Classe - n. 7 - luglio 1973

spicco !'Olivetti), con l'idea di ridurre le tensioni al livello della nevrosi singola o del rapporto interpersonale e lo scopo, dichiarato, di giungere al riconoscimento da parte operaia della gerarchia di fabbrica come gerarchia naturale. Ma è anche a questo punto che acquista diritto di cittadinanza nella scienza del lavoro borghese il concetto di alienazione, in un'accezione però riduttiva e mistificata rispetto a quella marxista, come risultante psicologica dell'impatto fra l'operaio ed una tecnologia vista come sviluppantesi storicamente solo su se stessa e dato immutabile in ogni momento specifico, eliminando dal quadro l'elemento proprietario ed i rapporti di produzione. La stessa mistificazione della tecnologia e del concetto di alienazione si ritrova nelle discussioni che hanno accompagnato l'introduzione su larga scala delle tecniche di automazione nell'industria di grande serie. Caratteristica di queste discussioni è stata la netta divisione fra ottimisti e pessimisti, con punti di vista spesso estremizzati, gli uni fiduciosi nelle magnifiche sorti e progressive dell'industria automatica con crescita indefinita della produttività e contemporaneamente riqualificazione della mano d'opera ed espansione dell'occupazione, gli altri prevedendo un'involuzione accelerata verso una disoccupazione di massa ed una dequalificazione spinta all'estremo. Ma queste discussioni, condotte da tutte e due le parti facendo ricorso a molte argomentazioni ed anche ai risultati di ricerche e studi statistici, davano quasi sempre più o meno esplicitamente per scontato che una certa condizione operaia sul luogo di lavoro, una certa organizzazione fossero una funzione invariabile del livello tecnologico del momento. In sostanza, sia che si accettasse la tesi della progressiva dequalificazione, sia che al contrario si vedesse nel diffondersi delle tecniche di automazione la culla di una « nuova classe operaia », dotata di una professionalità diversa e più avanzata 10 , tutto questo rimaneva una conseguenza inevitabile di una situazione sulla quale non ci si poteva proporre di incidere. Ed è strano che echi di questo modo di porre il problema siano passati, e si sentano ancor oggi, nelle argomentazioni di alcuni dei cosiddetti gruppi, quando si vuol teorizzare l'impossibilità di incidere con la lotta sull'organizzazione del lavoro esistente. Mentre, restando per esempio sul problema della dequalificazione, ci sono parecchi elementi, anche apparentemente contraddittori, di cui occorre tener conto per un giudizio non semplicistico sul problema. 1. È indubbio che, almeno fino a non molto tempo fa, il salto 74 Biblioteca Gino Bianco

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