La Critica politica - anno VI - n. 2 - febbraio 1926

54 LA CRITICA POLITICA dimento. E il fenomeno continua. Una delle maggiori spinte alla nostra emigrazione transeoceanica era data prima della guerra ed è data adesso, dal desiderio di mettere insieme sufficienti risparmi per l'acquisto di un. ,pezzo di terra e una casetta nel paese natìo. E Dio sa con quanti sacri--· fici e a quale prezzo l'emigrante, qualche volta, vi arrivi! Che l'ingresso dei rurali nella vita pubblica porti con s.e un incremento nel numero delle proprietà private e si accompagni ad una maggiore valutazione sociale della proprietà, è così fuori di ogni dubbio. Molti ideali ne sortiranno modificati. L'idea di socializzare ogni cosa, di mettere gli uomini allo stesso livello sociale per essere tutti allo stesso modo salariati, non riuscirà probabilmente in avvenire a commuovere e a muovere molta gente. Il contagio della aspirazione alla proprietà potrebbe diffondersi dalla campagna alla città, e guadagnare gli operai delle fabbriche. I sindacati operai potrebbero accorgersi che la loro attuale funzione di difendere i salari e di migliorare le condizioni del'lavoro è troppo limitata e non serve a mutare la natura del rapporto economico e che occorre proporsi scopi più elevati ed economicamente meglio risolutivi. 1 tentativi di cooperazione operaia per la produzione, sono così destinati a ripetersi su larga scala. Gli; inizi sono sempre pieni di difficoltà e i primi insuccessi non dicono che la strada della cooperazione per la produzione sia chiusa alla emancipazione operaia. Così pure la tecnica può riserbarci delle sorprese nel tipo delle aziende industriali. L'elettricità ha ravvivato le piccole aziende. E in molti casi l'eccessivo sviluppo delle aziende si addimostra poco conveniente. Insomma la stessa realtà industriale si va trasformando. E in tale trasformazione - come, e maggiormente, nei sentimenti, nelle abitudini di vita, nei rapporti e nelle aspirazioni sociali - influisce e più influirà il prevalere dell' elemento rurale. I socialisti, non potendo negare il fenomeno rurale, si danno dattorno nello studio del modo come conciliarlo alla loro causa, cioè al loro programma teorico e pratico. Di qui le loro discussioni sul cosidetto problema delle classi medie che essi hanno· il torto di porsi come il problema di non averle ostili, ma anzi cooperatrici in un IÌsultato che non può essere il .loro ( 1). In tal modo non lo risolveranno mai, specialmente poi quando vorranno prendere a considerare insieme, alla stessa stregua, rurali, impiegati, artigiani, e... intellettuali. I rurali, intanto, vanno considerati a sè, e nella società divisa orizzontalmente in classi vanno classificati entro un'altra divisione, verticale. Quando se ne escluda una limitata categoria di per- ( 1) Questo è il modo in cui se lo pone anche il Mondolfo in un opuscolo : /I problema· delle classi medie, con prefazione di F. Turati. Ed. de La Giustizia .. Milano. Biblioteca Gino Bianco

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