Critica Sociale - Anno X - n. 9 - 1 maggio 1900

e 130 CRITICA s·ocIALE A coronamento si diffondono dei numeri unici e dei numeri speciali pill o meno illuslra~i, con qual– che operaio seminudo che spezza una catena; sono numeri grigi per t.imorc della censura, in questi l!iorni più occhiuta e permalosa del solito, e l)Cr amore della tiratura eccezionalmente cospicua.; e gli " avanzi biechìerata " e i plausi e gli incoraggia– menti piovono 1111 po' pil'1 numerosi e rubcsti del solito ai fogli del partito. . .. ~l'f1le,supcrgiì1, a non volerla nè adulare) nè de– nigrare, Ja fisionomia del 1. 0 maggio in Italia, dopo dieci anni di vita. :Non è fatta, a dir vero, per farci sfrenare inni di entusiasmo e di giubilo; nè per farci pentire di quel pessimismo, che ci rimprovera pili ]unge l'amico J3onomi. Se il J. 0 nrnggio, sognato daJ Congresso, non ha fatto tra noi il clamoroso falli· mentoi che gli avversari gli hanno augurato e pro• nosticato 1 non sembra che neppure si sia avviato acl avere fortuna: come un piccolo commercirrntei che sbarca il lunario colPaiuto di molti spedicnti, esso yivacchia alla meglio, senza. infamia ma senza lode; e piglia posto - nella gerarchia, dei giorni solenni -· allato a.quelle fest.e ecclesiastiche che il calendHrio ciYilc non riconosce, ma che affrettano ancora, molte fantesche allo messe mattutino della parrocchia. A ve• dcrlo smi\;r,o e strcmcnzito 1 trM:1ci11a.rsi co sì, vcrrehhc YOglia,allc nostre subitanee impazienze, di asscstar~li i1 colpo cli grazia; cli pregarlo, ahneno, che si decida ali essere o a non essere; a crescere, come si augu• rarono i suoi fondatori, oppure a tirare le cuoi.1. ·1~ppure simile giudizio sarebbe ingiurioso cd in– giusto: esso attcsterebhe soltanto che qualcosa, che troppo, cli utopistico ò ancora rimasto dentro i nost.l'i cervelli; e il torto sarebbe nostro, di pretendere dalle cose e dagli uomini pili cli quello che gli uomini o le cose possano dare. Se il 1. 0 maggio non fu, in nessun luogo, tutto ciò che se n'era auspicato, se esso lo fu meno che ovunque in Italia, esso fu cd è tuttavia tutto quello che essere poteva: assai pili e assai meglio di nulla. Spuntato nei fervidi ccr• velli elci campioni e dei precm·sori, subì, scendendo nelle masse, 1a legge dell'adattamento: si ridusse a proporzioni pii1 adatto alle spallo o alla statura de– gli uomini che dovevano portarlo. 'l'rasmigrato in Italia, provò Ja vicenda di una pianta tropicale, as– soggettata a un clima inclemente: le fronde si im· picciolirono; si rattrar>pirono i.I tronco cd i rami. Pure la pianta. visse; e attende aure piì:1miti !)Cl' mettere nuovi germogli, por incoronarsi di fiori e dare, a stagione prnpizia, frutti saporosi. Si cltia– mava" 1.(1 maggio ,,, e un inevitabile ravvicinamento colh1 stagione floreHlc cc lo faceva imaginarc festante e rcdimito d'ogni fcconda.111\egrczza: in realt~, fra noi, il calendario della storia segnava solbmto e a mala J)Cna il febbraio. JI tenei~ albcrnllo doveva ancora I affrontare brine e tempeste, il suo confuso istinto vegetale ne Jo avvertiva: e, se non si ò rivestito cli un precoce lusso di gemme, forse fu più sa.ggio di noi. Ferve intanto Ja linfa sotto In pallida scorza? . U '-' IV LJ Al V l'er"e, noi lo crediamo. Ci basta rifarci un po' ad· dietro colla memoria. Ci basta ripensare al numero di 1. 0 moggio che noi 1>ubblicammo, nel 1891, ]a prima volta in Halia. Chi di· voi lo ha ancora pre· sente? Vespasiano Bignami ci aveva, per ht testata, disegnato un fanciuJlo quasi aereo, seduto sovra un aereo segmento di globo, qualche sparsa fronda vi– cino1 un'esile canna nella sinistrai tre rondini alianti sopnt il suo capo: il fanciullo, colla destra protesa sopra. le ciglia, sogguardava un'alba uascente nel· l'orizzonte lontano, bianco, infinito. Era, forse incon– sapevole, 1111 simbolo, una intuizione del nostro mo• vimento politico d'allora. 'l'utt.0 1 in quel disegno, di· cova l'aspettazione; un 1 aspettazione vaga., sconfinata, aerea, per l'appunto, come quel fanciullo, quel globo, quell'orizzonte, pieno dell'indefinito di una poesia musicale. [I contenuto ciel. foglio rispondeva esattamente allo schizzo dell'artista. Poche lince, come cli con– torno, ad un quadro di idee e di propositi ancora mal precisati : accenni, presentimenti, intuizioni cli qualchecosa che stava per sorgere. Il vecchio par• tito socialista, riflesso dell'Jnternazionale, era ridotto in Italia a una scuola piì, che a un partito : il primo mo,•imento di massa, il l>artito operaio, Aveva ur• tato negli scogli clella repress'iooe e s'era frautu• mato miseramente. Quello peccava di un idealismo esotico e inconsistente, che sembrava condannarlo ad un'eterna impotenza: questo, mezzo anarchico, mezzo corporativista, esclusivo insieme ed eclettico, mal congeg11ato in sè stesso) pareva impedito di risor• gore dalla rozzezza ciel proprio realismo empirico e monco. Pur tuttavia l'uno e l'altro erano stati una forza: il terreno che avevano lavorato non era più un terreno vergine e impervio; i frammenti cle!Puno e dell'altro sembravano cercarsi per ricomporsi ad organismo vivo e com1>leto, le cui linee tuttavia non si tra.vedevano ancora che in nuhe. La parola. lolla, !li classe era piombata., nello stesso campo operaio, come un sasso in uno stagno lucido e quoto, che commuovo e sgomenta i suoi tranquilli abitatori. La persuasione della necessità di innestare b lotta politica nel mo,·imento operaio pareva ai piì.1 una bestemmia. li Partito operaio era entrato rumorosamente nella lotta elettoralc 1 ma con sem• plici fini di critica e di propaganda, con ostentato disprezzo d'ogni vera e positiva azione politica, d'o• gni conquista di poteri. Questa si confondeva colla conquista lii qualche seggio o mandato amministrn– tivo o polit.ico da parto di qualche operaio isolato, o la JH'0va, che se n'era. fatta) incoraggiasa le sfi– ducie. Si pigliava alla lettera la formula di Engels, che lo Stato 1 nella nuova societì1, avrebbe cessato cli esistere, che al Oovcmo degli uomini si sosti• tuirehho l'amministrazione delle cose: fra questo fine incerto e remoto e le necessità del presente non si sapeva. rndcre gracla:done e trapasso. Poichè lo Stato doveva cessare, a cho pro conquistare lo Stato? l3astava comhattel'io. Contro questa tendenza il nostro numero cli t. 0 mag• gio comil1ciaYa a reagire: era· con noi, già da qual-

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