La Nuova Commedia Umana - anno I - n. 28 - 23 luglio 1908

81 fraudato. I ciechi, i muti, i deficienti non possono essere contenti. Ma nessuno può contentarli. Lui stesso avrebbe amato di essere Manzoni o Garibaldi. Perchè non lo era? C'è una linea oltre la quale nessuno può andare. Chi è pitocco non può diventare ricco, chi è senza idee non può averne, chi è deforme non può pretendere alla beliezza. Siamo confinati. O adattarsi o perire. Rosa ci affrettava con le mani, ma Ercolani non sa- peva uscire dall'aria di ragionatore. Anche quando siamo stati sul gradino che metteva nell'interno la sua faccia traduceva la soddisfazione. Sedendo diceva a Rosa ch'egli voleva fare del nipote una sua creatura tirata su a modo suo, con i suoi con- vincimenti. Rosa, .spalmando di. conserva le fette di pane, gli ricordava ch'egli era padre e che doveva pensare pri- ma di tutto a Edoardo. — Lascia fare, le rispose mettendosi in bocca un pò di michetta burrata. Edoardo è mio, e ha tutte le mie viscere paterne. Ma Roberto, se mi ascolta, sarà lau- reato. A Rosa sembrava tempo sciupato. A lui stesso la lau- rea non aveva giovato nulla. Era un avvocato che non aveva mai indossato la toga. Bisogna che l'uomo si svi- luppi senza violenza. — Tu lo soffochi come soffochi la tua casa. Ci sono circostanze e circostanze, condizioni e condizioni. Io non ho mai saputo che sarei diventata tua moglie, diss' ella riempiendoci le tazze di thè e pregandoci di versarCi la crema tresca appena arrivata. Il caso è il più grande maestro della vita. Si sa come si nasce, non si sa come si muore. Tu sei la formica che mette nel granaio senza pensare ai terremoti o alla morte. La libertà! ecco quella, capisci. Non è mica il di- ploma che mi ha fatta tua moglie. Confesso, continuava Rosa guardandomi negli occhi, che mi piacerebbe di u- dire a chiamarti dottore, come sono orgogliosa di udire chiamare avvocato mio marito. Ma se fossero tutti dot- tori e avvocati si respirerebbe la presunzione, si mori-

RkJQdWJsaXNoZXIy NjIwNTM=