Critica Sociale - Anno VI - n. 17 - 1 settembre 1896pdf

258 CRITICA SOCIALE dulcamaresca vacuità delle promesse del discorso di Lonigo avremo tempo se qualcuna di esse - che non crediamo - dalle nebulose sfere del discorso di poslp,·andiu-ni teuted1. di passare e di fissarsinelle fo1•me più concrete di un disegno di legge. Nella questione militare, i progetti Ricotti, che impoverivano l'esercito senza realizzare notevoli economie e ri1)udiavano quei primi accenni di de– moc1-atizzamento militare che erano contenuti nel timido recJutameoto re~ionale del ministro Mo– cenni, venne1•0sacrificata.senza interrogare il Par– lamento, al cenno di misteriose volontà, che tutti conosconoe che nessuno può nominare ad alta voce, per far luogo, col ministro Pelloux, a nuovi già annunciati ampliamenti del bilancio. In questa questione, dunque, nessun passo avanti in confronto all'epoca della dittatura crispina. I ministri, a questa loro qualità prererirono quella di ciambel– lani - alla funzione di direttori dell'esercito pl'e– ferirono quella di suoi senitori umilissimi. Appena ò so qualcuno di essi prov, 1 ide. sepa,·aodosi dal branco, a porre in salvo la propria coerenza e di• gnità personale. Quanto all'Africa, il Gabinetto lludini poteva dirsi ben fortunato. La stessa immensità della caL1strofe che lo innalzava al potere gli tracciava nettamente la via e gli dava dieci volte più forza che ·non gli occo1-resse per cor1·erla tosto ed inte,·a. ton mai ministl'i del regno d'Italia, dopo l'annessione di Homa nel l&iO, pot~rono giovai-si di un così vivo od esplicito ed universale consenso della nazione, por essere, sol che lo volessero - lo ripetiamo ancora una volta - mini tri o non ciambellani. Il disastro delle nostre armi, degno coronamento di un'impresa stolida e turpe nei fini, ,·ile, feroce ed ipocrita nei mezzi adottati, era il disastro di tutte le velleità di espansione milita1·e, e1·a la condanna senza appello non solo dei guerrafondai, pagati sui fondi del Ministero della guerra e degli specula– tori in forniture militari, ma anco,·a, e più, di quello coscienze incerte, che formano lo mag~ioranze ufll– ciali, impastate di transazioni o odiatr1ci delle po– sizioni decise, che vor1·ebbero la guor1·a senza i rischi e lo spese, la conquista senza la guerra, il dominio senza la conquista. 0l'mai s'em veduto a che menava quella politica coloniale cupida ed im– belle ad un tempo, fanfal'Ona ed inetta. provoca– trice o codarda, e gli effetti ne appa1·ivano cosi decisivi, che perfino gli espa11sionisti più cocciuti - se non erano veri malviventi - confessavano l'il· lusione e il ravvedimento. Agire dunque pl'ontamento, onergicameuto, sfrut· tal'e il momento a servizio della nazione, della patria, e, aggiungiamolo pure, della stessa mo– narchia, tale era l'imperioso dO\'e1·0 di uomini di Stato galantuomini o di monarchici sincol'i. Il nuovo Onbinetto non portava seco alcuna responsabilità dell'avvenuto; nessun legarne coi l'esponsabìli, coi quali anzi si do,,e"a trova1·e in deciso antagonismo; esso aveva le mani libe1'0, e In sua origine quasi rivoluzionaria gliele liber:wa ancor pili. Abbando– na1·e l'Eritrea o almeno ridu1·re francamente le pretese del possesso italiano al semplice appl'odo di }.las aua con carattere esclusivamente commerciale, e su queste basi, rinunciando all'adulterata con– venzione di Uccialli, fonte di sl smisurate sciagure, negoziare immediatamente e nei debiti modi un tratlato di pace col ,•incito1·e, la cui p1•ima clausola doveva essere il riscatto dei tremila prigionieri che in quel momento gli pesiwano im mensam ente sullo braccia, tutto questo pot8'·a essere l 'afl3.ro di qualche settimana. Se fossero abbisognati nuovi s acrifici - e il prestito lal'gameulo coperto dimostrò che la di11fcolt:\finanzial'ia si poteva accortamente girare - nulla, in quel momento, avrebbe l'icusato questo 81b t CFI G no B1a o emnnto popolo italiano, pur di riavere prontamente i suoi figli, e di suggellare per sempre il libro scia– gurato della colossale ciurmeria africana. Il gabinetto Rudini non ebbe, non volle avere, l'intuito della situazione e non seppe dominarla. Cominciò col temporeggiare, perdendo così le rorze inestimabili che gli venivano dal momento ecces– sivamente propizio a una solmdone radicale, dallo schiacciamento e dalla umiliazione dei suoi nemici politici più astiosi; si avvolse in un mutismo, che mal poteva pretendere a machiavellismo, circa i prop1·i intendimenti, da, 1 anti alle Camere; e quando, nella tornata del Senato 24 marzo, il Rudini fu costl'etto, dalle puntul'e del llossi e del Neg,.otto, a sbottonarsi in qualche modo circa la voce di una indennit;\ di guerra da pagarsi all'Abissinia, uscì ruori con rodomontate da baracca ~i burattini. che appena sal'ebbero parse tollerabili se la battaglia di Adua, anzichè essere stata una batosta coi fiocchi, fosse volta in nostl'o favol'e. Frattanto il Negus, dopo essersi indugiato per più settimane nelle nostre vicinanze. quasi ad offifrci i prigio– nieri, che erano per lui una soma non indifferente, si decideva alfine, stretto dalle necessità dell'ap– pr<wigionamento e dalla stagione, a ritornare sui suoi passi, ad internarli e a distribuirli nello Scioa, 1·endendo cosi cento volte più difllcile il riscatto e pii', pel'icolosa ed incerta la loro condizione. Ci vollero quattro mesi perchè il Governo - che ha a disposizione na,,i, teleg,·afo, denaro, amicizie, influenze di ogni natura, fatte apposta per facili– tare i 1·apporti e accorciare le distanze - ci vol– lero quattro mesi, peggio ancora. ci volle lo iiti– molo, diciamo meglio, la sfida delle iniziative del Versowitz e del Papa, perchè il Go,•crno si deci- 1lesse, a stento e come forzatamente, a spedire un negoziatore, e anche qui losinando sulla qualiù\ della pe1-sona, giocando col vincitore di puntigliucci bambineschi, per poi ridursi, dopo quasi un seme– stre, cedendo a spizzico, un brandello per volta, e perciò con sempre maggioro umiliazione propria, a inviai-e un generale, del quale ancora s'ignorano i poteri. E cosi, dopo sei mesi dall'immane cala– sti-ore, siamo anco1·a al stcut 1n 7J1·tncipio, anzi in condizioni incomparabilmente peggiorate, dopo aver fatto smascellare dalle risa l'Eul'Opa intera alle nostre borie impotenti da nobilucci decaduti, alla nostra avarizia ed inettitudine; e tremila fami~lie gemono ancora sulla sorte dei loro figli fatti schiavi cd ostaggi del barbaro, e si novella che un mi– gliaio di quegli sventurati, flore del sangue ita– lico, abbia perduto a quest'ora, fra gli stenti, le sevizie e le insolenze dei suoi nuovi padroni, con la salute, la vita. E intanto il Governo fa scri,•ere dall'ontciosa Opinione e ripolero dal Don Cht– sciotte, con una ,·ettifica che vale una conrerma, che conviene disporci ad abbandonare i superstiti e app1'0Sta1·ciad una nuova guerra, che sa1-à, non occor1•e dirlo, il segnale del loro sterminio e la nuova preparazione di ste1·minì futuri... Pl'ancamente: per otte11ere di tali 1·isultati, non occorreva alcuna modHìcazione al Governo e fu sprecato il sangue del mo1•to e dei feriti nelle di– moslmzioni di marzo. Per essere così idioti, cru– deli ed incoscienti, pel' darci, coll'abbandono e la strage lenta di tremila prigionieri, una nuova Abba Oal'ima in tempo di pace, più dolorosa e umiliante della prima, bastavano il Cl'ispi ed i suoi, dai quali al postutto nou si poteva p,·etendere che prose– guissero subito la gue1Ta dopo la disfatta e che facessero assassinare cinque mila soldati in campo ad ogni quindicina. E se guardiamo, infine, all'ullima delle tre que– stioni capitali del momento, a quella delle interne liberh\ e del rispetto alle leggi, ben poco troviamo

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