Critica Sociale - Anno VII - n. 10 - 16 maggio 1897

B 146 CRITICA SOCIALE Per inesorabile legge storica, i figli dt1i pJ·odi debbono 011m·e i Più vili; e noi, come i Greci. siamo figli di prodi; destinati perciò a scappare in perpetuo o a mo– destamente rannicchiarci - trascriviamo la. precisa parola - nell'impotenza. Tale la tesi lugubre che sgorga - coronamento finale - dallo scritto inserito qui sopra; afl'erma1a col consuelo coraggio, e che non mancherà di far strillai-e le oche dello sciovinifmo e del patriott·smo a chiac– chiere, del quale in term d'Italia non è carestia. Non noi per sciovinismo o altra retorica bolsa insor– geremo contro il fatalismo scora.ggi:rnlo del nostro illustre collaboratore. Lo tesi, come la, sua, crudo e crudamente espresse, ci piacciono anzi. Ma quella. lesi ò, al solito, la. generalizzuziono o l'estensione al mondo sociale di un ratto biologico, anche biologicamente non assoluto: la llegenerazione delle razze. Pei popoli, come per gli individui, dietro al Campidoglio sta la rupe Tarpea. Como gl'individui, i popoli hanno una giovi– nezza. ed una. vecchiaia. Mu. gli individui trovano, dopo la vecchiezza, la morte, e nel suo gorgo la quieto. E i popoli 1 Vegeteranno tormentati nella vecchiezza. sem– piterna.! E se, dopo i fa.ti, v'ò rinascimento, quali ne sono le leggi 1 Poichè, infine, non è elio un tropo cotesto, che tanto dilata il significato del termino figli da. fa.rio abbrac– ciare i millenni. Dunque pe1•la morto di Pindaro pian• geremo in eterno? Volgono dieciue di secoli cho quelle buonanime di padri sono inceneriti. E quanta. vicenda di casi, e quanta. trasfusione ed incrocio di albumi novollì ! L·esaurimento, esso solo, non sarà esaurito giammai? Ancora, sempre, siamo figli di procli? E i figli nostri, allora 1 Questi almanco do,•ranno essere prodi, dacchò noi rummo vigliacchi. In lesi siffatte non può essere, si vede, che uno spicchio di ,;ero; come nell'altra che il Lombroso affer• ma.va più sopra: che la vittoria è dei barbari. Pure, a. lacero delle nazioni moderne, civili o vittoriosei vitto– riose anche contro noi, perché O benchò di noi più civili; pure, quei prodi arcavoli nostri c1·ano, pel tempo che segnava il quadrante dell'era, i più civili fra. tutti: o vinsero ciononostante; e vennero vinti a lor volta, ma dopo, novella. la. storia, che ruron corrotti. Se la bar– barie è che ,•ince, o come, in una storia tutta intessuta di guerre, la civiltà. s'ò instaurata? Vi è dunque una barbarie cho ascende a .ll'incivilimento, lo doma, lo as– sorbe; un'altra., postuma. barbarie, civilti~ che ll'aligna, ed è debellala. e assorbita. Ma. i Turchi son ossi una civiltà che comincia? ha gobba a pononlo la. mezzaluna orientale? Da questo laberinto di contraddizioni e dubbi il filo d'Arianna. la biologia non lo porge. A mala pena. e~sa gli provvedo una. fibra; che si schianterebbe ai sassi o ai virgulti so non fosse attoria a più altre. Perciò il materialismo storico ripudia. la base biologica: interroga lo. biologia come un testimonio rra tanti. Il filo tenace lo porge la. sociologia; la <1uale è tutta integl'Uziono e assegna allo leggi della. vita. il tempo od il luogo. Un filo co l'offrh•a, ad esempio, il nostro Roscitts in questo colonne, illustrando l'evoluzione del patriottismo. Non da una legge desumeva i ratti; ma dai fatti dell'oggi o del domani desumeva le leggi del– l'oggi o del domani. ( 1 ) ( 1) ROICIUS, Il HUOGO fJlttrfottUmo. - Per chi ,·ogUa rileggere quegli 11rtlcoli uniti li stiamo raccogliendo In opuscolo <cent. !O) a G110 i:;, n Ce1·lo 1 nel crepuscolo fra l'epoca militare e l'indu– strialismo sorgente, a.vvongono strappi, si spalancano hiatus. L'umanità. non procede con pari metro, allinenta. su una sola rronle. · Dietro agli anglosassoni (i romani model'ni) che allo sviluppo delle macchine a.ccoppiano il culto della. forza e della saluto, ci lrascichiamo noi, greci e latini bastardi, schllwi di spirito e denutriti di corpo, che della nuo,•a civiltà. l'isentiamo tutte le gra– ,•ezze e poco o punto i vantaggi: tanto più schiavi e denulrili quanto pili greci e latini ( 1 ). Ma questa. denu– lrizioue o schiavitù nostm ò un ti-anseunto fatto poli– tico, sul quale il folio biologico si aderge, non gli si approfonda sotto: controquell1l che ò l'ipotesi testa,·da dei biologisli it tout 1·omp1·e. ~: al disotto dell'Italia ufliciato, 1msciula. o pascente, c'ò una riserva di forzo inesplorata. Che ne usci1·it quando avremo protligati i lm•chi d'ltnlitl?. /gnorabimus, no, mu, certo, ignol'iamo. 01' quostu. non è guerra che combatt.asi coll'armi nel pugno. Nò la prodezza dell'armi ò la sola o maggiore prodezza. Jell'a vveniro. li vian– dante assalito e sgomento ò desso men prode del gras• satore? Ogni lcm1>0ha un proprio ,alorc. Un popolo ci,•ilo teme la morte più del sel,•aggio, perchò pili apprezza. la ,·ita., o certe fatiche non sopporta pcrchè ad altro ò indurnto, o a.ntivede dolori e pel'icoli che son muti al selvaggio. Onde si potò sostenere in questo stesso co– lonne quest'altro paradosso: che il ruggire ò dogli eletti. A queste cose non ponsa1·ono forse abbastanza i gio– vani nostri, che accorsero - mentre noi crollavnmo la testa - allo alture di Tessaglia e di E piro, a trova1•vi la. fracida carcassa di quella Grecia, che avevano so– gnata aitante vergine. Ma noi li attendiamo, reduci, ad altre battaglie, più complesse, non m eno fiere e J>iù ratto por gli omeri loro. Nelle qu o.li (impiccati, o Scar– roglio!) samnno, come gi:'t l'urono, J)l'Ocli. Ftl.lPPfl TUl!ATI. (') Mentre si discuteva, alla. Camer:1, la te,uce militare, era quelìta. la r:1glone che I mll11ar!stl opponevano, negli arubula1orh, al re• clutnmento regiounle: che I merldlonnll, ee non far1110 lega me• t11lllca in ogni compagnia con 1llemon1e~i e lombardi (gli inglesi d'Italia), acap1mno. ;il 1wimo fuoco. a gamUe le\ate. La ragione Jlhì ,·era per altro ls mormoravano a ,oce plll bassa: il pericolo di un eeerclto a ba!e regionale 11uando ei lra.tt.islìe della repreii– elone nll'interno. Gli ammonimenti del 1. 0 Maggio Nello sco1·so m1me1·0 ponevamo un'alternativa. Il p1'0letariato italiano dove"a decidere, col suo con– tegno, la \'ita o la m01·le della manifestazione rii maggio. Hispondero agli av,·ersarì che ne constata– vano, sogghignando, la tisi. O fare del 1.' maggio una gr·ande manifestazione di classe, nel solo modo in Italia possibile- l'astensione dal la\'Oro, - o avere il COl'aggio di cantargli il misere1·e. Il proletariato italiano - che non per nulla e ita– liano - .si ò ricusato di ubbidire al nostro dilemma. E~so è sgattaiolato fra corno e co1·no. Ha prefe,·i ta la soluzione italiana del mezzo te1·mine. Il 1.u maggio ò rimasto quel che e1•a. Astensione parziale, mani– nifestazione parziale, festività parziale. Mezzo guer1·a e mezzo pace. Mezzo quaresima e mezzo carnevale. Cosi, come quelle persone di salute mal ferma che il nostro vernacolo battezza pe1· « carri rotti », il 1. 0 ma~gio italiano minaccia di tirar via pel' dei secoli. Come un cagnolino tenuto piccolo coll'ac– quavite. osso nou si s,·iluppa. non cl'esce e non

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