La Critica politica - anno V - n. 4 - aprile 1925

184 LA CRITICA POLITICA re? E avrebbe ragione se nello spirito e nella pratica il Parlamento non fosse sempre stato in Italia a servizio del potere esecutivo. È bens} vero che in nessun paese a sistema par1amentare serio si conoscono i decreti-legge: non in Francia, di cui pure abbiamo copiato tante cose a incominciare dal centralismo napoleonico, non in Inghilterra, non negli Stati Uniti. Ma tra il nostro e gli altri sistemi parlamentari esiste questa differenza originale e fondamentale: che in Italia il potere rappresentativo - a cui spetterebbe la funzione legislativa - è figlio del potere esecutivo, mentre altrove è il potere esecutivo che esce dai poteri rappresentativi. La funzione legislativa della Camera era già, insomma, una finzione che man mano, col tempo, è venuta cadendo. Ora la realtà si mostra nuda, com'è. Cosa si vuole? Coprirla di nuovo? E in che modo? Ritornando allo Statuto, sostiene il senatore Albertini. C' è forse un articolo dello Statuto che vieti espressamente al potere esecutivo. - che, secondo l'art. 5, in quanto esce dal - re è la espressione della persona stessa del re - di fare le leggi? E e' è sopratutto una disposizione qualsiasi eh~ assicuri dalla violazione dello Statuto stesso? Se l'uno articolo e l'altra disposizione mancano e se il Parlamento nei suoi due rami non è sopra al potere esecutivo ma ne è una dipendenza - ogni richiamo allo Statuto è inutile, giacchè non vale a dimostrare il contrario o a renderlo possibile. Piuttosto s'impone un più vasto esame. C'è il fatto dei decreti legge che - da quando è diventato un fatto normale - rende il Parlamento un troncone inutile, senza vita, dell'organismo dello Stato. C'è il numero dei decreti trasformati Biblioteca Gino Bianco in una sola mezza giornata - 2376 - che po·ne concretamente il quesito di cosa lo Stato deve essere e deve fare. Altrimenti un bel giorno sotto le leg-. gi si troverà seppellita l'Italia 1 Polemiche sulla Monarchia. L'on. Luigi Fera - un. personaggio già dimenticato del nostro vecchio mondo politico -_ ha fatto per qualche giorno riparlare di se. Aven- . do partecipato al recente Convegno Democratico Sociale di Roma ebbe, infatti, la melanconica idea di commemorare Agostino Bertani - un suo lontano parente politico, a quel che sembra - e di ricordarne una frase storica. È infatti dell'epoca dei plebisciti. « Giuriamo - aveva detto Bertani - il patto plebiscitario e tutti dobbiamo, avendolo giurato, rispettarlo. Lo rispettino le popolazioni come espressione della coscienza pubblica italiana, lo rispetti il re come espressione della continuità nazionale». Questa frase ha avuto un seguito polemico del quale dobbiamo dar conto. Il Mondo colse l'occasione per sostenere che < il popolo italiano è monarchico perchè costituzionale > e per trarne de1Ie conclusioni per le· quali il prefetto di Roma credette opportuno ordinarne l'immediato sequestro. Un giornale fascista del Mezzogiorno chiese anzi al Prefetto se non fosse il caso di denunciare il confratello di opposizione < per vilipendio delle istituziopi e per quel tale articolo del Codice Penale che contempla il caso di chi fa risalire alla Corona la responsabilità dei suoi ministri>. II Giornale d'Italia ha potuto, invece, occuparsi dell'argomento in diverse riprese. La tesi di questo giornale pùò trovarsi riassunta nelle due seguenti considerazioni che _riproduciamo letteralmente dal numero del 2 aprile :

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