Classe - n. 7 - luglio 1973

tcgorie aventi già parametri identici. Non si opera nessuna scelta sulla ridefinizione dei profili. Si mantengono tutti i plafond fondamentali della «gerarchia» aziendale: il salto dalla CS alla B 1, la forte stratificazione a livello impiegatizio. Inoltre: « la distinzione tra impiegati, qualifiche speciali e operai viene mantenuta agli effetti di tutte le norme (legislative, regolamentari, contrattuali, sindacali, ecc.) che prevedono un trattamento differenziato o che comunque fanno riferimento a tali qualifiche ». La debolezza politica dell'accordo è in questi punti - e risale alla stessa impostazione della piattaforma -, ben più che nelle parti concernenti lo slittamento di alcuni istituti di contrattazione, come il premio di produzione. L'assemblea dei giornalieri è molto tesa, anche per le profonde divergenze che emergono all'interno dell'esecutivo e tra i sindacati. La Federchimici si dichiara esplicitamente contraria all'accordo e attacca chi non ha voluto l 'intensificazione della lotta e la sua generalizzazione nelle forme adottate a Marghera. Questa posizione sfuma in varie articolazioni, da quelle coincidenti fondamentalmente con interventi tipo « Lotta Continua » ad altre aziendalistico-qualunquistiche contro i « vertici » e le « pressioni politiche » che avrebbero portato all'accordo. La UILCID addossa la responsabilità dell'accordo alle scelte « demagogiche » della piattaforma, ma lo assume ormai come un male inevitabile. La posizione dei compagni della CGIL è la più difficile. Nessuno dell'esecutivo del Consiglio se la sente di « difendere » l'accordo in positivo. D'altra parte, il suo significato è chiaro: per certi aspetti (ambiente, Consiglio) si tratta di un contratto di armonizzazione, che potrebbe permettere una crescita dell'organizzazione in molti centri chimici, soprattutto meridionali, poco investiti dalle ultime lotte; in generale, il contratto va poi collocato in un contesto politico particolare, dove le posizioni intorno al governo Andreotti e del governo stesso non risultano ancora chiaramente definite e mancano, quindi, solidi punti di riferimento a tale livello (a differenza che nell'ultima fase della lotta dei metalmeccanici). È però durissima nella stragrande maggioranza dei compagni della CGIL e del PCI la critica alle ambiguità aella piattaforma, e, soprattutto, alla conduzione nazionale della lotta, davvero « aziendalistica ». Ma questa posizione genera una situazione di stallo. In effetti, la sua contraddittorietà era apparente e poteva essere risolta: occorreva un intervento politico deciso e generale, che provenisse dagli organi orizzontali del sindacato e dalla direzione provinciale e regionale del PCI, in anti241 Biblioteca Gino Bianco

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