, che tanta rode avevano nei mali e negli antagonismi da noi criticati, giunti a questo ))unto, si accontentassero di semplici nffermazioni e fuggitivi a.ecenni, come fanno gli avvocati sulle tesj subordinate. Ma per noi, che le altre tesi non accettiamo, questa diventa la principale; e non possiamo dunque in nessun modo asserire che la teoria marxista è ancora viva e vitale, se dell'ultima miseria, che cl è rimasta, non diamo In J)rovn. Il dire, come Rodbertus, che I bisogni della classe ope– raia nel regime capitalistico souo cresciuti, è dire una verità tanto lnmpa.nte, che non richiede certa.mente di• mostrnr.ione; ma è anche dire una verit~ che 11011 ha oggi, poi caso nostro, valore alcuno. Oggi che è ))ure patente e lampante l'aumento dei salari, come parlnre di antagonismi e squilibri, se non si misurano i due aumenti e non sì mettono a fronte? Come parlare di miseria sociale, e cli miseria sociale crescente, se non è ))rovato che la proporzione, con la quale progrediscono i bisogni, è maggiore di quella, con la quale si elevano i Sltfari? I~ la prova non è certo facile. 1•:ssava contro anzi - nppnrentemente almeno - alle leggi stesso dell'umana natura, secondo IOquali non vi ò aumento possibile cli bisoyui se contemporaneamente non crescono i mezzi del loro soddisfacimento. Sicchò i nostri aV\'ersari, colla storia, colla psicologia, coll'economia alla mano, potreb– bero semJ)re sostenere che, se aumento di bisogni vi è nella classe lavoratrice, esso non supera affatto l'aumento dei salari, e~sendo questo di quello la causa. Noi dunque, invece d'affermare, dobbiamo dimostrare; e il còmpito nostro ò uno solo: giacchè conosciamo un elemento, stu– diare l'altro; e metterc 1 accanto all'entità e alla varia– zione dei salari, l'entità. e la variar.ione dei bisogni della classe OJJeraia. ... Quali sono, oggi, i bisogni della classe lavoratrice? Abbiamo su questo punto delle idee molto diSJ>arate e originali. Ecco per esempio un valente economista - Leroy .Ueaulieu - il quale non ammette negli operai bisogni molto superiori a quelli animali del mangiare, del bere e di ripararsi alla meglio dalle intemperie. Egli si scandalizza fortemente che un 0J>eraio, 14 ben nutrito, ben vestito, ben alloggiato, ben arredato, con un discreto de1>osltoalla cassa di risparmio o dei titoli mobiliari nel suo podMoglio "' abbia il coraggio di chiamarsi povero 11 perchò non ha un palazzo, nò servi, nò carrozze, nò cavalli, nò un palco !lei J)rinciJ)ali teatri " ('). E in un altro ])unto del suo lavoro, o.:1servacon molta ingenuità (') v. l'lntrod.uilone Al suo &rggk> •11lla ,-Jpa,·ti.:um~ ddle ,-ic, dtUH. , B n Q 11 che tutti i mobili che si ammirano nel J>alazr.o d'un finanziere, si trovano, piì1 grossolani certamente, ma al– trettanto com6di, nelle soffitte del buoni operai. La ma– teria ò diversa - avverte Leroy Jleaulieu - e la torni– tura, l'elegn.11zadella fonna non sono le stesse; macosc1 importa 11e1·la socldisfazio11e dei. biSOfJnifisici. ? " .Non importa nulla davvero, rispondinmo noi; ma di grnr.ia, 1 1 oi non concepite che bisogni flsici negli operai? E 1>erchò invece gli OJ>erninon possono sentire il biiwgno <l'andare in carrozza o d'aver dei mobili ben torniti o eleganti corno quelli dei capitalisti? f.,eroy ci risponde subito: percbè carrozza e mobili elegnnti non sono ne– cessari all'esistenza. u L'uomo sociale - esclama egli, prendendosela con Lassallo - differirebbe dunque singolarmente dall'uomo reale; o, mentre questo si trova nllo prese con dei bi– sogni fu.ciii a cleflnirsl, concernenti la sua esistenza, l'uomo sociale avrebbe princiJ)almente dei bisogni di vanità., d'ambizione", cli gelosia e d'invidia. 11 Uomo nale, uomo 8CH:iale? Bisogni di vanitù, di ambi– zio11e, di gelosia, ecc.? I termiui, a dire il vero, non ci sembrano tropJ>0 esatti. Qual ò l'uomo reale? Quello so– gnato da Gian Giacomo Rousseau? E quali sono, dì grazia, i bisogni di vanità e di gelosia? Jo conosco soltanto il bisogno di determinate cose, di determinati beni, i quali, quando si troveranno nelle mani cli 'J'izio invece che di Caio, potranno destare in questo Rentimenti <l'invidia, di gelosia, ccc. Ora Leroy Ueauliou parla di sentimenti o di bisoy11i? Fa dellit morale o dell'economia? Usa un lin– guaggio scientifico o da iweclicatore? Se fa della morale, sia JJÌÙ coerente, e non rimproveri ai poveri lavoratori quei bisogni, quei desiderii di godimenti estetici, supe • riori, che egli ammette sema nessuna restrizione nelle classi privilegiate. Se ra dell'economia, per carità, non parli d'avidità, di vanità o d'ambizione, che non sono termini economici i non torni alle antiche e sratate dìl'i• sioni di bisogni necessari e bisogni superflui; prenda il bi.'!Oguodov'è o com'è; ne studii l'intensità, le leggi, gli effetti, e poi tiri le conclusioni; dimostri, 1>er esempio, che gli 0J)erai sono esseri flsiologicamcnte e J>sicologi– camente inferiori, aventi dei bisogni appena appena 1>ri– mari; e che quindi se ne stanno benissimo come stanno, senza nemmeno sognare quelln miseria sociale di cui J>nrlano Lassa.Ile e Rodbertus; - e avrà ragione. )Ja se invece, 1mr battezzandoli come vuole, mi ammette dei bisogni secondari anche nelle classi lavoratrici; allora gli possiamo rispondere che tutto il benessere e la feli– cità che egli trova in queste classi non esistono, e che non ò vero che esse mangino, dormnno, alloggino bene, dal momento che esse sentono la necessità cPun cibo, <l'un letto e d'una casa mlglio1·e. lla Leroy Jleaulieu 1 nella sua difesa ostinata del ca– J>italismo o dei capitalisti, à J)erso non soltanto la chiara idea della parola bisogno, ma anche il concetto piì1 co– mune dell'uomo e della sua natura. Egli ammette in tutti gli uomini " dei bisogni facili a doflnirsi e concernenti la loro esistenza 11, mentre la ))Sicologia umana è cosl polirorme e intricata, che noi troviamo tra i bisogni degli uomini le più stravaganti e J>rofonde varietà. " La nostra vita intera - scrive uno psicologo di professione ( 1 ) ...:. passa a contmrro delle abitudini, cioè a crearci dei bisogni artificiali per darci il godimento di soddisrarli. Se l'uomo riducesse i suoi desiderii alla soddisrnr.ione dei bisogn.i naturali necessari alla con– servazione dell'individuo e della specie, sarebbe ancora. all'esistenza. vegetativa dell'ultimo dei selvaggi o del piò

RkJQdWJsaXNoZXIy