la critica politica - anno III - n. 4 - 25 aprile 1923

Il movimento autonomista in Corsica I ed Un immaginario irredentismo Su-I movimento politico e letterario, di recente affermatosi in Corsica, è giunta in Italia qu~lche vaga ed imprecisa notizia per opera specialmente di nazionalisti, i quali ne hanno svisato completamente il significato, con l'intenzione di prepararsi una nuova buona carta da gettare a tempo opportuno sul tavolo, quando sarà utile dar vita ad una nuova specie di irredentismo. In previsione di questo pericolo, è bene che i lettori di Critica abbiano qualche informazione da chi segue da tempo le varie fasi del movimento, ed è _in grado di meglio comprenderlo, data la sua caratteristica psicologia di isolano e di sardo, molto affine a quella del popolo corso . . È superfluo ricordare che fino ai primordi del secondo impero, l'isola era rimasta completamente italiana di coltura e di costumi. L'isola in cui Tommaseo e Guerrazzi trovarono rifugio e cortese ospitalità, seguiva con fede ansiosa le vicende del Ris'orgimento italiano e partecipava con i suoi volontari alle guerre d'indipendenza. La memoria di Napoleone non era ancora diventato l'infrangibile legame con la Francia che è attualmente. La famiglia Buonaparte era considerata sempre come la capeggiatrice di una delle fazioni che avevano dilaniato la Corsica alla fjne del secolo XVIJI, ne1nica di Pasquale Paoli, l'eroe dell'indipendenza corsa. Il mito napoleonico, risorto sotto Luigi Filippo, e poi prodigioso realizzatore della rivoluzione di decembre, fece fremere d'orgoglio la nuova generazione di Corsi, allettata d' altro canto anche dalle alte paghe (ben altrimenti remunerative dei magri prodotti della terra) offerte dal nuovo imperatore che aveva interesse di circondarsi di un fidato corpo di polizia, a protezione sua personale e del regime. Purtuttavia gli antichi sentimenti non erano spenti ancora, e nel 1860 un anonimo corso, in ottima lingua.italiana, rivolgeva al vittorioso Piemonte un appello affinchè nell'istante della - ricostituzione della Nazione non fosse dimenticata l'isola, che poteva essere riacquistata dagli eredi di Genova, facendo valere la clausola del riscatto contenuta nel trattato-franco genovese di Compiègne (1769). Voce senza alcuna eco. La francesizzazione si compì lentamente, ma sicuramente. Si cessò di scrivere in italiano, poi di parlarlo; infine divenne di comune impiego la lingua francese. La rottura crispina del trattato di commercio con la Francia costitu} un'altra barriera tra l' isola e la nostra nazione. I rapporti, prima abbastanza intensi con Livorno e la Sa.rdegna, cessarono del tutto. Questo popolo di fieri - pastori, preso nell'ingranaggio dell'accentramento b1:1rocratico francese, perse ogni nozione della sua individualità e fu agitato da risse meschine di politicanti, che sotto la maschera del repubblicanesimo o del bonapartismo, si contendevano i seggi al parlamento. ibliot ca Gino Bianco , I

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