Critica Sociale - Anno VIII - n. 10 - 1 luglio 1899

110 CRITICA OCIALE lusinghiera - pareva fosse venuto meno il 'pen– •iero del partilo. • Eppure, in quante nuove forme e più vi\•e e baldanzose quel pensiero non trovò modo di durare e di estrinsecarsi! Di quante felici audacie ed eroiche abnegazioni, e sùbite, iososJ)(lt• tate vigol'ie uon gli riusci di nutrirsi! Dove uno dei nostri era soppresso, tre, quattro altri uscivano dall'ombra e ne prendevano il posto; se uno solo subentrava ai quattro, rimboccate le maniche, sb1·i• gava la quadruplice bisogna. Vedemmo il miracolo dell'Avanti!. fulminato. rinascente in un baleno dalle ceneri su•, accamparsi come Ajace nel più Ottodelle teucre offese; vedemmo io poco più d'uu anno schiodati dal Jeguo ignominioso i crocefissi dell'idea; il manipolo nostro in Parlamento, deci– malo ancora, seppe ringagliardire se stesso e in– fondere un'anima alla F.strema tutta quanta, che pareva averla smarrita e che diventa d'un colpo la sola e pugnace interJll'ete delle speranza del popolo e degli interessi supremi dell'italica civiltà. Vedemmo, vediamo tuttoglorno, contro le cieche ingiurie della spada e le più cieche minaccie della corruzione troneggiante, insorgere ammonitrici le sante vendette delle urue.... A che piangere sulla strage delle Sezioni e dei Circoli, se, là dov'era un'espressione formale di socialismo chiuso ed Ir– reggimentato. si svolge oggi il prolifico rigoglio d'un gru1>podi coscienze! A che querelare sulle mura smantellate del partito, se per la breccia dischiusa dall'ira avve1·saria penetrò un nuovo fiotto di anime ardenti e generose, se il rigurgito ci sforza ad abbandonare i valli p,'Oditoriameote espugnati, e la nuova cinta simbolica abbraccia un ,•addoppiato numero e una più Intima e pulsante frequenza d'intelletti e di cuori 1 O sgomenti inutili! O sassi slanciati con gioia brutale e ripiombanti ete,·namente sulle teste de, malaccorti frombolieri! Si disse già, e si ripete. che la gente nostra non è che impulsiva, ama II gran rumore per nulla, che in Italia nulla dura, nè il bene, nè il male, nè l'impeto del progresso, nè II controvapore della 1·eazione. F. v'è cel'lo del vero. Pure, sotto le forme esteriori che mutano presto, v'è qualcosa, nel pro– fondo. che mostra di perseverare; vi sono le forze latenti, Incubanti, operanti lentamente a insaputa di noi stessi, e onde gli effetti emergono quando meno si attende, come di so1·p1'6Sa.Vi è il lavoro inconscio della storia negll ipogei della psiche col– lettiva, colla quale gli avver•aM nostri, nella loro incurabile miopia, non contano mai. E cotesto la– vor-omisterioso è tutto per noi. È perciò, Io ab– biamo veduto. che beo può darsi anche iu Italia il « trionfo ~ell'ordine •; ma fra le città italiane 11011 esiste Varsavia. Ed è perciò che ai molti, i quali oggi si rivol– gono a noi, quasi aspettanti un ve,·bo di rivela– zione. chiedendoci: • e ora 1 quale via s'ha da batte,·e 1 •· noi rispondiamo: l'antica. - • Quali mutamenti subiretei quali nuovi atteggiamenti a,y1-emorla prenctere t ». noi rispondiamo: nessuno. on già che gli avvenimenti funesti, per cui ge– mono sangue tante piaghe ancora, debbano esser passati sol partito come onda sul marmo. senza lasciarvi sedimento alcuno d'esper·ienza ammae– stratrice Non già che pericoli _gravi_non ù,dclen~ aino pur semp,·esul nostro partito, sui nostri idea\J, sull'avvenire del proletariato italiano; nè che, conii-o Rii ostacoli, s'abbia a dar di cozzo come bestie matte, Battere uoa via non signtnca rinunciare al lume degli occhi e della ragione. Ma le nuove esperienze nou contraddicono alle antiche, anzi ne sono il compimento; ma i perico!i ou?vi son~ ,an~o_r~ .. in sostan1.a, i pericoli ,Teccl11,resi solo pm v1s1b1h a chi amava camminare distratto. Oli episodi del maggio non fur-ono che un documento di più. E i nuovi accorgimenti T Non sarebbero es:si, per caso, giusto quei medesimi di cui, fra resistenze sempre meno tenaci, ci facemmo già importuni preconiz– zatori I - He,·t dtcebamus ... Comunque, ogni (!io,·no ha il suo còmpito, e ade– guare nuovi acco1~g1menli ad emergenze nuove è la vita, è la forza, la maestria dei partiti. Per essi non v'è falsariga, non ricetta unive1·sale, non son– nambula che dichial'i loro, una volta pe1· tutte, il pianeta della fortuna. A seconda ~el legno che ha da abbattere sceglie l'ascia il buon boscaiuolo. Oggi intanto non vediamo che la vecchia ascia abbia il Olo smussato. E quand'anche scorgessimo le falangi avversarie inoltrarsi a precipizio per quella china di abominii e di rinnegatrici follie della quale sem– brano stare ancora irresolute alle soglie; ancora e sempre non crederemmo che le vecchie vie deb– bano venir disertate, e le vecchio a1·migettate via tra le sferre. Ci parrebbe piuttosto di doverci ad– destrare a percorrere quelle, a manovrar queste con accortezza maggio,·e. Ai volenti le dlrflcoltà divengono scuola; gli argini non respingono il fiume alle sorgenti ma Io ranno più irresistibile. La nostra via è ancora la buona; essa si svolge sul terreno accidentato e dirficile. ma solido e si– curo dei fatti, lontana egualmente dai sentieri che si perdouo sulle vette nevale dell'utopia, e dal molli declivli che conducono ai morti paduli dell'oppor– tunismo infecondo. La nostra bandiera, che non si alza suscitatrice o guidatrice di sommo se, non presta neppure la sua asta a chi vuol percuote,·e vigliaccamente i caduti. olo, sulla , 1 ia che ci si apre dinanzi, ci sfor– zammo e ci sforzeremo di vedere uo po' più lon– tano della prima e più facile tappa, senza perdero questa e le successive di vista per impigrirci nell~ inerte contemplazione della meta lontana. Salvarci dal (aclltsmo - per usare la parola che ci prosta poco più avanti il p,-or. Labriola - da ognt so,·ta di facilismo. sempre traditore, fu e rimane no~tra cura. Questo còmpito SJ)(lciale di esploratori e di critici, che ci fece spesso Cassandre nel partito, e ci permise per converso di serbarci sereni e fl. denti sotto i colpi più fieri, non può sempre essere assolto dai fogli quotidiani, nè da quelli di minuta pr-opa[tand•. che le esigenze di u~• lotta assidua e senzaquartiere urgono alle reni. E questaadunque, segnata dal consiglio delle cose, la nostra funzione. Per adempierla nel miglior modo che le forze no– stre e il costante affetto rlegli amici ci conse11ti- 1·auuo, riprendiamo la penna. LA CRITICA SOCIALP.. Fll.lPPO TUll.A'l'I etl ANNA KUl,ISCIOf'F ,·i,lfl)"RJiano vi– vamente gli amici, i compa!Jni, r co,·tesi tutti, noti e «:o– nosciuti,che d1o·at1le e dovo la loro carce,·a.:ione im:ia,.ono toro lettere, telegranuni, pubblica:ioni, ouni genere lii allutati di &impatia, di augw·ir>, di ,·allegramenlo. k imJXU&ibile, nel cunndo di tante mamfe&la.%ioni, risJ)oncltn·e a ciascuna pa,·titam.entc; ma del conf01·10 cha ,·ecm·ono ù in essi dolcissimo e imperitul'O il r,cordo. A molte letlere r1ftellcnli ,-eclam, d'indole ammini– &trativa o elle altrimenti e,,igono t·isposta, &arà. data evatiane a mano a mano che lo concederà la rena del taocn-o occa.sionala dalla rapirla rip1-esa della pubblica• ,ione clella Criuca.

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