La Critica politica - anno VI - n. 5 - maggio 1926

LA SCONFITTA DEI PARTITI 181 per tanti anni essi vi avevano trovato il terreno principale se non esclusivo dalla loro azione, per r avvenire là dentro non c'era possibilità di lavoro. Come dire rifar vita nuova, spezzare gli usi e le tradizioni, essere un'altra cosa, provarsi nelle armi stesse per le quali si era battuti. Era possibile? Poteva essere possibile~ S'è visto che no, almeno non così rapidamente per riprendere la situazione e rovesciarla di nuovo. I partiti subivano, dovevano subire, il peso del loro passato. Sfiduciati per un certo tempo, umiliati nel loro isolamento e convinti della loro organica impotenza, si riprendono solo quando un fatto estraneo alla loro volontà colpisce il sentimento umano del popolo e lo mette in evidenza per spontanee e chiare manifestazioni. Si ripren· dono ma i:;er ricadere subito nel loro passato. La ripresa è squisitamente antiparlamentare. Ha luogo nel Parlamento per uscire dal Parlamento. Ma è fatta da parlamentari e si esaurisce parlamentarmente. Cioè come se fossero sempre attive ed operanti le istituzioni del passato, con la mentalità stessa con cui nel passato avrebbe potuto prepararsi una crisi di Gabinetto, facendo calcolo su possibilità allo stato delle cose puramente fantastiche, con ingenuità, sottigliezze, speranze che, se in altri tempi e in altre condizioni potevano rappresentare il colmo della capacità e della sagacia politica, sono da quel momento semplicemente bambinesche. E se ne è avuto come risultato una seconda sconfitta, più tremenda perchè, nei riguardi di alcune formazioni politiche, definitiva. Forse perchè si potesse vincere sarebbero bastate poche cose, tanto più che del vecchio mondo, delle vecchie situazioni, degli antichi rapporti molto c'era ancora in piedi che poteva servire. Senonchè anche sul vecchio bisognava premere con altro spirito. Preosione, invece, non ci fu. Ci poteva essere solo se i partiti fossero stati un'altra cosa, formati con altri criteri, costituiti di diversa ma· teria, guidati da un'altra mentalità. La forza dell'abitudine, l'avere operato sempre in un modo e in un determinato ambiente, l'essersi creata una dottrina e averla sviluppata in conformità alle consuetudini parlamentari, essere prigionieri del proprio passato, vincolati a certi modi di fare e di operare, doversi servire di quei certi uomini - ecco la ragione per cui non era possibile che vincessero, ecco le cause vere e sole della sconfitta. Cause non riparabili in un giorno o in un anno, sulle quali si può discutere, ma alle quali la discussione non può porre riparo, almeno fino a che non vi abbia riparato il tempo e ti mutamento degli uomini .e ·i partiti non siano perciò diventati un'altra cosa. Si potrà ora, di fronte ai fatti, convincere Turati, convincere T reves e, uno a uno, tutti gli esponenti dei partiti di opposizione che essi ebbero torto, ·che sbagliarono, che se si vuole ottenere qualche cos~ occorre fare diversamente ; non si può pensare o pretendere che costoro rifacciano ora, dopo tanti anni, se stessi. Il lora B~bliot ca Gino ■ 1anco ✓

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==