logiche, sono altrettante occasioni per produrre un'intensificazione del lavoro e un aumento della rapidità della produzione. A distanza di anni, si può dare quindi un giudizio quasi del tutto negativo del tipo di contratto stipulato per gli operai metalmeccanici nel '63: e questo giudizio negativo viene rafforzato dalla constatazione che questo non fu un contratto che, pur con tutti i suoi limiti, servisse da punto di partenza per le altre categorie; dobbiamo infatti ricordare che, negli anni successivi al '63 e fino al '69, esso rappresentò il contratto-tipo a cui si adeguarono tutti gli altri contratti e che non fu mai superato. I limiti che erano insiti in questo contratto erano però già presenti al sindacato di classe nel momento in cui esso veniva stipulato; tuttavia in base a quella che secondo noi era un'errata interpretazione della linea politica della controparte padronale, si giudicò che fossero maggiori i vantaggi che non gli svantaggi che ne sarebbero derivati al sindacato e al movimento operaio. La lunga crisi attraversata dalla CGIL e dalle sue organizzazioni di categoria pesava ancora molto sulla mentalità dei quadri sindacali, e ciò impedl un'esatta comprensione del nuovo tipo di politica padronale che mirava non più alla distruzione del sindacato di classe, ma alla sua integrazione. Ciò che però sarebl;c rimasto come dato di fondo di questo biennio, al di là delle considerazioni se la conduzione del contratto e i suoi risultati abbiano frenato il movimento, è la grande carica di lotta che la classe operaia aveva dimostrato. Anche se dopo il '62 ci furono quasi quattro anni di stasi nel movimento, non va dimenticato che non si ritornò più indietro alla situazione degli anni '50: alla Fiat gli operai avevano ripreso a lottare, il premio antisciopero era stato liquidato, la FIOM aveva ritrovato un rapporto con i lavoratori e questo aveva cambiato profondamente la situazione. Erano però rimasti irrisolti tutti i problemi che riguardavano la vita del lavoratore dentro la fabbrica e le condizioni di lavoro; non si era cioè potuto tradurre in pratica tutta quell'elaborazione che l'organizzazione sindacale aveva compiuto negli anni della crisi. E d'altra parte c'era probabilmente una sfasatura troppo grossa tra quell'elaborazione e la realtà organizzata dentro la fabbrica; dobbiamo infatti ricordare che la classe operaia Fiat che aveva finalmente ripreso a scioperare era una classe operaia giovane, senza tradizioni, che cominciava appena a percorrere la strada dell'autorganizzazione e della lotta. 381 Biblioteca Gino Bianco
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