La Nuova Commedia Umana - anno I - n. 14 - 16 aprile 1908

COSE OELIWALITRO MONDOI 4» Un giornalista giorni sono lamentava la ristretta applicazione della riprensione giudiziale, e la ripugnanza bei magistrati ad applicare la legge del perdono, una cattiva copia della francese legge di Beranger, in virtù della quale l'incensurato, che, per un primo reato, dovrebbesi condannare ad una pena correzio- nale, restrittiva della personale libertà per un tempo non supe- riore ai tre anni, viene lasciato libero sotto condizione di non incorrere in altra infrazione di legge per un dato spazio di tempo. Ma ben altra e più grave negligenza devesi rimproverare alla nostra magistratura: l'applicazione del beneficio della libe- razione condizionale. L'articolo 16 del codice penale parla chiaro: « Il condannato alla reclusione o alla detenzione per un tempo superiore ai tre anni, che abbia scontata tre quarti della pena e non meno di tre anni, se si tratti della reclusione, o la metà. se si tratti della detenzione, e abbia tenuto tale condotta da far presumere il suo ravvedimento, può, a sua istanza, ottenere la liberazione condizionale, sempre che il rimanente della pena non superi i tre anni ». Ebbene; mai dacchè questa disposizione esiste, fu applicata genuinamente e lealmente. La liberazione condizionale è divenuto un cespite nuovo di lucro per gli alti papaveri cui è dato anche mercanteggiare l'articolo « grazie. Se non si ha la raccomandazione dell'onorevole A. del com- mendator B., dell'affarista politico C. inutile vantare diritti a un tale beneficio di legge. E se le direzioni degli stabilimenti penali non entrano in alleanza coi predetti maneggioni, il povero recluso può riporsi tutti i suoi diritti in tasca, e rassegnarsi a scontare una prigionia che la legge dovrebbe far cessare. Diceva Napoleone I: — Io dettava leggi chiare, semplici; un bambino le avrebbe potute applicare. Ma poscia me le vedeva ingarbugliare, offu- scare, snaturare dai legulei e dai magistrati in modo tale che io stesso non ne poteva più capire un'acca. (I) (1) In questi giorni in Francia Briand, guardasigilli, si è occupato del gergo giudiziario e ha inviato ai primi presidenti e ai procuratori generali una circolare perchè gli atti della giustizia e della procedura diventino leggibili. La folla dei magistrati francesi ha uno stile pieno zeppo di aroaismi e di espressioni che obbligano a risalire i secoli per trovarne i significati. E perohè non si costringono anche i nostri magi- strati, a scrivere la lingua manzoniana o deanuoisana o italiana quando scrivono istruttorie o sentenze? On. Orlando, svecchiate loro lo stile.

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