126 LA CRITICA . POLITICA York (vedere il suo articolo < The Black-Shirt Revolution >. nel numero del 13 dicembre 1922). I francesi colti non possono comunque dimenticare ch'essi contano nella penisola an1ici di data meno recente che le camicie nere la opera dei quali per stabilire in n1odo definitivo una intesa con la Francia non riuscì unica1nente per le esitazioni e la inco111prensione della diplomazia. Questi francesi comprendono anche perfettamente che, se il Mussolini che oggi dirige gli affari esteri dell 1 Italia può trovare vantaggioso appoggiare lo Stato fascista sul prestigio che gli deriv_erebbe da un'alleanza con la Francia, i de111ocratici che restano ancora fra noi sarebbero, per contro, ben poco soddisfatti di una simile co1nbinazione e anche in grado di ostacolarla con tutte le loro forze. Questo non è, del resto, che un aspetto del problema. Altri ve ne sono per noi di uguale e anche 1naggiore gravità. Anzitutto non è possibile trascurare il fatto che esistono, in Italia, uomini politici irriducibil1nente ostiii ad ogni idea d'alleanza con la Francia. La loro teoria è, con1e si sa, che l' Italia non vi avrebbe nulla da guadagnare, tutto anzi da rin1ettere. Costoro non disponevano, avanti lo scoppiare della grande guerra, di argon1enti così ricchi e copiosi come quelli sui quali ora si esercitano. Senza parlare degli antichi rancori detern1inati dalla nostra politica dell' in11nediato dopo guerra, chi non sa che la penetrazione francese nella Ruhr ha subito trovato al di là delle Alpi innun1erevoli e risoluti avversari, non solo tra i socialisti, i democratici nittiani .... e i den1ocratici senz'altri aggettiv~, n1a tra i nazionalisti che ora si sono fusi col fascisino e anche tra molti fascisti gelosi dello sviluppo de11a potenza n1ilitare francese? E ciò senza tener conto di coloro che avrebbero visto 1nolto volontieri l'Italia unirsi a noi nelle operazioni reno-vestfaliane se Londra - e ne esistono le prove documentali - non fosse intervenuta a rendere i1npossibile tale partecipazione. Nessuno che sia un po' al corrente deJle cose della politica estera italiana può, del resto, ignorare che in Italia il dogn1a dell'a1nicizia italo-inglese non è inserito solo nelle colonne del Giornale d'Italia, erede del pensiero di Sidney Sonnino, ma nel cervello di 111olti.uo1nini di · Stato, i quali non se1nbra che si_ siano 1nai don1andati seria1nente se i veri interessi italo-britannici non fossero per venire rafforzati dall'esistenza di una solida Unione Latina. Quando il Giornale d'Italia, intervenendo nella campagna recente del iWessaggero e delJa Tribuna, vuole analizzare i vantaggi - dal suo punto di vista 1nediocri - che la Francia potrebbe offrire all' Italia, non dimentica di servirsi ancora una volta dell'argomento tunisino. Si sa che è questo l' ulti1no dei cavalli di battaglia dei gallofobi (1). È così che si ha cura di ricordare le migliaia d' italiani sotto1ness~ ai francesi in Tunisia e che (1) Che sarebbe assai bene per la Francia e per l'Italia venisse eliminato. Se la politica internazionale dei popoli fosse ispirata a principi e finalità democratiche di pacifica convivenza e di cooperazione, la questione sarebbe molto presto e facilmente risolta nell' intere_sse delle due nazioni. -- (N. della Redazione). BibliotecaGino Bianco
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