Critica Sociale - Anno VII - n. 17 - 1 settembre 1897

262 CRITICA SOCIALE personale, le succhierà tutto il sangue. Il Kautsky, in un breve ma bellissimo studio sulle Cooperative che la Lotta di classe cominciò a tradur·1·e in appen– dice, illustra questo requisito con cifre e con esempi di fatto. (') Esso dimostra come nelle grandi città la coopei-,1zione di consumo alligni e renda assai meno che nei mediocri centri operai. A Bruxelles assai meno che a Gand o che a Jolimont; a Londra che nel Yorksyre. Una certa U(J'l..taglianza di condi':.iOni nella massa permette alla Coopemtiva di acquisbt>e, od anche di produrre essa stessa, generi di consumo in grande quantità e ,H qualità poco svariate, sot- 1,raendosi ai cap1·icci degli individui e della moda. E appunto in questa semplicità tecnica ed ammi - nistrativa e nel vantaggio degli acquisU o della produzione in grande, che la Cooperativa trova uno dei suoi principali punti d'appoggio. E dove trovate finalmente, in questo nostro paese straccione, l'operaio che paghi regolarmente al magazzino e non abbia bisogno del credito? Non parliamo del contadino che vive, si può dire, di nulla: per lo più è pagato in natura. e consuma quel po' di derrata che gli viene dal fondo: tutt'al più, se è un bracciante, acquisterà la farina per la polenta, e un po' d'olio o dì lardo per la minestr·a_: neppure il sale la Cooperativa gli potrà fornire. E perciò che fallirono le Cooperative del mantovano. Avevano i soci, ma ..... che non compravano nulla. E nelle grandi cith.\1 Ci sta fissa in mente la· bellissima inchiesta di Gina Lombroso su un quar– tiere povero di 'l'orino. lvi si toccava con mano il bilancio di un centinaio di famiglie operaie, nel quale i rifiuti delle case signorili (una forma, in fondo, cli elemosina) entravano come elemento ne– cessario d'integrazione. Supporre che questa gente, cosi spesso percossa da malanni, da disoccupazione, possa far a meno ciel credito, è viaggiare nelle sfere eteree dell'utopia. Claudio 'l'reves ha creduto di coglierci in con– traddizione, osservandoci che Ja candidatura pro– letaria del Nofri, della quale avevamo fatta l'apo– logia, era nata, in qualche modo, dalla fiorente CooperatiYa dei ferrovieri. Di questa possiamo ri– petere quello che affermammo del Belgio: il suo prosperare ò riprova della nostra tesi. I ferrovieri, per quanto sfruttati, sono appunto un esercito, fitto, compatto, uniforme, quasi una famiglia, hanno lo stipendio magro ma regolare e sicuro, vivono agglomerati presso le stazioni fer– roviarie. Un terreno eccellente per piantarvi una Cooperativa - e una Cooperativa socialista. Eccezione che conferma la regola. V. Pericoli per il partito. Ci si dirà che non tutti gli operai vivono in quelle condizfoni misere e precarie che abbiamo accennate e che, al postutlo, alle nostre Cooperative si approvvigionerebbe voloutieri una grande quan• tità di piccola borghesia, che già simpatizza e ma– gari vota con noi e per noi. e conveniamo; e diciamo di piti: se le nosfre Cooperative potessero mai avere un avvenire, è unicamente su cotesta eletta di operai e su cotesta piccola borghesia che esse dovrebbero fare asse– gnamento. Ma è appunto qui che noi scorgiamo uno dei maggiori pericoli che da esse verrebbe al nostro partito. li ris1.-1ltato sarebbe di scindere gli operai in due classi; l'una cooperatrice, l'altra impotente e<Iesclusa dai benefici della cooperazione; e di ( 1) Cons1imt:c,•eou: 1md ArbeEtt1'beweo101g. \'ienna, t897. B1b 1mec3 I.JlnO n1arco creare una nuova. intrinsichezza di contatti e mede– sime1.za d'inte1·essi fra quella a1·istocrazia operaia e !a piccola borghesia. Ossia di agire in senso diame– tralmente opposto alla lotta di classe socialista. Come se il partito socialista in Italia (per ragioni d'altronde per ora invincibili) non fosse già troppo inquinato di spi1·ilo e di elementi piccolo-borghesi. Altro che pal'larci di cooperazione educatrice! Sa- 1·ebbe l'educazione dello spirito bottegaio (la sola educazione, iu fondo, che possa scaturire dalle Coo– perative di consumo) instillato artificialmente nella parte pili forte o battagliera del ceto operaio, in luogo della solidarietà di classe che si sviluppa nella resistenza. Anche questo è un punto sul quale insiste il Kautsky nello studio che abbiamo citato. Le Coo• perative di consumo socialiste, egli dice in sostanza, cessano di esse1·e pericolose laddove la lotta di classe sia così sviluppata e cosciente e i limiti delle classi siano cosi netti, che qualunque confusione o ra\'vicinamento ò divenuto impossibile; è il caso del Belgio e della Sassonia. Ma dove la coscienza di classe è ancora così grama che è difficile perfino fondare e far prosperare le leghe di resistenza, ivi istituire Cooperative di consumo per aiutare il mo– vimento socialista sarebbe ,Tera stoltezza (es wifre eine 1'h0rhetl). Ma in Italia, a confessione del 'l'reves, « se non esistono le masse operaie organizzabili, non esi– stono neanche (o sono troppo pochi) gli uomini atti a organizzarle ed a rappresentarle. » Questa penuria di uomini (la quale del resto si lamenta uu po' da por tutto. perché, anche nei paesi più avanzati. sempre il movimento si estende piti ra– pidamente nella massa, di quel che non susciti abili organizzatori) raddoppierebbe il pericolo di ordine morale al quale abbiamo accennato. Le Cooperative infatti dovendo essere socialiste, e molte e g1•avi, come si è visto, essendo le diffi– coltà da vincere per sostenerle, che cosa farebbe necessariamente il partito? Esso metterebbe a capo delle Cl•Operative i suoi uomini migliori, i più energici, i più intelli~enti, i mig1i01~isuoi propa– gandisti. Il Treves, ea altri con esso, pensano anzi e non dissimulano che questo, di servir di rifugio e di procul'are una posizione indipendente ai no– sfri propagandisti boycottati e perseguitati, non sa– rebbe il minol' vantaggio delle nostre Cooperative. Ma tutti questi uomini, dunque, sarebbero tolti al movimento e alla vera azione del partito. E questo il timore che esprimemmo dapprima e dal quale l'articolo del '1'1·evesprese le mosse. Timore tutt'altro che arbitrario. Quando questi uomini dovranno pensare agli acquisti, alla tenuta dei libri, alla vigilan1.a sulle mani lunghe (l'Italia. si sa, é il paese dei commendatori - e non nelle sole classi dirigenti), ecc., ecc., essi saranno perduti per l'agitazione. Avremo forse il nostro V001'uil che significa Avanti! - ma potremo intitolarlo: buliet,·o! Consulti ciascuno l'esperienza propria; e alle cose che diciamo potrà apporre degli esempi, dei fatti; dei nomi. Dall'epoca del vecchio partito operaio sino ad oggi, l'elemento operaio non ha dato al partito quasi pill nessuna forza eminente. Uppure quanti operai che ci promettevano un contributo di forze e di entusiasmi! l\fa hanno incominciato ad occuparsi di una Cooperativa professionale: sono diventati i burocratici di una Camera di lavoro; e per noi. per il partito, é come non esistessero più. Non ultima ragione questa del prevalere nel pa,·tito dello spirito piccolo borghese, e del fatto che nel gruppo parlamentare socialista non trovate un solo operaio autentico - e trovate a mala pena un paio di salariati.

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