La Nuova Commedia Umana - anno I - n. 34 - 3 settembre 1908

5 Casale Monferrato un monumento equestre in cui Carlo Alberto è vestito da romano antico. Doveva essere un re molto glorioso per santificarlo su una piazza in veste da romano. Cesare o Angusto? Che importa la storia? Guardiamo il monumento e gridiamo: Viva il re! il passato è passato; la storia giace imbalsamata in un sarco- fago di basalto; lasciamola tranquilla; ogni esumazione costituisce un reato contro la dinastia dei Savoia.... Così nella nostra città è passato inosservato il sessantesimo an- niversario della fuga di Carlo Alberto da Milano. Nessuno ha ricordato, ricordiamo noi; delenda Carthago I **# • Siamo giunti ormai al termine della prima campagna tenuta da Carlo Alberto contro' l'Austria. « Epopea di volgari agguati e di feroci ipocrisie, la guerra regia • del 1848 doveva approdare, come approdò, nella sconfitta delle armi italiane. La consegna di Milano, corollario fatale della poli- tica dinahtica di Carlo Alberto, sta scritta a lettere di sangue nella Via deucis del risorgimento nazionale — nè vi è canzone di bardi compiacenti che possa cancellarne la memoria infelice. • Vi sono dolori, vi sono infamie che non si acquetano nem- meno nella pace dei sepolcri. « A Novara vedremo forse i tetri bagliori della catastrofe mesco- larsi ai miti riflessi dell'espiazione: ma a Salasco nulla — nulla che somigli a conforto — nulla che inviti al perdono. • Carlo Alberto si affaccia sulle mura di Milano come il genio malefico d'Italia — e il clamore disperato dei traditi, dei dannati freddamente, inesorabilmente alla catena dei martirio, oggi — dopo 36 anni di lotte e di sacrifici popolari — si ripercote, come il vindice grido della Storia, nelle coscienze addormentate degli italiani». Queste parole roventi, che sembrano fuse nel metallo, furono scritte nel 1884 da Edoardo Pantano, divenuto nel 1905. ministro del re, e rappresentavano allora una magnifica invettiva popo- lare. Oggi, benché soli, ritorniamo sull'argomento. Uno storico insigne, devoto alla casa e alla causa sabauda, Ce- sare Cantù, difendendo Carlo Alberto dalla taccia di traditore così scrive nelle sue Memorie sui caduti di Milano in agosto 1848: «No. Carlo Alberto non trasse la spada,per rimettere la Lom- bardia in servitù dell'Austria: bensì per prevenire l'impeto re- pubblicano.

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