La Critica politica - anno V - n. 6-7 - giu.-lug. 1925

BOrGHESIA E PROLETARIATO 261 a voler tenere il discorso sull'argomento dell'economia, io ritengo che, per quelle tali distinzioni, più che dalle effettive e attuali condiz~oni economiche di un ceto o di un individuo, occorra tener conto delle esigenze e delle aspirazioni e delle possibilità di questo ceto, di questo individuo : permodochè, nel caso in discorso, un individuo od un ceto, che per le sue attuali condizioni economiche debba essere a rigore classificato come < salariato >, potrà invece esser considerato difatto come < borghese > solo che esso dimostri il bisogno il desiderio e la capacità di ottenere una ~utonomia economica o di esercitare comunque un'attività capitalistica (cooperativismo, compartecipazionismo, controllo operaio ecc.), di gestire, se volete} i mezzi di produzione. Un proletariato che si organizza, che si eleva economicamente e intellettualmente, che partecipa alla lotta politica, che aspira e partecipa al governo della cosa pubblica e che intanto pretende di considerarsi e di esser considerato ancora e sempre come un < proletariato >, non lo capisco : 1n attesa di diventare esso il < padrone del vapore >, di diventare la classe unica e < omnibus >, bisogna pure che s'adatti, se vuol aver senso· di storia e di realtà, a esser considerato anch'esso non più come ceto infimo ma come ceto mediano della scala sociale, non più duque come < proletariato > ma come < borghesia>. Tanto più, che il proletariato potrà diventar borghesia liberale senza rinunciare a nessuno de' suoi connotati tradizionali : senza rinunciare al principio della < lotta di classe >, il quale oramai è stato accettato . e - quel che più conta - praticato anche e specialmente dalle classi che prima lo negavano; e senza rinunciare alla sua tesi < rivoluzionaria>, p·erchè oramai, dato il punto a cui son giunte le cose, in Italia, (non siamo noi che lo diciamo, sono gli avversari) i veri i soli rivolu zionari sono i liberali, e la restaurazione o r instaurazione del liberalismo non può esser l'obbiettivo e il programma di altri che di forze effettivamente rivoluzionarie. - * * * Insomma: han ragione quelli che dicono che i nostri avvenimenti odierni sono ancora la conseguenza degli avvenimenti del '15: anzi io direi che essi sono la conseguenza dell'agosto del '14: è la guerra internazionale, che continua; negli stati europei non esiste più politica interna se non in funzione di questo conflitto mondiale, e per lo meno europeo, non peranco giunto al suo termine. E proprio vero, checchè si dica, che la guerra mondiale è stata - ed è - guerra della democrazia contro l'anti-democrazia: ma questa affermazione s' ha da intendere non tanto nel senso che la guerra sia stata combattuta e vinta dall'Intesa democratica contro gl' Imperi cenBiblioteca Gino Bianco -

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