Vi saluta la Chiesa che è in Babilonia - n. 7 - maggio 1978

bibliot vive la comunità ecclesiale. Essa fiorisce solo nel modo in cui Gesù ha detto: cioè ricercando l'autenticità cristiana dinanzi alla possibilità continuamente data dell'Israele carnale~ L'autenticità della Chiesa coesiste con il fatto che essa sperimenta in sè la potenza del peccato; la Santa Chiesa contiene in sè l'Israele carnale e non se ne staccherà se non nei giorni dell'Anticristo, come pensavano sia Agostino che Soloviev. L'idea di purificare la Chiesa e di costi– tuire una comunità cristiana che non contenga in sè l'Israele carnale, è im– possibile. Sia le riforme intraecclesiastiche, penso a Francesco e Domenico, sia quelle extraecclesiastiche, mi riferisco ad es. a Lutero e Calvino, non hanno potuto mutare situazione. In realtà il desiderio di avere qui la comunità perfetta, sine macula et ruga, è il desiderio delle tende sul monte della trasfigurazione; è il desiderio di anticipare il giorno del Signore. L'idea di una Chiesa perfetta sfugge al senso profondo del Vangelo. La riforma ecclesiastica si è laicizzata nell'idea di rivoluzione e dall'idea di rivoluzione è nata la violenza terribile, quella che vuole cambiare la condizione umana, realizzare il Regno. Noi ora convi– viamo con l'idea di rivoluzione come realizzazione mostruosa, come riduzione dell'uomo a momento della Totalità. Aspetti pagani compaiono così in terre cristiane. E dobbiamo riconoscere che l'idea di sopprimere radicalmente l'Israele incredulo e peccatore della figura della Chiesa, ha avuto conseguenze nefaste: è stata tentata persino l'eliminazione fisica dell'Israele secondo la carne . . . Ma la perfezione del mondo non è nel mondo. L'idea di una Chiesa perfetta è in realtà il mito dell'Israele carnale nella sua forma teorica più completa e raffinata. Questo desiderio, tuttavia, contraddice alla verità cen– trale del Vangelo: il cristiano sta nell'immediatezza di Dio in Cristo e c10 storicamente significa attendere la venuta del Signore, essendo beato nella Presenza già donata e nella Speranza che la Presenza fonda. 5. - Il modo di agire del cristiano Qual'è il modo di agire del cristiano? Il problema è delicato, e si trova all'interno stesso del Nuovo Testamento. Voi conoscete, forse, il delicato pro– blema critico che è posto dall'autenticità delle pastorali di Paolo, cioè le let– tere a Timoteo e a Tito. Come conciliare quella attenzione alla concretezza della vita ecclesiale nel tempo, con il senso dell'attesa e della fine, che do– mina, invece, le lettere ai Tessalonicesi, ai Corinti, ai Gala ti? Dobbiamo ricordare qui quanto detto all'inizio: l'essenza della rivelazione cristiana è la carità divina divenuta carità fraterna. L'escatologico e lo stn– rico sono due momenti di questa essenza. Il cristiano non vive dunque l'esca– tologico in contrapposizione allo storico, ma nella differenza posta in unità. Per questo egli ha la carità verso lo storico. Ciò lo si vede nell'attenzione di Paolo, come di Pietro, di assumere i valori etici del suo tempo, i valori del mondo greco, di calare l'attesa escatologica, mediante il gesto della carità fraterna, nella grammatica di espressione del suo tempo. Così Paolo è dive– nuto, lui, il teologo della radicalità dell'esistenza cristiana come esistenza nella fede, il teologo della Grande Chiesa. Lui, che si faceva tutto a tutti, 12 inobianco

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