La Critica politica - anno VI - n. 4 - aprile 1926

.. RECENSIONI 173 FR I\NCESCO NITTI : La Libertà - Torino, · Tip. Carlo Accame. L. 5. V i si trovano riunite le parti fondamentali di due discorsi che il Nitti pronunciò nel luglio scorso in Inghilterra. Si tratta di una accalorata perorazio!le in. favore della Libertà e della pace europea. L'on. Nitti dei due problemi ne fa uno solo e attribuisce alla guerra la crisi della libertà, il prevalere di tendenze autoritarie e del nazionalismo in quasi tutti gli Stati di Europa. Riprende cioè, idee e concetti altrove già largamente sviluppati. E si ripete anche molto spesso : ciò che è una delle sue caratteristiche di scrittore. In alcune affermazioni ci sembra inesatto. Per esempio : nel riversare tutta sulla Russia la responsabilità della guerra e nello scagionare in modo altrettanto assoluto la Germania dalle maggiori responsabilità. Egli si richiama ai documenti. Ma trascura i documenti che... non sono stati pubblicati. E dimentica che la guerra fu essa stessa il prodotto di una situazione politica, militaré, spirituale da lungo tempo esistente e che la Germania aveva in ogni senso contribuito potentemente a creare. I vincitori hanno assorbito dai vinti le idee, il metodo, le aspirazioni. Ecco . tutto. Così pure non è esatto che gli uomin1 delle precedenti generazioni fos~ero molto rispettosi della libertà e della democrazia : se lo fossero stati non avrebbero aperto tanto facilmente il varco ad idee e a sistemi in aperta opposizione coll'una e coll'altra. Presentare il mondo di ieri come proprio l'opposto di quello di oggi è semplicemente arbitrario. L'on. Nitti ha fede nella libertà. Noi pure. A conclusione di questo ·scritto egli si dice convinto « che le forme di reazione che si sono prodotte negli ultimi anni rappresentano dei fenomeni transitori, che sono conseguenza della guerra e che non hanno alcuna probabilità di durare ». La salvezza di gran parte dei popoli dell'Europa centrale non può essere - secondo Nitti - che nel federalismo. La sua recente permanenza in Svizzera, e cioè una conoscenza de oisu di quelle istituzioni politiche. deve essere stata per lui molto istruttiva. Ad un certo dunto, infatti, esprime a tale riguardo il seBiblioteca Gino Bianco guente giudizio : e Nella Svizzera, oltre le profonde differenze religiose, vi sono 7 5 per cento di popolazioni tedesche, 20 per cento di popolazioni francesi e circa il 1 O per cento di popolazioni italiane o romanze. La guerra e la pace hanno dimostrato la resistenza nazionale svizzera: ma questa coscienza si è formata con le libertà e con il federalismo » • GUIDO DORSO: La Rivoluzione Meridionale. Torino, Piero Gobetti Editore - L. 1O. Libro che è stato molto discusso. Basta ciò a stabilire che si tratta di un libro interessante. Che poi il libro lasci qua e là a desiderare, nella esposizione, negli apprezzamenti~ nelle conclusioni, non toglie merito all'autore di aver posto il problema del Mezzogiorno comè un problema di au~onomia, di volontà, di consapevolezza, di avere inteso che la questione meridionale è dei meridionali stessi e che da essi debbono sorgere le forze capaci di risolverla. Gli aspetti storici della politica unitaria nei riguardi della questione meridionale sono visti esattamente e coraggiosamente esposti. La rivoluzione meridionale è la stessa rivoluzione italiana : è la necessità di spogliarsi dalle scorie del feudalismo, di distruggere il trasformismo, di uscire dall'immobilità spezzando la compres1ione tributaria amministrativa e burocratica. Occorre risvegliare le forze che dormono, incapaci e impotenti, legate al passato e dominate dal passato, « impedire che precipitino nel trasformismo, inquadrarle pazientemente, e senza fretta di arrivare subito.. sottrarle alle terribili insidie dell'isolamento e delle lusinghe ». Queste forze esistono. L' emigrazione è andata maturando nel Mezzogiorno « un medio ceto di piccoli capitalisti, spregiudicati, amanti del lavoro e del guadagno, che già guardano con profonda diffidenza le classi dello sfruttamento terriero ; attraverso le grandi trasformazioni economiche della guerra è affiorata una classe di coltivatori, di commercianti e di esporta~ori, che soffrono terribilmente » per la pressione tributaria, per il protezionismo doganale, per l'assurdo regime giuridico in cui •

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