Critica Sociale - Anno V - n. 23 - 1 dicembre 1895
CRITICA SOCIALE 361 tivi collo scoppiar delle passioni; < due fenomeni, « egli dice, assolutamente disgregati e diversi, l'uno «. appartenente al mondo tecnico, l'altro al mondo < psichico. • (') Qui, in vero, non c'è bisogno di tante discussioni, giacchè possiamo facilmente contrapporgli l'autorità dello stesso Loria nel1e sue pagine. più belle ('), ove, con una logica tagliente come un rasoio ed affascinante come un inno, dà una spiegazione tut– t'affalto economica a quella fiammata d'entusiasmo che ci diede l'unità della pat,~ia, e dove, ribattendo le obbiezioni del Salandra (3), dimostra come anche il martirio di Gesù Cristo sul Golgota e l'eroica morte di Socrate nella prigione d'Atene sieno state il frutto - amai-o frutto - delle condizioni sociali, del predominio politico della proprietà o di una delle sue forme. Chi osservi, infatti, ne' suoi misteri più recon– diti, il meccanismo sociale, vedrà come le più alte e più pure idealità in cui si sogliono drap– peggiare i grandi rivolgimenti storici non sieno che illusioni, sieno miraggio che riflette un dato ordine di fatti, costituenti un problema economico, la cui soluzione inesorabilmente s'impone: miraggio e sogno che, sorto dal gioco dei materiali interessi, s'inllltra a poco a poco e penetra nel mondo delle emotività, div~ntando sentimento che sospinge al• l'azione. Così si frange quella rigida inconciliabìlità fra il mondo tecnico e quello psichico affermata dal Loria, e cosi si spiega la simultauea maturanza di questi due fenomeni, apparentemente disgregati, ma in realtà avvinti dal vincolo indissolubile della causa e dell'effetto, dell'antecedente e del conseguente. . .. Ed ora, uscendo da11'arido campo di queste anti• critiche sottili e di queste schermaglie spossanti, vogliamo metter in rilievo come, per aver dimo. strato quale valore abbia questo attacco al sistema marxista, noi non intendiamo punto di credere quest'ultimo esauriente, immutabile e eterno in ogni sua parte; anzi, come già accennammo, noi siamo d'av, 1 iso che la concezione del Loria, benchè neppur essa decisiva, penetri più addentro nel cuore dei fenomeni sociali. Solo con questo scritto abbiamo voluto. con animo schietto e devoto alla coscien· ziosa ricerca del vero, mettere in sodo, contro le affermazioni del Loria, quanto solido e compatto, senza venature ideologiche, sia il granito del de· terminismo economico, su cui si innalza con linee degne di Michelangelo il superbo edificio della dot– trina marxista. ALESSANDRO GROl'PALI. (') la ren,.ma fondiaria, ecc Pag. 683. (-) Ltl battei tconomtQ«U du la Con1tltutton 11octate. Pag, 314 e segg. - Pnrl8, Alean, t893. (') U• ba11u, ec:e.rag. 413·1U. l'UlTIMO LAVORO DIF. ENGELS Complementi e aggiunte al terzo libro del Ca1,Uale lii. Or dunque, lo vedemmo, la legge del valore di Marx vale generalmente finchè valgono le leggi economiche relative al periodo della semplice produzione mercantile; ossia flnchè questa non fu modificata dal sopraHenire della.forma di produzione capitalistica. Fino a quel tempo, i prezzi gravitano verso i valori determinati dalla legge di Marx e vi oscillano intorno, sicchè, quanto più com• pletamento si svolge la semplice produzione mercantile, tanto più i prezzi medii di lunghi periodi, se non inter• rotti da violento perturbazioni esteriori, coinciùono coi va.lori o non ne differenziano che in trascurabile mi– sura. La legge del valore di Marx ha quindi un valore economico generalo per un tempo che dura. dal prin• cipio dello scambio onde sono trasforma.ti i prodotti in merci, sino al quindicesimo secolo della nostra. &ra. Ma lo scambio delle merci data da un'epoca, che è anteriore a qualsiasi storia scritta; un'epoca che in Egitto risale almeno a 2500 anni e forse a 51)()(), in Babilonia a 4000 e forse a 6000 anni prima della nostra éra.. La. legge del valore ha quinùi dominato durante un periodo di 5 a 7000 anni. Ed ora. si ammiri la profondità del signor Loria, che il valore generalmente o direttamente in vigore durante tutto questo tempo, dico essere un valore al quale le merci non sono state mai vendute e del quale non si occuperà. mai nessun economista che abbia ancora una scintilla di sana ragiono! . .. Finora. non parlammo del negoziante. Noi lo potemmo infatti trascurare fino al momento in cui la produzione mercantile semplice si trasforma in produzione mercan– tile capitalistica. Il negoziante ru l'elemento rivoluzio– nario in questa Società, nella quale tutto il resto era,. stabile, stabile può dirsi por eredità; nella quale, per eredità. e quasi senza possibilità di disrarseno, il con– tadino riceveva non solo il suo podere, ma la sua stessa condizione, sia. di proprietario, sia di contadino cen– suario libero o vincolato al fondo, sia di servo della gleba, e parimenti l'artigiano il mestiere e i privilegi corporativi, ed entrambi inoltro la loro clientela e rabi– lità acquistata sin dalla prima gioventù nel mestiere ereditario. A rivoluzionare questo mondo sorvenne il negoziante. Ma non già come rivoluzionario cosciente; al contra1·io egli ora, in quella società, carne della sua carne, sangue del suo sangue. ll mercante medioevale non era punto individualista; egli, corno tutti i suoi contemporanei, ora corporativista nel midollo. In campagna dominava la società. della Marca, ram– pollata dal comunismo primitivo. In origine ogni con– tadino aveva un'eguale estensione di podere, ugualmente assortito nella qualità dei terroni, e quindi uguali diritti– nella Marca. comune. Divenuta la società. della Marca una società. chiusa, e cessata la. distribuzione di nuovi poderi, subentrarono suddivisioni ereditario dei poderi o quindi dei diritti nella Marcai ma l'intero podere rimase l'unità di misura; si formarono dello metil, dei quarti e degli ottavi di podere, cui corrispondevano uguali metà, quarti cd ottavi di diritti nella Marca comune. Sul tipo <lolla società della Marca si modellarono tulte le altro società, particolarmcnto le corporazioni urbane, il cui ordinamento non ru che il riflesso, sopra un monopolio di mestiere, di quella stessa. costituzione che nella Marca aveva per oggetto un determinato ter-– ritorio. Il centro attorno a cui gravitava. tutta l'organiz– zazione era la eguale partecipazione di ogni compagno ai diritti e ai vantaggi assicurati alla collettività, come si trova ancora espresso nel modo il più chiaro nel pri– vilegio del mestiere dei filatori di Erberfeld e di Barmen del 1527 (TnuN, Indtistria del Basso Reno, 11, 16J o se– guenti). I.o stesso dicasi delle miniere, delle quali ogni carato o porzione aveva parimenti eguali diritti, e par• tecipava, come il podere della Marca, a tutto le speso e a tutti gli oneri comuni. E lo stesso delle corpora-
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