Critica Sociale - Anno VIII - n. 12 - 1 agosto 1899

178 CRITICA SOCIALE ranza che siano intesi i suoi bisogni e riparati i suoi mali. Ma c'è - tu dici - la pressione delle nuove forze, che germogliano auche là dove il terreno pareva più refrattario e più duro. Certo questa pressione nostra è l'a!'gomento pi(, forte della tua obbiezione; ma essa non agisce sempre in un modo, e nel modo che tu credi. Spesso, al sorgere di 1111 partito estremo, quello che era prima l'estrema punta dell'Opposizione cessa di parere pericoloso, cede al nuovo veuuto il bagaglio incomodo della sua vivacità e della sua violenza, acquista il sus– siego e la compostezza dei partiti di Governo, e sale gli scalini del potere. '!'aie era - se non intera– mente confessata - la speranza dei radicali lega– litari durante i primi mesi del Ministero Rurlinì; e !'on. Colajanui parlava allora di una vis a tergo che li avrebbP, tosto o tardi, sospinti verso i banchi del Governo. Ma quando i partiti legalitari trovano sbarrato il cammino, la pressione dei partiti rivoluzionari si esercita come un assorbimento; è questo il caso attuale, ed è su questo che io voglio richiamare la tua 2.ttenzione. I radicali, due o tre anni fa, mi– ravano a staccare la loro opera dalla nostra, a scindere le responsabilità come a differenziare le funzioni; a noi la propaganda e l'agitazione nel paese, ad essi l'abile scherma parlamentare, che li avrebbe aiutati a salire. Ma ecco, che oggi essi stessi non credono più in questo ordinato progre– dire, per il quale le onde estreme sospingono le prossime sulla ri\,a del potere, ed essi si uniscono ai socialisti e ai repubblicani nell'ostruzionismo alla Camera, nelle elezioni amministrative nel paese. O io non vedo esatto, o questo mi pare avvenga un po· da per tutto; i partiti di opposizione costi– tuzionale, o si rinchiudono nella sterilità, o cedono ai contatti dei partiti socialista e repubblicano, i quali, per la natura loro, trasfo1·mauo l'opposizione, dianzi blanda e misurata, in una vera opposizione rivoluzionaria. Non so se questo continuerà ad essere o se sarà un fenomeno transitorio, ma so che l'ou. Giolitti è più pessimista di me. Interrogato se la reazione smetterà della sua furia, se l'agitazione democratica attuale persuaderà a mutare indirizzo, l'antico pre– sidente del Consiglio, che conosce uomini e cose, ha dello di no. Del resto non vediamo anche noi in qual modo si risponde alle maairestazioni eloquenti del paese? Ah, il paese esprime una volontà: ebbene facciamo il contral'io - tale è la sapienza delle nostre classi dirigenti. Oggi siamo arrivati a un tale punto di infiltra– zione reazionaria nel Governo, nel Parlamento, nolla burocrazia, a una così spensierata indifferenza nel sopprimere lo Statuto. che ogni Governo, che volesse ritornare l'Italia alle forme democratiche e ,rolesse avviar\•i una durevole prosperità econo• mica. dovrebbe iniziare la lotta contro il Parla– mento. contro la burocrazia, contro gli organi stessi del Governo. La sfida è lanciata, e qualunque par– tito ortodosso volesse volger.ii alle riformo serie si troverebbe oggi a combattere le ortodossia in cui aveva giurato. Ipotesi questa che, per quanto im– probabile, è pure possibile. In un bel mattino di maggio, placido e dolce come un idillio, non potrebbe il capo dello Stato chiamare l'on. Sacchi, l'on. Mussi e qualche altro radicale, e dir loro: sbarrazzatevi di una Camera reazionaria, fate le elezioni risve– gliando tutte le energie nuove del paese. governate con la democrazia e per la democrazia, Per quanto tu mi faccia c1·edent0 nei miracoli di Lourdes, io sono ancora tanto scettico da non cre– de1·e a <1uestimiracoli futuri. Del resto un Governo anche costituito cosi, dovrebbe ,·omporla con tante IJ VU '-' cose, da determinare proprio una discontinuità sto– rica. Ed io avrei ragione lo stesso. . .. E siamo al'rivati alla tua Italia assente. Perchè - tu mi dici - non isperare che questa nuova corrente democratica penetri un po' da per tutto, e anche là in quella Camera dove non sono ancora le condizioni d'esistenza per un Oo,·erno democra• ticol Dobbiamo forse disperarci perché il Mezzo– giorno mancia le sue falangi reaziona,·ie a paraliz• zare l'azione rinnovatrice della democrazia del Settentrione 1 Ma quella è « l'Italia assente, e gli assenti hanno torto ». Italia assente I Oh, la deputazione meridionale, coi suoi 150 deputati ministeriali con tutti i Ministeri, è bene assente quando l'afa di giugno piove greve dal lucernario di Montecitorio, ma allora, se gli altri vogliono rimanere, consiglia a compare Pel– loux un decreto di chiusura! Certo, essa è assente quando si discute qualche interesse del paese, ma essa non manca quando, assieme ai reazionari del Nord. c'è da dare un voto di fiducia al Ministero' « Cento elezioni di Caccamo o di Tricarico non ne valgono una di Milano o di 'l'orino»: certissimo. Ma questo, che è vero in quanto a ripercussione morale, a significato politico, non è più vero nel– l'urna dove si decidono le sorti del paese. I voti che raccoglie Pelloux valgono quanto quelli dei suoi oppositori; è l'aritmetica che decirte se deve prose((uire la reazione o iniziarsi la libertà. Sì, è vero che l'opposizione viene dalle regioni più culte, pili ricche, più civili, e che quindi essa ha più vigore di espansione, più rorza di sugge– stione, più significato politico. Ma ciò aumenta, non scema il calore rivoluzionario a questa corrente oppositrice. Un paese in cui l'unica parte florida, cosciente dei suoi interessi, esercitata alla vita politica, è contro l'indirizzo odierno dello Stato, e dove l'altra parte è, come influenza morale, dei tutto assente, deve di necessità concludere che la maggioranza attiva della nazione vuole altro Governo ed è contro la reazione attuale. Così che, quando si trova davanti a questo mostruoso fenomeno, di avere per sé una maggioranza fuori e una minoranza dentro il Par– lamento, sentirà il bisogno di frangere l'impalca– tura artificiale che permette questa mostruosit.\, e di ridhrentare esso il sovrano del Pa1·1amento,scam– bio di esserne il suddito. Io ho cercato nell'altro articolo di dimostrare che, se l'Italia meridionale è la riserva inesausta dei pretoriani della reazione, se essa non esprime nelle manifestazioni politiche il malcontento che, sebbene ancora allo stato impulsivo, pure vi serpeggia, la colpa è della fitta rete di camorre e di clientele personali che la tengono incolta per averla· schiava, superstiziosa per averla docile. Rotte le maglie di queste clientele, appagati i pii, urgenti bisogni eco– nomici delle plebi cittadine e rura1i, anche l'impul• sività meridionale può servire alla causa della ci– viltà. L'Italia assente può, se trascinata dalle forze nuove del Nord, liberai'Si dall'Italia pur troppo pre– sente dei suoi rappresentanti ministeriali. Con ciò io credo di aver anche risposto alla tua accusa di illogicità. lo affermavo che un mutamento superficiale, che non avesse audacia per attaccare le camorre di cui si alimenta tutta la vegetazione invadente del parassitismo incolore, si lusinghe– rebbe invano di liberare l'Italia e di riparare ai suoi mali. Ma io non escludevo affatto che un Go– verno, appoggiato alle forze radicali del Nord, e deciso a sottrarre all'influenza dei partili locali le plebi del Mezzogiorno, alleandosele subito con l'abo• lizione ciel dazio e con la 1·esUtuzione delle terre

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