I RECENSIONI 211 -=--=----_::::.:::.:::.::::::: ============================= - per lo scopo a cui deve servire - non . può essere giudicato male. Imparziale lo è, se pure non può d;rsi che sia obiettivo. L'Autore in un primo capitolo fa la storia delle origini del Fascismo~ della situazione nella quale è sorto e degli avvenimenti ai quali ' si accompagnò. E questo il capitolo migliore del volume. Esatto quello che vi si dice di Nitti e di Giolitti, della loro opera, della loro posizione .e della loro responsabilità negli avvenimenti successivi. Esatta l'affermazione che il Fascismo « ha vinto, colla marcia su Roma, una democrazia che di fatto non esisteva » • Solo che al lettore straniero bisognava pure spiegare - ed era di capi tale importanza - come e perchè non esistesse. Il secondo c~pitolo del libro è dedicato a Mussolini. È un capitolo eh~, salvo qualche variante, conoscevamo pcrchè Prezzolini r aveva già pubblicato in una « medàglia » del For~Ìggini. Non è quindi necessario riprodurre qui i periodi nei quali il Prezzolini fissa la figura deltuomo e delle sue qualità. Crediamo, che i giudizi che Prezzolini •esprime sul capo del Governo possano considerarsi come definitivi. Ci limitiamo a riferire questo. « Son caractère éminemment volontaire volitif, le rend surtout étranger à l'idée libérale ». Un capitolo è poi dedicato agli uomini nuovi del Fascismo : alcuni degli uomini di cui si parla, come Cesare Rossi ed Alfredo Misuri, sono attualmente, per ragioni profondamente diverse, fuori del Fascismo. Altri capitoli sono, infine, dedicati ai rapporti tra Fascismo e cultura ; alla organizzazione fascista che Prezzolini denomina « Lo Stato fascista », alla posizione del Fasasmo di fronte al Cattolicismo e alla Massoneria e alla influenza esercitata sovra di esso dalla dottrina nazionalista, ali' opera riformatrice all'interno e alla politica estera del Fascismo. Su· questi due punti il libro è già molto in arretrato. Prezzolini scriveva un anno e mezzo dopo la e marcia su Roma » e non erano venute le leggi fascistissime, le restrizioni alla libertà di stampa non erano state ..portate al punto in cui adesso si trovano co- · dificate, nè si poteva pensare a cosa sarebbe venuto fuori dai pensamenti e dai ponzamenti Biblioteca Gino Bianco dei 18 soloni. Oggi e~ è ben altro da dire su l'opera del Fascismo. Prezzolini non vi si accingerà. Se vi si dovesse accingere siamo sicuri che il suo stato d'animo sarebbe profondamente mutato : perchè in fondo egli, che pure non parteggia e che sdegna di parteggiare, è un liberale. ROBERTO MICHELS : L'organizzazione del commercio estero. Bologna, Nicola Zanichelli Editore. L. 12. Sono lezioni fatte in Istituti superiori di scienze economiche e sociali. Raccogliendole in volume si è fatta cosa opportuna. Tutto ciò che vi è esposto sul modo di organizzare il commercio coli'estero merita in Italia di essere largamente divulgato. Più che per gli studenti, queste lezioni sono per i produttori e i commercianti italiani. Naturalmente il Michels non dice cose nuove, non stabilisce su tale argomento principi o teorie, non assume la posizione del teorico, si limita ad esporre e a segnalare, organicamente, quello che si fa altrove dai commercianti per conquistare il mercato estero e dai governi per secondarli. L •esposizione è semplice, larga, accurata. E ciò serve a dare al volume maggior pregio. Il nostro commercio coli'estero lascia molto a desiderare. Non esportiamo ancora abbastanza: abbastanza per i bi~ogni della nostra produzione. L • Italia potrebbe prod~rre ed esportare all'estero molto di più. Non è affatto vero che manchi da noi la capacità e la possibilità di produrre su larga scala per gli altri paesi : abbiamo prodotti che possono benissimo affrontare vittoriosamente ogni concorrenza, abbiamo lavoratori pieni di capacità e che, per buon gusto, per precisione, per resistenza, non temono confronti. Le nostre colonie emigratorie sparse un po' per tutto il mondo potrebbero costituire degli 0ttimi veicoli per la introduzione e lo smercio dei prodotti italiani sui più diversi mercati. Cosa è, dunque, che ostacola la nostra e~pansione commerciale, che cioè la limita molto al disotto del nostro bisogno e delle nostre possibilità ? L'ostilità degli stranieri, forse ? Niente affatto, sono· i difetti stessi de I •
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