Critica Sociale - Anno V - n. 17 - 1 settembre 1895

264 CRITICA SOCI AL E L'ECONOMIA POLITICA Il. L'espressione ricchezza nazionale fu introdotta la prima volta per la smania.di generalizzare.propria degli economisti liberali. Finché dul'a la proprietà privata, questa espressione non ha senso. La « rie• chezza nazionale> degli inglesi è grandissima, eppure essi sono il popolo più misero della terra. O bisogna abbandonare cotesta espressione, o bi– sogna ammettere i presupposti che le danno un significato. Lo stesso può dirsi delle espressioni economia polilica 1 economia nazionale, economia pubblica. Finchò sussistono le p1·0senti condizioni, questa scienzadovrebbechiamarsi economia p1ivata, poichè tutto quello che essa ha di pubblico non esiste che in vista della proprietà privata. . .. J.'elTetto immediato della proprietà privata è il comme1'Cto, lo scambio reciproco degli oggetti ne– cessari, la compra e la vendita. Cotesto commercio, al pari di ogni altra attività sotto il dominio della proprietà privata, deve diventare una immediata fonte di guadagno pei trafficanti: in altre pal'Ole, ciascuno deve procurare di comprare al miglior prezzo e di vendere il più caro possibile. Cosi, in ogni atto di compra-vendita, abbiamo di fronte due uomini con interessi assolutamente opposti. La prima conseguenza è dunque, da un lato, la reci• proca diffidenza, dall'altro lato, la giustificazione di cotesta diffidenza, l'impiego di mezzi immorali pel conseguimento di un fine immorale. Ad esempio: il più fondamentale dei pi•ecetti in commercio consiste nel tacere, nel dissimulare tutto ciò che rivelerebbe il valore di un dato articolo. Conse– guenza: è lecito in commercio tràrre il maggior possibile profitto dalla ignoranza, dalla buona fede della persona con cui si negozia, e parimenti, at– tribuire alla propria merce pregi ch'essa non ha. In una parola, il commercio è la frode legale. Se la pratica corrisponda a questa teoria, me ne potrà render testimonianza ogni negoziante, che voglia far onore alla verità. ll sistema mercantile aveva ancora una tal quale franchezza cattolica e spregiudicata, e non si cu– rava affatto di dissimulare la immoralità del com– mercio. Vedemmo come esso spogliò d'ogni velo la sua bassa avidità. La posizione reciprocamente ostile delle nazioni, nel secolo xvm, la nauseante invidia e la gelosia commerciale erano, in generale, le logiche conseguenze del commercio stesso. L'opi– nione pubblica non era ancora« umanizzata), e non vi era quindi ragione di nascondere ciò che deri– vava naturalmente dall'essenza antitetica ed inu– mana del commercio. Ma quando sorse Adamo Smith, il Lutero eco– nomico, a criticare quell'economia, le cose si erano molto cangiate. li secolo si era « umanizzato •, era venuta in iseana la ragione, la morale cominciava a pretendere il suo eterno diritto. I trattati di com• marcio estorti, le guerre commerciali, l'aspro iso– lamento delle nazioni offende,•ano troppo la co– scienza progredita. Alla franchezza cattolica si so– stitui la bacchettoneria protestante. Smith dimostrò che anche l'umanità si fonda sul commercio: che il commercio, scambio di essere « la fonte più larga della disarmonia e dell'ostilità», doveva diventare un « vincolo di unione e di amicizia fra le nazioni come fra gli individui• (IVealll, of Nations, voi. ,i, cap. 3, § 2); perchè è nella natura stessa delle cose che, nel suo complesso, il commercio giovi a tutti coloro che vi prendono parte. Smith aveva ragione rii glorificare l'umanità del commercio. Nulla vi è, nel mondo, di assolutamente immorale; e anche il commercio sotto un r.erto aspetto rende omaggio alla morale e all'umanità. Ma quale omaggio! li rozzo diritto del più forte, la schietta rapina sulla strada maestra, quale prati– cavasi nel medio evo, venne umanizzata allorchè si trasformò nel commercio: in quel primo stadio del commercio che ò carattel'izzato dal divieto del– re,portazione di denaro - cioò nel sistema me1•– cantile. Ora doveva umanizzarsi anche quest'ultimo. t naturale che interessa al negoziante di mantenere buoni rapporti tanto con quello da cui compra a buon prezzo, quanto con l'altro a cui vende salato. È dunque imprudente pel' una nazione di nimicarsi i fornitori o gli avventori. Più s'è amici e più ci si guadagna sopra. Questa la umanifa del com– mercio; e questa ipocrita maniera, di torcere la moralità a scopi immorali 1 è l'orgoglio del sistema della libertà di commercio. Non abbiamo noi - gridano cotesti spigolistri - abbattuta la barbarie dei monopoli, diffusa la civiltà nelle regioni più remote, affratellati i popoli e diminuite le guerre? - Sì, voi avete fatto tutto questo, ma tn qual modo l'avete fatto! Voi avete distrutti i piccoli monopol'ì, perchò tanto più libero e sconfinato re– gnasse il monopolio fondamentale, il gran mono– polio della propriet.\; voi avete incivilito le regioni pili lontane pe1•guadagnare nuovi campi allo svol– ge1'Si della vostra bassa cupidigia; avete affra– tellati i popoli i11una fratellanza di ladroni, e di• minuite le guerre perché vi era più lucrosa la pace, perché potevate così spingere all'estremo Ja ostilità. degli individui, la iuouorata gue1•ra della concorrenza! - Dove avete voi fatto alcunchè per vero spirito di umanità, per la coscienza dell'ar– monia che può regnare fra l'interesse generale e l'interesse individualet Quando mai siete voi stati morali senza averci un interesse, senza covare in fondo dell'animo motivi immorali ed egoistici t Poi che l'Eco11omialiberale ebbe fatto del suo meglio, col dissolve1•ele nazionalità, per universa– lizzare l'ostilità fra gli uomini, per mutare l'uma– nità in una rapace orda di belve (chò altro non sono gli uomini lanciati nella concorrenza), le quali si divorano a vicenda appunto perchè si trovano ad avere ciascuno l'interesse di tutti - dopo questo lavoro preliminare, le rimaneva un ultimo passo per toccare la mèta: il dissolvimento della famiglia.

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