330 LA CRITICA POLITICA cenda; voleva conseguire da se medesimo tutto ciò che la natura gli aveva permesso di :ottenere, compiere con un ~pubblico corso la sua educazione come uomo fatto, e trasmettere ai suoi figli, come eredità, la gloria che avrebbe acquistata. Quest'emulazione, che non esiste nei governi dispotici, che ne' governi moderni rappresentativi è l'appannaggio soltanto di un piccolo numero di persone, nelle repubbliche italiane era comune all'intera massa del popolo. La ra~ pidità con cui si rinnovavano tutte le magistrature, tutti i consiglj, chiamava a vicenda in brevissimo spazio di tempo tutti i cittadini ad esercitare la propria influenza sulla repubblica. Non eravi un solo individuo, il quale per soddisfare ai doveri cui sarebbe bentosto chiamato, non dovesse fissare la sua opinione sul1'esterna politica di tutta l'Europa, su quella che si confaceva alla sua patria, sulle finanze, sull'amministrazione, sulla legislazione e la giustizia ; non eravi un solo individuo che non dovesse agire dietro quella propria opinione, che non potesse esserne chiamato a renderne ragione, e che in appresso non si trovasse risponsabile di ciò che <lessa gli avrebbe fatto fare. Se dobbiamo risguardare come il migliore de' governi quello che procura a tutti i cittadini maggiori godimenti e felicità, sarà giusto di tener conto del continuo divertimento di una nazione; poichè, a non dubitarne, il governo che le procura quest' aggradevole occupazione dello spirito, contribuisce assai più alla sua felicità, che quello che le procurerebbe tutti i piaceri fisici. Sotto questo punto di vista non si può dubitare che una nazione, i di cui cittadini tutti hanno lo spirito sempre svegliato, sempre occupato, e rinnovato da idee variate, profonde ed ingegnose, non trovi in questo solo esercizio un continuo piacere; pia.. cere che non potrebbero farle gustare nè le meccaniche occupazioni cui sarebbero soltanto addette tutte le classi inferiori se non fossero libere, nè i grossolani sollievi che le offrirebbero i diletti de' sensi dopo il lavoro. Non eravi minore diversità tra i piaceri cui poteva aspirare un cittadino fiorentino, e quelli cui doveva limitarsi un gentiluomo napolitano, di quella che può esservi tra i piaceri del filosofo o del letterato, e quelli dell'operaio. La felicità e la sventura sono proprie di tutte le umane condizioni, e forse la loro somma è abbastanza egualmente compensata ; ma la felicità dell'uomo che ha coltivato il suo spirito ed il suo cuore e sviluppate tutte le sue facoltà, è più conforme alla dignità della nostra natura, ed in pari tempo più nobile e più dolce, e quando si è gustata una sola volta, più non si vorrebbe farne cambio con quella che è frutto soltanto del riposo e dei materiali piaceri. . Pure non è il divertimento, parte così essenziale della feliçità, non è la felicità medesima, che debbono essere lo scopo della nostra vita, o quella del governo ; ma sibbene il perfezionamento dell'uomo. Spetta al governo di dare compimento alla destinazione che l'umana natura ha ricevuto dalla provvidenza ; e può credersi che abbia conseguito il suo scopo quel governo che quando ha proporzionalmente sollevato un maggior numero di cittadini alla più alta dignità morale di cui sia suscettibile l'umana natura. Ora, nella storia del mondo intero, Biblioteca Gino Bianco
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