Critica Sociale - Anno V - n. 24 - 16 dicembre 1895

3'72 CR!TIOA. SOCIA.LE raggiunge i 24 milioni di ettari, comprese le terre di minima produzione. (1) Il latifondo non esiste che nella parte interna della Sicilia, in pochi punti dell'Italia meridionale, nell'Agro romano, nel basso Veneto e nella bassa Lombardia. In ogni altra re– gione e specialmente nelle montuose la proprietà è sbocconcellata fino a proporzioni inverosimili. Moltissimi sono i proprietari che coltivano diret– tamente i loro fondi e sono d'ordinario i più. piccoli. DO, 1 0 il fondo è dato a coltivare ad altri, si ha per regola la piccola mezzadria e il piccolo affitto a scadenza breve e non superiore a tre anni. Pochi i grandi affitti, poche le macchine, poche le terre sulle quali l'agricoltura sia esercitata come una industria. La grande rivoluzione industriale com– piuta in questo secolo ha lasciato quasi in dispa1·to l'agricoltura. Il sistema capitalistico non è riuscito ad assoggetta1·e la campagna. I metodi e le forme della produzione agraria sono rimasti presso che immobili, e quasi da per tutto non hanno neppur superato le forme analoghe dell'artigianato. Coloni, mezzadri, piccoli affittuari, piccoli pro– prietari coltivatori diretti non sono che de' piccoli lavoratori capitalisti e costituiscono la grandissima maggioranza della popolazione rurale. Gente avara, ignorante e reazionaria, per otto decimi analrabeta, vive sparsa nelle campagne o aggruppata in an– gusti villaggi, in nessuna comunanza d'idee col mondo moderno, aborrente da ogni novità, attac– cata tenacemente al fondo sul quale nasce e sul quale vuol mo1•ire. Dà all'esercito i migliori soldati, cioè i più forti, i più stupidi, i più J.>rocliviall'ob– bedlenza passiva. Dirflda della popolazione delle città, in ognuno che non sia della sua condizione sospetta un nemico o un imbroglione, so crede a qualcuno, crede al prete e non sempre, se le date un con• siglio vi ride in faccia scioccamente, se le parlato dei pericoli, cho nell'attuale sistema della concor– renza minacciano il suo poderetto, vi risponde su– bito, che siete voi che glielo volete carpire. La minoranza della popolazione agricola è costi– tuita da braccianti, i veri proletari delle campagne. Un~ parte_ di ~ssi è rec!u~ta ogni anno fra i pic– coli proprietari espropriati dal fisco o dagli usurai, e fra i piccoli coloni o arnttuari falliti. Sono nu– merosi nella zona del latifondo e nelle pianure, dove compjono i lavori più faticosi ed insalubri, come l'arare, il vangare, il mietere, il raccogliere riso, il_ macerar la canapa, ecc. Quelli, che la lunga soggezione non ha completamente ossificati, emi– grano, o vanno sulle strade ferrate in costruzione addetti ai lavori di sterro e trasporto di materiali, o vengono, d'inverno specialmente, nelle città, dove contribuiscono a formare quella popolazione cosi spesso irrequieta della banlleue. Nelle nuove oc– cupazioni e nelle cambiate condizioni di vita essi perdono l'antica qualità di contadini, i villani si murbano, direbbe Dante, diventano dei lavoratori semplici, unsh.tlled, che si trasportano con grande facilità da un luogo all'altro. In tempi di crisi hanno dimostrato di essere un elemento rivoluzio– nario non disprezzabile. Cosi è avvenuto a Roma nel periodo dal 1888 al 1892, ma il Governo ha po· tuto _disperd_erlie ri_mpatriarli, aiutato in ciò dagli stessi operai della città, che ne soffrivano a denti stretti la. concorrenza. E là nelle campagne, isolati e d1sillus1, hanno ripreso le antiche abitudini di bestie da soma, quando non hanno potuto prendere la via dell'estero. Ora tutta questa popolazione rurale, che in Italia raggiunge se non supera i 18 milioni, e che è su per giù fatta all'istesso modo io tutti i paesi del- ( 1 ) Bollettino di notule agrarte (noTembre t8H, N, t8.) l'Europa continentale, è un corpo durissimo contro del quale il socialismo non ha perforat1•ici sufficienti. l contadini nella storia sono stati sempre strumento di reazione. Le jacqueries in F'rancia, le rivolte dei villani in Germania e dell'Italia meridio11alo non erano dirette a rovesciare il sistema dei feudi, del· quale i contadini accettarono di essere gli stru– menti e la materia, ma le esagerazioni di :;.uesto sistema, cioè le prepotenze dei signori, dei quali i contadini erano le vittime. La forza viva ed attuosa, che doveva erodere ed abbattere la società feudale, stava altrove, si veniva sviluppando in seno alle nuove classi mercnnlili e manifatturiere, era elabo– rata nei centri cittadini per opera e merito della borghesia, che delle ribellioni della campagna si giovava per indiretto. Una sola volta i rurali ap– parvero rivoluzionari, e fu in Francia nel 1793; ma la Repubblica, per averli alleati e mandarli a combattere al confine, dovette dare o promettere loro le terre tolte agli emigrati. Eppure quando essi ritornarono dalla guerra erano già cambiati. L'antico spirito conservatore li aveva ripresi. e d"allora in poi aiutarono tutti i grandi e piccoli briganti della storia, da Napoleone r nel 18 brumaio fino al signor 'l'hiers contro la Comune. . .. In Italia in questi ultimi anni si sono avute fre– quenti rivolte, ma non bisogna farsi illusioni sul loro significato. A Ruvo di Puglia, ad Alatri, ad Acerra sono i piccoli proprietari, fittaiuoli o mez- 1.adri,che insorgono contro le esorbitanze del dazio di consumo e del focatico, o contro le ribalderie dei partiti spadroneggianti nelle amministrazioni locali. Le rare infiltrazioni proletarie non cambiano la natura di questi fatti. Altrove sono contadini di ogni sorta, che domandano ad alta voce la ripar– tizione dei demani comunali ancora in<Hvisi, e tal– volta se ne impossessano dando luogo a conflitti sanguinosi. Nel Mantovano e a Conselice il movi– mento ha fisionomia diversa. Qui si tratta di brac• cianti che chiedono un aumento dei salari, ma la lotta, anche quando degenera in conflitto a mano armata, non esce da questo campo ristretto, nè ac– cenna ad un obbiettivo più largo. Più notevole per vastità, complessità e significato fu il movimento siciliano. Concorsero a crearlo la crisi agricola e zolfifera, l'iniquità del sistema tri– butario locale, la complicità o l'acquiescenza del Governo in tutte le malversazioni e in tutte le por– cherie, la usurpazione dei demani, lo sfruttamento intenso del proletariato agrario per opera dei oa• belloli. Ad eccezione dei grandi propl'ietari, dei grandi fittavoli, delle camorre grandi e piccole imperanti ne' municipi, vi presero parte, si può dire, tutti gli altri, e più attivamente le camorre spadestate che aspiravano a riconquistare il potere. If prof. Labriola lo chiamerebbe un fenomeno di confluenza. Il carattere proletario c"è, ma si vede poco, ed è roso possibile dall"esiste111.a del latifondo, e dal fatto che 1 contadini non vivono sparpa~liatl nelle campagne, ma riuniti in centri popolosi e a contatto colle altre clas~i sociali. Ciò che si vede • megltoio Qè il 11~r 1 attered piccod_lo .!><>rghesedel mov_i_-/. men . ne c 1e gr1 ano 1 prn e SI mostrano prn risoluti sono i piccoli proprietari, i piccoli capita- 1 listi lavoratori, che vogliono pagar meno tasse, es– sere protetti più efficacemente, e conservare ciò che hanno, se non è possibile aumentarlo. È un episodio importante della lotta sorda e quotidiana che si combatte nel seno stesso della borghesia, ·1"'1 tra la grande proprietà che tende ad assorbire J meccanicamente, e la piccola che re.'ìiste e vuol vivere ancora. E il Governo comprende cosi bene questa cosa, che subito abolisce con un decreto il r-,

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