Classe - n. 7 - luglio 1973

tappe del dibattito che caratterizzava la FIOM torinese di quegli anni. La politica della « vetturetta » e affermazioni del seguente tenore ( « [ ... J perciò la Fiat, tenendo conto che anche la Costituzione della Repubblica Italiana sancisce che la produzione deve avere carattere sociale, deve tener conto dei nostri suggerimenti, anche se ciò comporterà ad essa una piccola riduzione dei propri profitti ») che a dir poco erano di un 'enorme ingenuità, sarebbero state spazzate via con l'aprile del '55, che avrebbe chiarificato il grosso errore politico implicito in una simile impostazione 7 • 2. La maturazione di una linea di contrattazione sulle condizioni di lavoro alla Fiat. Si trattava quindi per la FIOM di incominciare ad impostare un discorso rivendicativo che partisse dalla condizione operaia nella fabbrica e attraverso il quale fosse garantita alla Fiat la permanenza d'un discorso sindacale autonomo dalle scelte padronali, il quale avrebbe dovuto necessariamente, anche se non a tempi brevi, contribuire alla chiarificazione delle contraddizioni dello sviluppo capitalistico, contraddizioni che la politica paternalistica del monopolio torinese non avrebbe mai potuto eliminare. Come ha osservato Garavini, il gruppo attivo classista degli operai della Fiat non temeva allora in realtà di dover fare per anni un discorso ai sordi: il fatto era in larga misura scontato, e si sapeva bene che il successo poteva soltanto derivare dai cosiddetti tempi lunghi; però si poneva con forza l'esigenza di un discorso coerente, alla lunga persuasivo, che non poteva essere soltanto un discorso sull'autoritarismo, condannato all'isolamento, né solo un discorso di rivendicazioni quantitative rilevanti, sempre battuto dalla concretezza delle pur minime concessioni padronalia. Bisognava invece prendere le mosse dall'analisi della dinamica tecnologica e dell'organizzazione del lavoro, dalle condizioni effettive dello sfruttamento della classe, che era la vera sostanza dell'attacco alle libertà e della discriminazione. Il discorso sulla libertà, appunto, in tanto aveva senso in quanto veniva ricondotto alle condizioni di lavoro e allo sfruttamento, a un discorso rivendicativo che legasse il salario ai processi reali di utilizzazione della forza. lavoro. 355 Biblioteca Gino Bianco

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