La Nuova Commedia Umana - anno I - n. 12 - 2 aprile 1908

29 tradurle in atto. Ed ecco l'Amalia che diventa la signora Ber- gonzoli, .ed 'ecco l'Elda impalmata dal signor Uberti. Ebbene; anche questa brutta roba fu applaudita quasi fosse una bella commedia. Io capisco l'amabilità del pubblico, ma la trovo eccessiva. E' un incoraggiamento al mal fare. Si può essere onesta gente, simpatica e,bene accetta come il Bertolazzi, anche senza scrivere pel teatro. Potete conservargli tutta la vostra stima e la vostra amicizia ed il vostro affetto anche senza solleticargli un debole che vi costringe un paio di volte all'anno a batter forte le mani mentre soffocate gli sbadigli. Io per me mi annoio indicibilmente a queste afflizioni periodiche e voi non vi diver- tite certo... se con molto tatto glie lo si facesse sapere al Berto- lazzi, credete voi che sarebbe commettere una cattiva azione Altre due commedie si alternarono nelle passate sere al Man- 20 giorni all'ombra, una pochade delle solite con qualche atteggiaMento nuovo in situazioni vecchissime, e l'Amore ve- glia, una commedia fatta di motti per ridere e che in verità ha fatto ridere spesso anche me, per quanto mi indispettisse la mia .dabbenaggine. Era così evidente che i signori De Flers e De Caillavet si burlavano di noi, della loro commedia e dei loro personaggi! Ma ci canzonavano tutti con tutto il loro spirito, e mostravano d'averne tanto, dello spirito, che solo a ripetere le loro brillanti frivolezze c'è da passare per gente arguta an- che noilatri.! 114 RUZZANTE. soN Ai Signori Azionisti della Società ldroelellrica !latina Si parlava della mia grande idea di radunare i paurosi del danaro e i golosi degli alti dividendi intorno a,una Banca di spe- culazioni industriali, che desse loro con la tranquillità un inte- resse invariabile e perpetuo — vale a dire che i loro capitali depositati non subissero i su e giù, o l'altalena dbgli affari. Il .mio amico mi parlava di un altro progetto, ma non lo ascoltavo. Io non sentivo che me stesso. Io vedevo la mia for- tuna, come Saccard vedeva la sua. Impadronirmi delle acque di tutti i fiumi, di tutte le correnti, di tutte le cascate e sotto- metterle, e piegarle, e avviarle, e incanalarle nei letti delle mie imprese, e farle diventare, danaro, del denaro sonante, del de- naro che ha dato tanti tripudi solitari al mio indimenticabile personaggio Gobseck, dal naso grélé o butterato, dagli occhi piccoli e pieni d'odi come quelli della faina. Il pio amico, forse invidioso, forse incapace di capire che io ero, in quel momento, come l'idea centrale di un immenso ti.ust„ mi lavorava con la doccia fredda dei suoi ragionamenti. --- Prima di tutto tu non sei P. Morgan. - Chi può dirlo? Chi può dire m in questa tuja, testa ia o

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